Non è la prima volta che i diritti degli omosessuali “scuotono” i palazzi della Regione. Era governatore Riccardo Illy quando fece discutere la richiesta di licenza matrimoniale da parte di un dipendente omosessuale, dipendente della sede di Bruxelles, che si sposò in Belgio. «Allora – ricorda lo stesso presidente di Arcigay Giacomo Deperu –, la Regione concesse la licenza matrimoniale nonostante il matrimonio omosessuale non fosse previsto né in Italia né tanto meno in Friuli Venezia Giulia. Quello che la coppia di Pordenone chiede, invece, è previsto dal regolamento regionale stesso che parla di coppie conviventi more uxorio». Per dirla con Deperu «non chiediamo alla Regione di riconoscere un diritto che la norma non prevede, ma di applicare ciò che il regolamento dice in modo esplicito». Una decisione che a questo punto spetterà al Tar e che farà scuola «anche in altre Regioni dove il contributo sulla prima casa non c’è, ma ci sono altre forme di sostegno alle coppie». (m.mi.)
PORDENONE Si amano, hanno scelto di costruire un futuro insieme e di acquistare un’abitazione in cui vivere, ma non possono ottenere il contributo sulla prima casa messo a disposizione dalla Regione attraverso Mediocredito. Non come coppia almeno: se la domanda fosse presentata da uno solo dei componenti, il finanziamento arriverebbe. Eppure – ed è questo il paradosso – servirebbe sempre per lo stesso obiettivo ovvero comprare la dimora di una coppia omosessuale. I protagonisti di questa storia, che sta per approdare al Tar con una causa promossa dall’Arcigay del Friuli Venezia Giulia contro la Regione, sono due uomini di 35 anni, che vivono a Pordenone. Per la loro città sono più di una coppia, sono una “famiglia con relazione di parentela” riconosciuta dall’anagrafe con uno stato di famiglia. Ma questo alla Regione non basta. «Perché non spetta alla Regione riconoscere gli omosessuali come coppia more uxorio – replica l’assessore Riccardo Riccardi –. È materia dello Stato. Noi possiamo solo recepire le decisioni del Parlamento». L’iter La coppia ha presentato domanda basandosi sull’articolo 8 comma 3 del regolamento regionale secondo cui «possono presentare domanda persone maggiorenni in forma singola oppure associate qualora si tratti di coniugi o di conviventi more uxorio, ovvero di coppia intenzionata a contrarre matrimonio o a convivere more uxorio»: come in matrimonio. Leggendo il regolamento, ha pensato di avere i requisiti e il 3 maggio 2011 ha presentato la richiesta di contributo. A settembre dello scorso anno la prima doccia fredda, il primo diniego proprio per il mancato riconoscimento dello status di coppia di fatto. Con l’appoggio dell’avvocato Francesco Furlan i due pordenonesi hanno inviato delle controdeduzioni rispetto alle quali Mediocredito ha presentato una richiesta di parere alla Direzione centrale Infrastrutture e lavori pubblici alla quale fa riferimento la società. Questa ha ritenuto la richiesta di contributo non accoglibile e il 28 gennaio è arrivato il diniego definitivo, il là all’archiviazione della pratica. Mediocredito «Il nostro compito – spiega il presidente di Mediocredito Giovanni Ravidà – è quello di applicare la legge in modo fedele alla legge e all’interpretazione che ne dà l’ente per conto di cui gestiamo il servizio, visto che eroghiamo contributi pubblici. Quando ci sono dubbi interpretativi, come in questo caso, interpelliamo la Regione. I casi sono i più diversi. Per esempio ci è capitato che un cittadino chiedesse il contributo per due immobili comunicanti che ha comprato a distanza di quattro giorni con l’obiettivo di farne un’unica dimora. Ma noi possiamo solo dare un contributo sul primo acquisto, anche se alla fine la casa è unica». La Regione In due pagine di motivazioni, la Regione ha negato il contributo alla coppia gay partendo dal fatto che il matrimonio omosessuale non è stato riconosciuto in Italia e che la stessa Comunità europea, in materia matrimoniale, «si è limitata a indicare criteri e principi , lasciando ai singoli Paesi membri la facoltà di adeguamento delle legislazioni nazionali». Fa poi riferimento all’articolo 74 e seguenti del codice civile che riconoscono la famiglia fondata sul matrimonio e la famiglia «di fatto o naturale, costituita da persone – sottolinea la Regione – di sesso diverso che vivono stabilmente (more uxorio)». Più esplicito l’assessore competente: «Comprendo il tema che è quello postoci da una società che si evolve più velocemente delle norme – dice l’assessore alle Infrastrutture e lavori pubblici, Riccardo Riccardi –. Detto questo, se il caso specifico è quello del riconoscimento delle coppie omossessuali, non tocca alle Regioni decidere. È un argomento di pertinenza dello Stato». Lo scontro Ma non la vede così Arcigay che, proprio sull’interpretazione di more uxorio, intende aprire una vertenza con la Regione affidandosi all’ avvocato Francesco Furlan. «A questo punto – commenta il presidente di Arcigay Friuli, Giacomo Deperu – è evidente che ci rivolgeremo al Tar, perché c’è un chiaro conflitto istituzionale. Da un lato, infatti, il Comune di Pordenone, esattamente come fa anche il Comune di Udine, su richiesta inserisce la coppia come famiglia con relazione di parentela applicando correttamente la legge anagrafica nazionale, mentre la Regione non riconosce, calpesatandoli, i diritti riconosciuti dalle amministrazioni comunali. Questo è a tutti gli effetti un chiaro caso di omofobia istituzionale. Per questo motivo invitiamo i Comuni di Pordenone e di Udine ad aderire insieme a noi al ricorso che i ragazzi presenteranno al Tar». Il ricorso di Arcigay «punta al merito – spiega Furlan –. Se sarà accolta la nostra tesi non sarà necessaria una modifica del regolamento in essere». Martina Milia
Coppia gay? No al mutuo Causa alla Regione Fvg
Questo articolo è stato scritto il 15 febbraio 2013.
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