Diritti per le coppie di fatto Il sindaco: il registro si farà

  

di GIULIA BONEZZI
MILANO IL REGISTRO delle unioni civili si farà. Il sindaco Giuliano Pisapia ha confermato ieri quanto dato per «scontato» il giorno prima dal suo assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino, che lo rappresentava tra i centomila del Gay Pride patrocinato dal Comune per la prima volta dopo diciott’anni. Il nostro primo cittadino non avrà ballato i Village People come Luigi De Magistris al pride parallelo e “spontaneista” di Napoli, ma il suo sigillo arriva al margine non sospetto della beatificazione di tre religiosi in piazza Duomo. PISAPIA è netto: «Io a differenza di altri mantengo gli impegni presi in campagna elettorale e tra gli impegni c’era anche questo». Pagine 22-23 del programma arancione, alla voce «Famiglie plurali: un registro per i diritti» si specifica: «Casa, assistenza, scuola, sport». E si assicura «l’impegno dell’amministrazione a promuovere la parità e contrastando ogni discriminazione, in tutti i settori dell’attività del Comune, indicando insieme i diritti e i doveri che sorgono in conseguenza della volontà di vedere riconosciuta la propria stabile convivenza», chiarendo che «il registro delle unioni civili, che il Comune intende istituire, non è un atto simbolico, ma funzionale all’adozione di politiche e atti non discriminatori». Perché c’è registro e registro, conferma Aurelio Mancuso, già presidente dell’Arcigay e oggi alla guida di Equality Italia, una rete che si batte per i diritti civili: «I Comuni italiani che hanno in qualche modo riconosciuto le unioni civili si distinguono tra quelli che le hanno concretizzate con i regolamenti attuativi e quelli dove invece l’atto è rimasto simbolico». SI PARLA, nel complesso, di almeno un centinaio di Comuni, a cominciare dai pionieri Empoli e Pisa che diedero la spinta a una grossa infornata a cavallo tra gli anni ’90 e i primi Duemila. Oltre a molti piccoli paesi sparsi per la penisola, le unioni di fatto sono riconosciute a Firenze, Torino, Aosta, ma la strada più efficace, sottolinea Mancuso, è quella intrapresa a Padova e a Bologna. Che non necessita, per forza, di un passaggio in consiglio comunale: «Un atto del sindaco stabilisce norme precise per chi vuole dichiarare la propria condizione di coppia nel certificato anagrafico, specificando in una delibera di giunta quali siano gli ambiti accessibili alle coppie di fatto come, ad esempio, le graduatorie per le case popolari». Naturalmente, precisa l’esperto, «ci sono differenze tra le varie macchine amministrative, ma comunque credo che un registro si possa istituire in pochi mesi». E ricorda: «Questo non è un atto solo a favore degli omosessuali. A Milano, che, dato il tasso di divorzi e matrimoni civili, è la capitale delle unioni secolarizzate, sarebbe importante per molti cittadini».


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