In occasione della Giornata della Memoria 2021, Arcigay Catania ricorda le vittime dell’omocausto nazista e del confino fascista. Quest’ultimo ha colpito in modo particolarmente duro la nostra città.
Abbiamo voluto dare voce alle vittime, immaginando che raccontassero in prima persona gli eventi di cui sono protagonisti. Il testo che segue è quindi inventato, ma tutti i fatti narrati corrispondono al vero.
HENNY SCHERMANN
Mi chiamo Henny Schermann. Sono nata a Francoforte sul Meno nel 1912. Ero ebrea e lesbica. Mio padre Julius era emigrato dalla Russia per stabilirsi a Francoforte, a quell’epoca un importante centro del commercio, delle banche, delle industrie e delle arti. Mia madre Selma, era invece originaria della cittadina tedesca di Ober-Ramstadt. Io ero la loro primogenita. Dopo di me nacquero Herbert e Regina. Nel 1931, dopo la separazione dei miei genitori, gestii insieme a mia madre un negozio di scarpe. Nel giro di pochi anni, però, tutte le nostre vite cambiarono.
L’ascesa al potere nazista nel 1933 portò una campagna di repressione, non solo contro gli ebrei, gli zingari, i disabili, gli oppositori politici, ma anche contro gli omosessuali. Questo pose fine a un periodo di libertà, durante il quale erano nate associazioni, giornali e luoghi di incontro come bar e club per gay e lesbiche. La vita della comunità omosessuale fu cancellata nel giro di poche settimane.
I nazisti crearono un clima di paura incoraggiando i raid della polizia e le denunce contro le lesbiche. Molte di noi si nascosero, alcune si trasferirono in nuove città dove sarebbero rimaste sconosciute, altre contrassero matrimoni di copertura con amici omosessuali. Non faceva per me. Continuai a frequentare segretamente i pochi locali lesbici rimasti aperti a Francoforte, seppur in modo illegale.
Mia sorella Regina, a causa delle leggi razziali di Norimberga, non poté sposare il suo compagno perché non era ebreo né tantomeno egli poté riconoscere mio nipote, suo figlio.
Dopo i continui boicottaggi antisemiti fummo costretti a chiudere il negozio di scarpe, così dal 1935 andai a lavorare come commessa presso altri.
Nel 1938 un’ordinanza nazista decretò che “Sara” doveva essere aggiunto nei documenti ufficiali al nome di tutte le donne ebree, in modo da identificarci più velocemente. Io però non lo feci mai.
Nel marzo del 1940 fui arrestata e deportata nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück perché ero un’ebrea e una “lesbica molto attiva”. Sul dorso della mia foto segnaletica fu scritto: «Henny Sara Schermann, nata il 12 febbraio 1912 a Francoforte, non coniugata, commessa di negozio. Lesbica licenziosa frequentatrice di bar omosessuali non ha adottato il nome “Sara”. Apolide ebrea».
Sulla divisa mi venne affibbiata una stella di David, costituita da due triangoli di colore giallo appositamente sovrapposti, che identificava le prigioniere ebree come me.
Nel 1942 venni inviata all’ospedale psichiatrico di Bernburg, nei pressi di Magdeburgo, dove mi ammazzarono in una camera a gas il 30 maggio del 1942.
I nazisti credevano che noi donne fossimo inferiori agli uomini e per natura dipendenti da loro. Il ruolo della donna (specialmente di quella ariana) era quello di procreare, badare alla casa e a crescere i figli, tutte cose a cui anche le lesbiche potevano essere costrette senza essere apertamente perseguitate. Non contavamo niente, e quindi secondo alcuni non contava perseguitarci.
Inoltre, dal punto di vista nazista, noi lesbiche eravamo meno numerose degli omosessuali maschi, in genere più discrete, non mettevamo in pericolo la purezza del sangue germanico ed eravamo più difficili da scovare in quanto le nostre manifestazioni di affetto nei confronti delle altre donne potevano essere confuse con semplici gesti d’amicizia. Tutte ragioni per cui la nostra persecuzione avvenne su scala più ridotta e meno visibile e riconoscibile.
Il paragrafo 175 del codice penale tedesco criminalizzava infatti solo gli atti omosessuali tra maschi, mentre non si applicava alle lesbiche (l’unico paese che criminalizzò il lesbismo fu l’Austria).
Le lesbiche vennero così deportate nei campi di concentramento con motivazioni e accuse differenti, perché ebree (Stella di David), come prigioniere politiche (Triangolo Rosso), molte come asociali (Triangolo Nero) ecc. Numerose altre invece furono oggetto di programmi di rieducazione in centri psichiatrici.
A Francoforte, dal 9 maggio 2010, quattro “Stolpersteine” (Pietre di inciampo) onorano la memoria di Henny Schermann, di sua madre Selma, di sua sorella Regina e di suo fratello Herbert. Una famiglia completamente sterminata dall’orrore nazista.
Selma e Regina furono deportate nel 1941 nel campo di concentramento di Lodz e lì furono assassinate. Herbert emigrò in Francia, ma nel 1941 fu arrestato a Parigi e deportato ad Auschwitz dove morì per un infarto nel 1942. Julius insieme al nipote (un figlio di Herbert) furono arrestati a Parigi nel 1944, imprigionati ad Auxerre e successivamente liberati dagli Alleati. Qualche tempo dopo nel 1948 Julius morì a causa dei traumi subiti durante la persecuzione.
Il figlio di Regina fu salvato dai nonni paterni che lo nascosero e poi alla fine della guerra il padre finalmente potè riconoscerlo.
Autore: Fabio Cardile
Editing: Vera Navarria
Progetto grafico: Daniele Russo
Fonti:
– United States Holocaust Memorial Museum (Museo dell’Olocausto degli Stati Uniti)
– AMIS (associazione per il museo delle intolleranze e degli stermini).
– “R/esistenze lesbiche nell’Europa nazifascista”, a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi, Ombre corte, 2010.
– Wikipedia.
– Stadt Frankfur am Main (sito internet della Città di Francoforte sul Meno).
– Constellations Brisees (progetto europeo partecipativo, digitale e femminista).