Pubblichiamo il discorso di presentazione della mozione del Presidente di Arcigay Palermo Marco Ghezzi:
Le assemblee domenicali in videoconferenza, durante la quarantena, sono state un modo per continuare a stare insieme e al contempo riflettere e confrontarci su quello che accadeva intorno a noi.
Questi mesi di emergenza sanitaria sono stati costellati da diverse retoriche, una in particolare ha sollevato la nostra preoccupazione ed è da questa che siamo partiti nella costruzione del documento programmatico per il prossimo triennio: non è vero che siamo tutti e tutte sulla stessa barca!
Ammesso che ci sia mai stato anche un solo momento in cui questa frase abbia potuto rispecchiare la realtà, non è oggi quel momento. Ci sono navi da crociera, ci sono yatch privati, ci sono modeste imbarcazioni che navigano in acque più o meno calme, ci sono barche malmesse e gommoni che affondano o esplodono nell’indifferenza, a volte, addirittura, nel compiacimento di alcuni.
Questo tentativo di raccontare la pandemia come un livellatore sociale rischia di negare e invisibilizzare le differenze sociali ed economiche preesistenti, differenze croniche che la pandemia invece ha acutizzato. A tal proposito è emblematica la discussione parlamentare sulla legge contro l’omo-bi-lesbo-transfobia, avviata questa estate. Mentre le cronache nazionali a luglio sembravano bollettini quotidiani di una guerra impari, con continui attacchi alle persone LGBTIQ, al parlamento l’argomento prevalente di chi si opponeva a questa legge era, ancora una volta, “ci sono altre priorità, siamo nel bel mezzo di una crisi sanitaria” – gli stessi che organizzano nel frattempo festini e campagne elettorali anticipate in barba a qualunque norma sanitaria mentre il paese fatica a trovare una ripartenza, dalla scuola che riaprirà a breve e non si sa ancora in che condizioni, all’università che è sparita completamente dal dibattito.
Non siamo tutti sulla stessa barca perché a fronte di quanti di noi hanno potuto trascorrere la quarantena in casa, tanti e tante una casa non ce l’avevano, tanti e tante altre, invece, hanno case poco sicure, famiglie che non accettano l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere dei figli, per queste ragioni, e non solo, bisogna in tutti i modi possibili osteggiare l’idea e la narrazione che il tema della salute sia un tema differente rispetto a quello del benessere delle persone LGBTQ.
Per queste ragioni, per iniziare, sentiamo la necessità della costituzione di due nuovi gruppi in associazione, il Gruppo Salute e Benessere e il Gruppo Scuola.
Il Gruppo Salute e Benessere vuole essere uno spazio di condivisione, elaborazione, raccolta e analisi dei bisogni della nostra comunità. Sul tema della salute spesso, il movimento LGBTQ, si è focalizzato quasi esclusivamente sulla salute sessuale con particolare riguardo al tema della prevenzione delle Infezioni sessualmente trasmissibili. Anche la nostra associazione ha impiegato molte energie nel corso di questi ultimi anni, su questo tema specifico.
Nell’arco di quest’ultimo triennio, infatti, abbiamo somministrato oltre 4000 test rapidi per HIV e Sifilide, abbiamo girato in lungo ed in largo per la regione grazie all’ambulatorio mobile portando materiale informativo, preservativi e test nelle piazze di molte città, nelle scuole, nei luoghi di prostituzione e nei luoghi di divertimento incontrando migliaia di persone, il progetto PrevenGo è stata l’occasione per fare tanto sul nostro territorio ed ha offerta la possibilità alla nostra associazione di crescere moltissimo, in tutti i termini possibili. Non ultima la possibilità di dare una casa alla nostra associazione, la sede Officine Arcobaleno intitolata recentemente a Giuseppina Cacciatore, una nostra preziosa amica e combattiva compagna che ci ha lasciati da poco senza la quale non saremmo riusciti a costruire, sia a livello concreto sia a livello simbolico, la nostra sede. Giuseppina Cacciatore era un’attivista instancabile sempre pronta ad accogliere tutt* con il sorriso e chi ha avuto il privilegio di conoscerla sa bene a cosa mi riferisco; dedicarle la sede è stato per noi un atto necessario perché ogni angolo, ogni stanza e ogni spazio delle officine arcobaleno ci riporta a lei.
Il tema della salute e del benessere delle persone LGBTIQ, tuttavia, non può ridursi solo alla prevenzione delle IST, occorre riflettere insieme su molti temi: le numerose solitudini, l’invecchiamento LGBTQI, il sesso e la sessualità, le disabilità, lo sport, e perché no, anche il tempo libero, oggi quasi criminalizzato e che però per molti di noi è evasione da una quotidianità oppressiva in casa, a scuola, nel lavoro, nelle reti amicali.
L’altro gruppo di cui sentiamo forte la necessità è il Gruppo Scuola, per tante ragioni differenti: negli anni i nostri interventi nelle scuole sono stati costanti ma insufficienti, l’unico accesso nelle scuole era rappresentato dagli inviti dagli stessi studenti e dalle stesse studentesse che, nel loro libero spazio delle assemblee d’istituto, chiedevano la nostra presenza; al contempo, sempre più di frequente, ci arrivavano segnalazioni di episodi di bullismo omo-lesbi-bi-transfobiche spesso accompagnati da altrettanto episodi di negligenza o disinteresse da parte delle dirigenze scolastiche che spesso preferiscono voltare la faccia altrove, per paura o non so cos’altro.
Questa chiusura da parte della dirigenza scolastica alla presenza delle associazioni LGBTQ la troviamo intollerabile.
Non possiamo più sopportare l’idea che in spazi così fondamentali per la crescita degli studenti e studentesse possano diventare luoghi di emarginazione e bullismo. Alle difficoltà che solitamente si attraversano durante la fase di formazione non si possono né si devono associare discriminazioni legati all’orientamento sessuale e identità di genere.
Davanti ai dati raccolti l’anno scorso da Arcigay nazionale, dovremmo seriamente allarmarci: negli ultimi 12 mesi, un giovane LGBTQ su quattro ha avuto pensieri suicidi. Un adolescente LGBTQ su due ha avuto esperienze di depressione.
Anche qui parliamo di salute, anche qui parliamo di benessere.
Ecco, molti e molte di noi, dobbiamo dircelo chiaramente, vivono un distanziamento sociale – non fisico ma sociale! – da ben prima della pandemia. E sebbene ci auspichiamo una legge efficace, una legge giusta, per avere strumenti di contrasto all’odio omo-lesbo-bi-transfobico, riteniamo che non sia la legge il punto d’arrivo: è necessario un cambiamento radicale della nostra società, le cui radici affondano in una cultura sessista, misogina, razzista e omo-lesbo-bi-transfobica; un cambiamento nel lungo termine non può che avvenire attraverso un lavoro costante e capillare nelle scuole.
Questa urgenza l’abbiamo riscontrata nel corso degli ultimi anni anche grazie alla nascita del Gruppo Giovani e del Gruppo Trans che, contro ogni aspettative, già dai loro primi incontri hanno visto una grandissima partecipazione di ragazzi e ragazze che negli spazi della nostra associazione hanno trovato una seconda casa, un porto sicuro e che evidenziano come ci sia ancora il bisogno e la voglia di stare insieme, come Comunità.
Su questo mi piacerebbe aggiungere una considerazione personale, avendo avuto la fortuna di vedere muovere i primi passi dei gruppi: dopo pochi mesi ho visto e percepito la loro necessità di uscire dagli spazi sicuri della sede e, con grande determinazione e volontà, portare la nostra bandiera in molti luoghi di Palermo, durante le attività di socializzazione, come a volersi riappropriare di tutto.
La presenza del Gruppo Giovani e del Gruppo Trans è stata per l’associazione nuova linfa vitale: mentre pensavamo di rispondere ad un bisogno dei più giovani, ci siamo resi conto che il loro entusiasmo fosse ciò di cui avevamo tutti e tutte di bisogno.
Se volessi riassumere veramente in poche parole le dieci pagine di questo documento potrei farlo in tre parole: Noi vogliamo tutto.
Noi vogliamo scuole e università più sicure ed inclusive, vogliamo docenti ma anche personale sanitario capace di accogliere i bisogni e le necessità delle persone LGBTQI; vogliamo dei servizi per i percorsi di transizione che non siano labirinti dalla quali se ne esce solo uniformati agli stereotipi che ci vogliono tutti incasellati in un sistema binario; vogliamo servizi a misura delle nostre esigenze; vogliamo che la Regione si faccia carico dei farmaci in uso nelle terapie sostitutive ormonali, come già accade in altre regioni.
La crisi sanitaria mondiale non può diventare un pretesto per frenare il riconoscimento dei diritti, non può e non deve essere l’escamotage per ignorare le nostre richieste né una scusa per cercare capri espiatori, come sta accadendo in queste settimane rispetto alle politiche dell’accoglienza dei/delle migranti per sfuggire alle responsabilità rispetto alla gestione della crisi.
A tal proposito non possiamo che continuare il lavoro svolto dallo sportello La Migration, e rafforzarne l’opera con formazioni per nuovi volontari e volontarie: tra i tanti obiettivi vorrei inoltre far presente il nostro desiderio di agevolare la creazione di uno SPRAR che possa accogliere migranti LGBTQ che, allo stato attuale, dopo il viaggio, spesso rischiano di subire violenze anche all’interno dei centri nei quali sono accolti.
Palermo, lo dice già il suo nome, è una città tutto porto, una città accogliente: il nostro impegno non può che essere costante nel contrastare l’unica reale invasione, e cioè le politiche razziste e xenofobe che ormai sembrano non essere più unico appannaggio della Lega. Se Palermo è la città accogliente che conosciamo non lo dobbiamo però al suo nome, ma al lavoro delle tante associazioni come l’Arci, la rete del Forum Antirazzista e tante altre realtà inclusive.
Associazioni sulle quali troppo spesso vengono scaricate le responsabilità dei bisogni della collettività delle quali la politica continua a non farsi carico e faccio riferimento in particolare alla questione dell’emergenza abitativa: la nostra associazione ha più volte provato e cercato interlocuzioni con l’Amministrazione Comunale per dare una risposta a chi si ritrova da un giorno all’altro per strada, ogni volta con un nulla di fatto, tavoli e tavoli di lavoro che spesso scompaiono dall’oggi al domani avvilendo il lavoro di tanti e tante che nel frattempo cercano, come possono, anche attraverso le proprie reti, di trovare soluzioni provvisorie e precarie. Non siamo disposti a cedere di un solo passo su questa richiesta, come ho già detto, vogliamo tutto.
Permettetemi quindi, per concludere, di citare liberamente Nino Gennaro, a venticinque anni dalla sua scomparsa: Vogliamo essere felici, non complici! Perché voler meno di tutto vuol dire tradire i nostri desideri.
Articolo tratto da https://arcigaypalermo.wordpress.com/
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