di Salvatore Simioli (Responsabile Sportello Giuridico Arcigay)
I vescovi italiani sono intervenuti contro i testi di legge sull’omo-bi-transfobia, presentati alla Camera, paventando il pericolo che venga lesa la libertà educativa e di critica. In realtà i testi di legge in discussione prevedono di punire con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi fondati sull’orientamento sessuale, l’identità di genere e il genere, in aggiunta ai motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, già previsti dall’art. 604 bis codice penale.
Pertanto le proposte di legge presentate non ledono la libertà di parola o di critica ma sono volte a punire chi istiga o commette violenza.
L’art.604 bis, inoltre, esiste da decenni ed ha superato più volte il vaglio della cassazione e della Corte Costituzionale ed è stato significativamente inserito nella Sezione I bis – Codice penale: Dei delitti contro l’eguaglianza. Quindi i timori dei vescovi italiani sono infondati e la richiesta di bloccare la legge che punisce la violenza, fa venire il legittimo sospetto che il timore “reale” sia quello di porre un limite al poter “liberamente” esercitare la violenza di matrice omo-bi-transfobica.
Inoltre le cinque proposte di legge (Zan, Boldrini, Perantoni, Scalfarotto, Bartolozzi) sono ancora in discussione in commissione giustizia ed il testo base inizia a circolare, sotto forma di indiscrezione, solo in queste ore. Quindi le critiche mosse ad un testo che di fatto non si consce, sono il frutto di un pregiudizio ideologico.