BRUXELLES — Sarà che quella, la bianca Rovaniemi, è per tradizione la città di Babbo Natale, con tanto di renne, deposito-regali e ufficio postale a cui spediscono le loro lettere i bambini d’Europa, una città conosciuta in tutto il mondo. O sarà, molto più probabilmente, per il fatto che certi temi sono più «sensibili» di altri, ancora oggi e perfino in Paesi così aperti come la Finlandia. Sia come sia, è guerra di parole e di principi a Rovaniemi, 35mila abitanti, capoluogo della Lapponia finnica, 10 chilometri a Sud del Circolo polare artico: il giornale locale ha licenziato la sua direttrice gay, i giornalisti sono scesi in strada minacciando lo sciopero, e la guerra è ben presto arrivata in tribunale, in Parlamento, nelle sale del governo, perfino nello studio della presidentessa della Repubblica, Tarja Halonen. Che, da ex-capo del Comitato per l’uguaglianza sessuale, si dichiara «attonita» per il licenziamento.
Il giornale di Rovaniemi è un quotidiano, si chiama Lapin Kansa. La direttrice spedita a casa si chiama invece Johanna Korhosen, e non ha avuto neppure il tempo di sedersi sulla poltrona del comando. Doveva sostituire il direttore pensionando, a dicembre, e si è trovata fuori dalla porta lei. Motivazione formale: è stata insincera durante il colloquio di assunzione, non ha detto tutto di sé, e certe cose si sono scoperte solo dopo. Motivazione reale, secondo i giornalisti scesi in agitazione: quel «tutto» non detto era l’orientamento sessuale di Johanna, che ama una donna e convive con lei. Anzi: è «apertamente lesbica», come ha spiegato in un’intervista alla radio Yle il direttore attuale Heikki Tuomi- Nikula, e «sarebbe una cosa davvero particolare se una lesbica dichiarata dirigesse il nostro Lapin: il direttore rappresenta tutta l’azienda e tutta la regione, non solo il giornale… E poi, se una persona è omosessuale, tutto ciò che scrive può essere visto nella cornice della sua vita personale. Se fossi un editore, ci penserei due volte ad assumerla».
Tuomi- Nikula dice ora che il 90% dei lettori è d’accordo con lui, «in fondo ho detto ben forte quello che molti pensano, anche in disaccordo con la legge». Ma riconosce pure che ha fatto uno «sventurato errore» diplomatico, che forse «io non posso parlare per tutta la Lapponia». Morale: se ne va in aspettativa, poi si vedrà. Ma i giornalisti chiedono invece il licenziamento in tronco suo e del capo del personale, cioè una vittoria di principio. Circola anche un’altra versione dei fatti, quella aziendale: a Johanna, nel colloquio di assunzione, era stato chiesto di dichiarare se fra i suoi familiari stretti vi fosse qualcuno impegnato in politica, e lei aveva detto di no; mentre la sua convivente è consigliere in un municipio della regione. E questo, non l’essere gay, sarebbe contrario alle regole deontologiche dell’azienda.
Approdata al Parlamento nazionale e nelle stanze del governo, la polemica ha letteralmente spiegato le ali. I deputati hanno chiesto e ottenuto un «question time», una discussione in aula, sull’uguaglianza dei diritti di tutti i cittadini. In molti, a cominciare da un paio di ministri, hanno ribadito che un licenziamento motivato dall’orientamento sessuale del dipendente non può essere giustificato; e sono state richiamate anche le norme della Ue. Qualche buontempone ha già detto che, a dirigere il Lapin, si potrebbe chiamare Babbo Natale. Di cui se non altro sono ignoti i gusti, e gli orientamenti in ogni campo