Un viaggio nel mondo dell’omosessualità. In molti paesi ancora un tema sicuramente scottante. Ne parla Federico Cerminara, segretario del comitato provinciale Eos Arcigay Calabria, tra i primi fondatori.
Racconta le difficoltà che incontra quotidianamente un giovane omosessuale. Tanti sogni nel cassetto, tra cui vivere spensieratamente la propria sessualità senza dover dare alcuna giustificazione.
L’Arcigay come associazione, ha aderito nei giorni scorsi al Gay-Pride di Catania. Quali sono le difficoltà che un omosessuale incontra quotidianamente?
«Qualche esponente della politica italiana sostiene che non esiste un problema in merito all’omosessualità perché non ci sono omicidi e percosse a sufficienza per poter trattare l’omosessualità alla stregua di un problema. Quanto di più falso. L’omofobia, la bifobia e la transfobia sono termini forse poco noti, benché il loro significato semantico si riferisce a comportamenti discriminatori che spesso vengono perpetuati all’interno della nostra società. Credo che un omosessuale abbia pari dignità di vivere una vita a 360°, non basta la sopravvivenza e il bisogno di una vita normale.
In Calabria che aria si respira?
«Dal punto di vista dei rapporti umani ci sono rapporti più calorosi e ciò consente di intraprendere azioni associative molto forti, poco burocratizzate e pervase da uno spirito di solidarietà e mutuo aiuto. Anche le istituzioni almeno nel territorio cosentino rispondono positivamente così come l’università ed in particolare alcune strutture preposte come lo sportello Pari Opportunità e il Dipartimento di Sociologia e Scienze Politiche, ma anche interlocutori privilegiati che ci hanno consentito di svolgere la nostra azione di diffusione e difesa della cultura della diversità».
Fai parte dell’Arcigay a Cosenza. Come nasce questa associazione?
«Nel lontano 2001 sono partiti alcuni incontri che hanno portato alla nascita di questa associazione anche in Calabria, con uno spirito che si muove su due differenti matrici:il
sostegno alle persone che vivono in modo conflittuale il rapporto con la propria sessualità e la visibilità».
Parlaci un po di te. Come hai trascorso la tua infanzia?
«Una vita piena di impegni. La mia infanzia fantastica conservo ottimi ricordi ho avuto tutto ciò
che desideravo, un bambino viziato ma giudizioso nelle richieste sin da piccolo».
E adesso di cosa ti occupi?
«Vivo una vita normale, lavoro come amministrativo all’università della Calabria. Faccio teatro di ricerca e faccio parte della Commissione Pari Opportunità del Comune di Rende. Collaboro con il Laboratorio di Ricerca Sociale coordinato dal prof. Carlo De Rose».
I tuoi genitori. Che rapporto c’è tra voi?
«I miei genitori sono entrambi insegnanti e sanno di me, mi accettano come persona. La persona che mi accetta di più è mio padre con il quale ho un rapporto splendido di dialogo. Credo che tra tutti i tre fratelli sia legato a me in modo particolare. Nonostante i miei trentratre anni resta un punto di riferimento imprescindibile e per ogni azione che devo intraprendere cerco sempre il suo consenso».
Da bambino eri più legato a tuo padre o a tua madre?
«Con mia madre c’è un rapporto di complicità basta uno sguardo e ci capiamo al volo. Con mio padre invece c’è un’intesa molto forte. Riesce a scoprire di me ogni cosa».
Come ti sei accorto della tua omosessualità?
«Naturalmente, giocando con gli amici mi sono accorto che mi innamoravo dei ragazzi e non delle ragazze. Una prima sensazione di confusione e poi pian piano lo sforzo di sentirmi normale fino alla percezione di esserlo».
A che età te ne sei accorto?
«Col senno di poi sin da piccolo ma la piena consapevolezza è avvenuta durante l’adolescenza».
Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare durante la tua adolescenza?
«Derisione, battutine sciocche ma il mio carattere risoluto e al tempo stesso aperto agli altri mi ha sempre aiutato a rendere ragionevole la gente che mi circondava. Ad un certo punto ti accorgi con chi puoi parlare e con no».
In che modo hai informato i tuoi familiari?
«Mi ero innamorato follemente di un ragazzo e non riuscivo a studiare. Essendo stato io sempre diligente negli studi si erano un po’ straniti da questa situazione. Ho fatto il coming-out prima con mio padre e solo dopo sette anni con mia madre».
Come l’hanno presa?
«Inizialmente il solito iter dallo psicologo e alla fine hanno ceduto affiancandomi nelle mie scelte».
Cosa significa essere omosessuali?
«L’omosessualità rappresenta una delle modalità con la quale si manifesta l’orientamento sessuale, investe la sfera dei sentimenti e non la sfera della mera sessualità. Spesso al termine omosessualità preferisco quello di omoaffettività".
L’omosessualità oggi è più accettata?
«E’ una battaglia continua. Si pensi alla recente polemica sull’aborto: mai le femministe avrebbero creduto che qualcuno potesse mettere in dubbio un diritto ormai acquisito eppure nell’Italia perbene stava accadendo anche questo».
Chi è che non accetta?
«I livelli di accettazione dipendono dal tipo di cultura e di percorsi personali che le persone compiono. Non è tanto un fatto di maggiore o minore livello culturale quanto del tipo di cultura di cui si è pervasi che favorisce o meno i processi di accettazione ed integrazione dell’altro diverso da se».
C’è un messaggio che vorresti lanciare?
«Un messaggio d’amore. Vorrei che la società odierna capisse una buona volta per tutte che i diritti civili tanto decantati e tanto negati sono legittimi in quanto non seguono una logica distributiva ma moltiplicativa, e il riconoscimento di relazioni ed affetti che purtroppo non può non passare da una sfera del diritto pubblico trova come fondamento non il capriccio o la perversione ma l’amore».
Quali sono i tuoi desideri?
«Il mio desiderio è quello di poter vivere un giorno con il mio compagno senza dovermi nascondere, non voglio osare o sfidare la società mi basta poter liberamente andare con
lui a fare la spesa il sabato pomeriggio in un centro commerciale senza dovermi nascondere e fingere che si tratti dell’amico di turno».