L’ex presidente dell’Arcigay, eletto col Pd, chiederà l’estensione dell’assicurazione sanitaria per Michele, sposato in Norvegia nel 2011
“In Senato mi hanno chiesto se ho un coniuge a cui estendere la copertura prevista dall’assicurazione sanitaria. Ho detto di sì, anche se il mio matrimonio con Michele in Norvegia non è riconosciuto dallo Stato italiano. Mi hanno detto che dovrò chiedere di pronunciarsi alla presidenza del Senato, cosa che non mancherò di fare”. Lo ha annunciato Sergio Lo Giudice, ex presidente di Arcigay, appena eletto al Senato per il Pd.
“Se questa legislatura arriverà fino a novembre – ha aggiunto – scatteranno i miei tre anni di convivenza more uxorio (che i tribunali italiani hanno già detto doversi riferire anche alle convivenze di coppie di sesso diverso) e allora non ci saranno più scuse possibili per negarmi questa possibilità, ad oggi mai utilizzata da una coppia dello stesso sesso. E se il parlamento la concedesse ad un suo componente, non potrebbe negarla a tutti i cittadini. Ivan Scalfarotto sta facendo lo stesso alla Camera. Iniziano le danze”.
Il coniuge di Lo Giudice, Michele Giarratano, ha poi spiegato il senso della battaglia del neo senatore: “Non ho bisogno dell’assistenza sanitaria offerta ai familiari dei parlamentari (peraltro a pagamento, questo è importante che si sappia: non è gratuita). Innanzitutto perché per fortuna in Italia abbiamo un sistema sanitario pubblico e gratuito. In secondo luogo, perchè ho un’ampia copertura sanitaria attraverso il mio ordine degli avvocati e le tasse che verso. E poi perchè non voglio nessun ‘bonus’ da un paese che non riconosce la mia famiglia”. Il punto, però, “è proprio questo: non posso tollerare che al Senato della Repubblica italiana venga considerata famiglia una coppia eterosessuale che magari sta insieme da sei mesi e che si è sposata una settimana fa, mentre non venga considerata famiglia la mia, che sto insieme a Sergio da sette anni e mezzo, convivo con lui da due e mezzo e siamo sposati (all’estero poichè in Italia non ce lo permettono) da un anno e mezzo. Odio le discriminazioni e il pensare che possano esserci in uno dei luoghi simbolo dello Stato mi fa accapponare la pelle”.