Il candidato gay rinuncia e lascia la lista del Prof

  

di Ilaria Bonuccelli
Se fosse stato eletto in Parlamento, Alessio De Giorgi avrebbe presentato la proposta di legge sulle unioni civili per gli omosessuali: diritti ereditari, diritti di successione, condivisione dei beni e la possibilità di riconoscere il figlio del partner. Di fatto, l’adozione per genitori gay. Un po’ troppo, forse, per l’Italia. E anche per la lista Monti, visto che ieri sera il premier uscente ha sentito la necessità di precisare il suo pensiero: «La famiglia è costituita da un uomo e da una donna, è fondata sul matrimonio e ritengo necessario che i figli crescano con un padre e una madre». Il caso politico. Il problema, però, non esiste. De Giorgi non presenterà alcuna proposta di legge. A Palazzo Madama non ci si avvicinerà neanche. L’ex presidente toscano di Arcigay, l’omosessuale che ha osato sfidare la Chiesa andando a “sposarsi” a Roma – all’ambasciata di Francia – ritira la candidatura. De Giorgi toglie il disturbo e l’imbarazzo al Professore, visto che è diventato l’oggetto di una campagna mediatica che definisce «denigratoria» da parte di Libero e de Il Giornale che, da giorni, lo attaccano su tutti i fronti: per le foto esplicite con l’amica trans, per i siti omo-porno riconducibili alla sua società (Gay.it), per l’inchiesta sull’inquinamento acustico che coinvolge il suo locale sulla Marina di Torre del Lago, quel Mama mia che nel Duemila aveva re-inventato la movida alternativa in Versilia. Niente più seggio (quasi) sicuro in Toscana, a pochi posti dal capolista dal giuslavorista Pietro Ichino. A reggere il vessillo “gay friendly” della lista Monti nel Granducato, resta Giuliano Gasparotti, quarto fra i candidati toscani alla Camera. E’ meno appariscente, meno attivista e meno scomodo di De Giorgi. Che, ufficialmente, offre a Monti le proprie dimissioni, anche se in ambienti politici si parla di una richiesta (romana) di rinuncia. I vertici regionali smentiscono, Dagospia ironizza su un possibile complotto vaticanista. Le parole serali di Monti danno dà pensare, anche se il premier assicura che nessuno ha reclamato le dimissioni di De Giorgi e che «il Parlamento può certamente trovare delle soluzioni convincenti per regolare altre forme di unioni e convivenze: nel nostro movimento ci sono idee pluralistiche su questo tema, così come nella società e negli altri partiti». Troppo poco per evitare al web di indicare l’Italia come «provincia del Vaticano». Il passo indietro. Arriva ieri a pomeriggio. De Giorgi comunica la scelta su Facebook, dopo che Libero, il Giornale, ma anche il sito di Dagospia e La Zanzara – il programma di Giuseppe Cruciani su Radio 24 – lo attaccano per le inchieste che lo riguardano e per i siti riconducibili al portale Gay.it: Gaysex.it, gaytube.it, nowescort.com e me2.it, i primi tre dei quali oscurati dallo stesso De Giorgi. Le accuse, però, non si limitano al fatto che attraverso questi siti si possa accedere a servizi di accompagnamento a pagamento o a film porno. Si tira fuori l’inchiesta per aver trasformato il Mama mia in una discoteca a cielo aperto, infrangendo i limiti sui decibel del parco naturale di Migliarino San Rossore. Il fango. De Giorgi ritiene di essere finito in un «tritacarne vero e proprio», con una campagna orchestrata «per mettere in difficoltà il senatore Monti. Attraverso questa campagna – dice – si sono voluti spacciare per reati attività svolte dalla società, Gay.it, di cui prima di candidarmi ero amministratore e ora socio al 20,4%. Inoltre si è anche fatto riferimento a episodio di hackeraggio di cui è stata vittima la società del Mama mia anni fa, quando dal sito del locale si accedeva a materiale pedopornografico. Noi collaborammo con la polizia postale e il sito fu messo sotto sequestro, ma come materiale probatorio». Nonostante tutte le spiegazioni, l’ex fedelissimo di Renzi si è ritirato. Facendo tirare un sospiro di sollievo a molti candidati, soprattutto dell’Udc, non a proprio agio in compagnia di un gay a favore delle unioni civili. I dirigenti di Monti. Andrea Romano, l’eminenza (per nulla in grigio) di Monti in Toscana, difende la scelta di De Giorgi. Definendola «meditata per evitare danni alla lista e al movimento gay che da sempre cerca di affrancarsi dall’abbinamento alla pornografia. Non mi sarei mai permesso di chiedere un passo indietro al candidato: ho lasciato che fosse lui a decidere, tanto più che le accuse mosse sono di natura personale e non politica». Ma proprio dal mondo politico gli arrivano attestati di solidarietà: Anna Paola Concia, Sergio Lo Giudice, Ivan Scalfarotto e Alessandro Zan, candidati omosex per il centrosinistra. Che tramite il segretario Pierluigi Bersani annunciano l’impegno per una legge pro diritti civili alla tedesca, senza adozione.


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