Le inaccettabili affermazioni dell’onorevole Paola Binetti a commento della decisione vaticana di escludere definitivamente i gay dai seminari riaprono una ferita mai rimarginata nel lungo e annoso conflitto fra gerarchia vaticana e comunità omosessuale.
Costruire per l’ennesima volta un parallelo fra pedofilia e omosessualità non è solo affermare qualcosa di antiscientifico, è diffondere consapevolmente una visione falsa, distorta, persecutoria, diffamante e irresponsabile. Chiariamoci, nulla di nuovo. Queste affermazioni le abbiamo già sentite tante, troppe volte. Tuttavia fa scandalo che in questo paese si diano ancora cittadinanza a dichiarazioni che colpiscono la dignità di una intera comunità e perpetuano luoghi comuni e stereotipi degni delle più basse e retrograde frange della destra omofoba.
Tutto ciò è parte di una più ampia strategia di delegittimazione che la gerarchia cattolica ha da tempo posto in essere per bloccare in origine qualsiasi apertura al riconoscimento della dignità e dei diritti degli omosessuali.
Pochi giorni fa il Cardinal Caffarra, arcivescovo di Bologna dichiarava che “l’introduzione del matrimonio omosessuale rappresenta forse il più grave errore antropologico di cui si avvelena la postmodernità: l’espulsione dalla coscienza della diversità sessuale muta la natura del bene comune, dissesta cioè ogni forma di società umana”.
Le relazioni omosessuali sarebbero così un male assoluto, un disordine inaccettabile, innaturale, capace di distruggere la società. Semplicemente falso. E lo sa chiunque sia stato all’estero. Certo stupisce che il concetto di natura sia tirato in ballo in modo esclusivo. E’ secondo natura una vita di castità? E’ naturale la monogamia, la fedeltà, la continenza sessuale?
La natura ci detta un mondo crudele, dove è il più forte a prevalere, dove non esiste pietà per i deboli e per i malati. Eppure nessuno dubita che in tutti questi casi sia lecito, anzi giusto e umano, andare contro natura, facendo prevalere quello che ci consiglia il cuore piuttosto che seguire i dettami dell’istinto. Ma per noi omosessuali il concetto non vale. La natura deve essere rispettata senza deroghe, senza pietà e misericordia, senza alcuna considerazione dell’umanità, dei sentimenti, dell’amore e della vita delle persone.
D’altronde la parlamentare Binetti è una convinta assertrice della concezione che vuole l’omosessualità relegata all’ambito del disagio e della malattia. Insieme all’infettivologa Atzori sostiene la terapia riparativa, condannata apertamente dall’ordine nazionale degli psicologi, ma sostenuta attivamente da gruppi cattolici e parrocchie.
Siamo insomma di fronte all’ennesimo tentativo, nemmeno troppo velato, di regressione culturale, che vuole nuovamente spingere noi omosessuali nell’ombra della discriminazione, del sospetto, della sofferenza presentandoci all’opinione pubblica come un pericolo sociale.
Tuttavia Paola Binetti dimentica che noi omosessuali, da Stonewall in poi, abbiamo dismesso il nostro “sguardo ferito”, e non deroghiamo a nessuno la difesa della nostra dignità e della libertà che ci siamo guadagnati grazie al coraggio e alla sofferenza di molti. La denunceremo, perché reputiamo inaccettabile per un paese civile equiparare i nostri rapporti d’amore a degenerazioni psicologiche, accostare le nostre relazioni a istinti volgari e patologici, mettere in discussione la nostra lontananza da pratiche di violenza e sopraffazione che deprechiamo, soprattutto se perpetrate a danno di bambini. Non sta a noi confutare queste tesi sul piano scientifico: ci appelleremo per questo all’ordine nazionale dei Medici, che dovrà spendere parole chiare per mettere una pietra tombale su questi inaccettabili sospetti, che ancora popolano il sottobosco della subcultura popolare.
Alla parlamentare diciamo solo di vergognarsi. Con le sue affermazioni arma la mano di chi ci aggredisce, giustifica l’odio di chi discrimina, soffia sulle braci della violenza omofoba, diffonde sospetti e paure.
In un paese civile un affermazione del genere provocherebbe reazioni capaci di far saltare lo scranno su cui siede la nostra onorevole. Temo che da noi non sarà così. In nome di una falsa libertà di espressione si consentirà ancora che si calpestino le nostre vite, si nasconderà questa violenza ideologica sotto la cenere dell’“opinione personale”, nobilitando e legittimando la gravità di queste dichiarazioni. Si perderà l’ennesima occasione per stigmatizzare l’inumanità di tesi che hanno consentito fino ad oggi alla chiesa di confinarci in un recinto di sospetto e di nascondere la naturalezza e la verità dei nostri rapporti. Sappiamo bene che la maggioranza di questo paese non è con Paola Binetti, e questo ci da forza. Lavoreremo perché questo possa essere l’ultimo canto del cigno di una “cultura” ormai in disarmo.