Pochi giorni fa una persona trans è stata uccisa.
L’Italia conquista, anche quest’anno, il primato di paese con maggior numero di vittime in Europa.
Vogliamo oggi ricordare tutte le persone trans, le persone uccise per mano altrui, le persone che si sono tolte la vita perché emarginate.
Ci ha colpit* la storia di Chiara
Una transgender di 19 anni, Chiara, si è tolta la vita nella sua abitazione di Napoli, mentre la madre non era in casa. La notizia, che sui social sta suscitando sgomento e dolore, è stata diffusa dal Gay Center di Roma, al cui numero verde contro l’omotransfobia la giovane si era rivolta a 17 anni per raccontare la violenza, il bullismo e l’emarginazione che subiva per aver deciso di esprimere la sua identità femminile. Dopo la denuncia, che Gay Help Line l’ha aiutata a presentare tramite l’Oscad (l’Osservatorio interforze del Ministero dell’Interno contro gli atti discriminatori), Chiara aveva trovato accoglienza in una comunità ed il supporto delle associazioni LGBT+ dopo anni di emarginazione, violenze psicologiche e anche fisiche. «A volte mi chiedo – scrisse Chiara in una lettera – cosa ci sia di sbagliato in me. In fondo sono sempre un essere umano. Io mi sento una donna, vorrei riconoscermi, vestire al femminile e non da maschio, vorrei avere più spazio, essere tranquilla e non avere paura. Mi sento in un labirinto senza uscita».
Una vita difficile la sua, soprattutto da quando aveva deciso di esprimere la sua identità femminile, di entrare in contatto con il mondo come donna e non più come uomo. I genitori e le sorelle non accettarono questo suo cambiamento, la famiglia in un primo momento la rifiutò. In strada, nel suo quartiere, veniva spesso presa in giro, se non aggredita. A scuola era ormai da tempo vittima di bullismo, tanto da farla decidere di abbandonare gli studi. E così disperata si decise a chiedere aiuto. «Eppure – sottolinea il Gay Center di Roma, a cui la ragazza si rivolse – la strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i ragazzi minorenni: l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia che spinge le giovani vittime a giustificarsi, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi trans sulla base della loro identità del genere e non del sesso, il rischio di essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi».
Daniela Falanga, presidente di ArciGay Napoli, conosceva bene Daniela e tiene a sottolineare che era seguita da persone esperte e sensibili: «Era stata accolta in una comunità alloggio per minori a rischio e accompagnata al consultorio InContra di Portici, l’unico gratuito in Italia per ragazzi con incongruenza di genere. Le avevano fornito una relazione psicodiagnostica alla quale si atteneva. È evidente che qualcosa non ha funzionato. Il fatto è che le Asl stanno attuando con enorme lentezza la legge 35 del 2020 per il supporto psicologico ai ragazzi fragili». La ragazza aveva abbandonato la comunità per fare rientro a casa, nel quartiere di Piscinola, dove il 24 ottobre si è tolta la vita impiccandosi.
ArciGay, tramite il suo segretario, Antonello Sannino, tiene a far sapere che comunque sul territorio ci sono strutture per supportare i giovanissimi con incongruenza di genere: «La Casa dell’Accoglienza a Napoli, il consultorio InContra a Portici e i centri antidiscirminazione a San Giorgio, Pomigliano e Caivano sono operativi sul territorio proprio per casi come questo ed è fondamentale comunicarlo in modo corretto alla cittadinanza. La rete associativa e le istituzioni possono dare risposte importanti; nessuno deve più sentirsi sola come purtroppo è successo a Chiara. Noi ci siamo e ci saremo sempre, con una rete che lavora costantemente per migliorare insieme alle istituzioni, per l’accoglienza e per il supporto di ognuna di queste situazioni». Questo l’indirizzo al quale rivolgersi: [email protected] .
L’assessore alle Pari opportunità del Comune di Napoli, Emanuela Ferrante, parla di «vera tragedia» e definisce «assurdo» che una 19enne «possa suicidarsi per questioni legate all’identità di genere». «C’è ancora tanta strada da fare», aggiunge Ferrante. «Questa amministrazione è molto sensibile al tema – argomenta ancora l’esponente della giunta Manfredi -. Non a caso Napoli è stata la prima città ad inaugurare una casa comunale per accogliere le persone LGBTQI. Inoltre nei prossimi giorni approveremo in giunta una delibera per istituire un osservatorio comunale sulla realtà LGBTQI per il contrasto all’ omotransfobia. Senza contare l’enorme lavoro svolto insieme a tutte le associazioni che sul territorio rappresentano un presidio permanente di contrasto alle discriminazioni di genere. L’obiettivo primario di questa amministrazione – conclude Emanuela Ferrante – è quello di garantire pari dignità e tutela, a tutte le persone, indipendente dal sesso e dall’orientamento sessuale».
Articolo tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 27 ottobre 2022, di Titti Beneduce.