Pd lacerato sulle nozze gay, Grillo e Idv lo attaccano

  

ROMA Come ai vecchi tempi, il Pd si spacca sul riconoscimento (o meno) delle unioni civili. Lo fa platealmente, in un’assemblea nella quale volano stracci e tessere e non mancano tensioni anche sull’altro tema chiave, le primarie. Uno scontro sul quale si inseriscono gli avversari politici, da Antonio Di Pietro a Grillo, che cavalcano le difficoltà del Pd nel mettere la parola fine a una questione che si trascina da tempo e che divide laici e cattolici. Francesco Boccia la racconta come «una sceneggiata, un’assemblea sfuggita di mano quando era già finita» e contesta «la forzatura di pochi». Rosy Bindi minimizza: «Ma quale partito spaccato, è una minoranza di 38 persone». Fatto sta che l’assemblea democratica si è chiusa con un finale destinato a lasciar strascichi. E che enfatizza le «beghe» del Pd, come le chiama Bersani, in un modo del tutto sgradito al segretario, ma anche ad alcuni sostenitori di una proposta più avanzata sulle unioni gay, come Gianni Cuperlo. Uno dei protagonisti della querelle, l’avvocato e delegato gay barese Enrico Fusco, che ha restituito la tessera a Bersani, dà la sua versione: «È successo che la Bindi ha gestito con protervia l’assemblea, stracciando un accordo che prevedeva il voto con pari dignità dei due documenti e impedendo il voto del nostro». Il primo, quello messo a punto dal comitato dei diritti presieduto dalla stessa Bindi, prevede genericamente «formule di garanzia per i diritti e doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, comprese le unioni omosessuali». Il secondo, firmato da sette esponenti del Pd (tra i quali lo stesso Cuperlo, Paola Concia e Ignazio Marino), proponeva di attribuire alle coppie non sposate (gay o meno) gli stessi diritti di quelle sposate, attraverso un istituto para-matrimoniale. Per Fusco la differenza è enorme: «La Bindi ha scritto cose generiche, una presa per i fondelli. Così al momento giusto potrà rispolverare i vecchi Dico, del tutto inefficaci». Dalla decisione della Bindi di non far votare il testo dei sette, perché contrario al primo già votato, la reazione virulenta degli oppositori. «La Bindi era cerea come Ceausescu mentre osservava noi sudditi che ci ribellavamo. Ora Bersani dia un seguito alle lettere che manda all’Arcigay e faccia capire la sua posizione». Grillo non perde l’occasione della polemica e attacca frontalmente: «Fa schifo negare diritti sacrosanti per un pugno di voti. Le nozze tra gay dovrebbero essere un diritto scontato, pacifico». Il comico e politico si sofferma ironicamente sulla Bindi: «Lei problemi di convivenza con il vero amore non ne ha probabilmente mai avuti». Poi spiega che nel Pd non si fa abbastanza sesso e invita tutti a fare outing. Attacca anche Antonio Di Pietro, ma con toni più misurati: «Quella sui diritti della persona è una battaglia che dovrebbe essere trasversale e condivisa da tutti: laici e cattolici. Ci auguriamo che i deputati che hanno denunciato la chiusura del Pd sottoscrivano la nostra proposta di legge sul pieno riconoscimento dei matrimoni gay, già depositata in Parlamento». «Propaganda», replica Nico Stumpo. E la stessa Concia, tra i promotori della «citizen partnership», non gradisce l’intervento di Di Pietro: «Pregherei te e Grillo di non strumentalizzare il faticoso ma sacrosanto dibattito nel Pd, l’unico partito che ne parla al suo interno e non fa annunci roboanti sulla scia delle polemiche. Non fate propaganda sulla pelle degli omosessuali». Il giorno dopo l’assemblea, c’è spazio anche per la polemiche sulle primarie. Matteo Renzi assicura che farà di tutto «per farle perdere a Bersani. Poi, se le vincerà, sarò il primo ad aiutarlo a vincere le elezioni». Del resto, aggiunge il sindaco di Firenze, «Bersani è una persona per bene, anche se non deve fare il furbo». Francesco Boccia lo rassicura: «Stia tranquillo Renzi, le primarie si faranno. Ma hanno senso solo quando si cancellerà il Porcellum». Alessandro Trocino RIPRODUZIONE RISERVATA


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