In Francia matrimoni gay entro il 2013. E in Italia? Paolo Patanè, presidente di Arcigay: «La strada è ancora lunga. Continua a mancare una legge. I comuni, però, fanno la loro parte istituendo il Registro della coppie di fatto». E a Beppe Grillo chiede chiarezza su questi temi
di Maria Enza Giannetto
ROMA – Matrimoni fra persone dello stesso sesso, unioni civili, famiglie diverse. Avanzano in tutta Europa, meno che in Italia, di un solo passo. Entro un anno, appena varcato il confine italiano, sarà possibile per due persone dello stesso sesso sposarsi e adottare. L’annuncio è del nuovo ministro francese della Famiglia, Dominique Bertinotti: «Avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri delle altre coppie sposate. La nostra visione include e non esclude: non c’e un unico modello di famiglia. È un onore per la sinistra essere il vero difensore delle famiglie e dell’uguaglianza». Ancora: «Spero che il dibattito sia condotto in nome del principio di uguaglianza tra tutte le famiglie. Io sono ministro di tutte le famiglie». La legge arriverà in Parlamento entro il giugno del 2013, ma avrà un iter molto complesso.
Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo fatto il punto della situazione con Paolo Patanè, presidente dell’Arci gay nazionale.
«Purtroppo – spiega – credo che prima di arrivare all’estensione del matrimonio civile alle coppie gay di strada ce ne sia ancora tanta. Però è senz’altro positivo il fatto che, da Nord a Sud, ci sia un movimento di buone prassi amministrative, che crea un moto di opinione e che, al pari di sentenze e di dati Istat, segnali il vuoto normativo italiano. Lo Stato non può rimanere indifferente. Oltretutto, il governo francese ha appena dichiarato che entro il prossimo anno permetterà i matrimoni gay. Il nostro Paese non può stare a guardare».
Che cosa pensa del Registro delle unioni civili o delle coppie di fatto che molti comuni italiani, piano piano, stanno istituendo?
«In alcune città ci sono dibattiti antichi che periodicamente si ripropongono. A Catania, ad esempio nel mese di marzo, si è cercato di stimolare l’istituzione del Registro agganciandolo ad alcuni riferimenti, presenti nello statuto del Comune, sulle coppie di fatto. Si tratterebbe solo di immaginare dei decreti attuativi che permetterebbero alle coppie di fatto etero e omo di avere, quantomeno, alcuni diritti, come ad esempio l’accesso all’edilizia popolare. Insomma si tratterebbe di uno strumento di riconoscimento di diritti fondamentali».
Ci sono segnali positivi da altri comuni? Per esempio Milano e addirittura Varese potrebbero essere i prossimi a introdurre il Registro.
«Molti piccoli comuni ma anche realtà più grosse come Napoli, Padova, Torino, Bologna e tra poco anche Salerno hanno già istituito il registro delle unioni civili. Si tratta di un’azione che va ben oltre l’atto simbolico e che apre un dibattito importante tra le parti civili. Certo la verità è che il Parlamento dovrebbe finalmente legiferare in materia, il vero strumento, quello che manca davvero è una legge. I comuni, però, fanno la loro parte e contribuiscono al dibattito e al cammino verso un riconoscimento ormai non più procrastinabile in un Paese civile».
Rimanere indietro significa anche non rispettare norme europee.
«La trascrizione dei matrimoni gay contratti all’estero, in Italia non è permessa. Questo perché una circolare di Giuliano Amato (la 55 del 2007) la vieta “per motivi di ordine pubblico”. Al di là della questione etica, di certo non irrilevante, questo è un problema legislativo e giuridico. Il decreto legislativo 30/2007 garantisce la libera circolazione del cittadino Ue, ma non è accettabile che sia impedito di portare con sé il proprio status. Se io posso trasferirmi ma i miei diritti non mi seguono, c’è qualcosa che non funziona. La cosa peggiore, in questo caso, è che addirittura la giustificazione – per motivi di ordine pubblico – aggrava l’ingiustizia».
In queste settimane hanno fatto discutere le esternazioni di alcuni rappresentanti del Movimento 5 stelle. Avete capito se il gruppo è omofobo o gay-friendly?
«Credo che il movimento debba chiarire, per bocca del suo leader, la sua posizione. Il movimento è ancora molto variegato ma è necessario che ci siano prese di posizione coerenti. Io credo che non si possa sempre solo protestare ma vada anche sostanziata qualche proposta. Comunque, da molte sedi sul territorio arrivano segnali di grande apertura giuridica e di democrazia, in contrasto con certe esternazioni piuttosto arretrate».
Insomma, l’augurio, in questo momento, è che almeno i comuni continuino sulla strada dei registri.
«I comuni sono le istituzioni più vicine ai cittadini. Oggi gli italiani, a causa di un sistema elettorale assurdo, non scelgono i loro rappresentanti in Parlamento e i comuni, in questo quadro, sono più legittimati, rispetto ad altre istituzioni, a intraprendere processo democratici più corretti».