Fano, 17 maggio 2014 – Nella giornata internazionale contro l’omotransfobia, Flavio Romani, presidente di Arcigay, ha preso parte al corteo organizzato da Arcigay Agorà di Pesaro per la consegna del certificato di matrimonio di Fausto Schermi ed Elwin Van Dijk, sposi in Olanda nel 2008, al Comune di Fano, dove i due risiedono. La coppia aveva già richiesto nei giorni scorsi pubblicamente la trascrizione del proprio matrimonio nei registi dello Stato civile. Oggi un affollato corteo di sostenitori ha accompagnato Fausto ed Elwin, vestiti di tutto punto, alla sede comunale, per recapitare il certificato giunto dai Paesi Bassi e necessario per attivare l’iter. Li ha accolti il sindaco Stefano Aguzzi che ha affidato a una lettera rivolta ai funzionari del Comune l’auspicio che quella trascrizione sia possibile. “Un segnale positivo ma dal nostro punto di vista insufficiente” commenta Flavio Romani “perché di fatto trasforma una questione squisitamente politica in un atto burocratico, delegando la scelta a funzionari chiamati alla rigorosa applicazione delle norme. Non scopriamo oggi che in Italia non esistono leggi che riconoscano le unioni tra persone dello stesso sesso, possiamo risparmiare ai tecnici del Comune di Fano la fatica di cercarle. Ma se cento sindaci in questo Paese si prendessero la responsabilità di forzare le norme dando cittadinanza ai vincoli matrimoniali contratti da gay e lesbiche oltreconfine, oggi noi ci troveremmo a un passo dal nostro traguardo. Impossibile non rimanere delusi da questa mancanza di coraggio – dice Romani – che si traduce nella necessità di intraprendere per ogni caso percorsi legali tesi a dimostrare che, incrociando la Costituzione e le direttive internazionali, siamo noi ad essere dalla parte della ragione. Lo abbiamo già fatto tante volte, eppure gli amministratori pubblici, dinanzi alle nostre richieste, ancora allargano le braccia, costringendoci a nuovi ricorsi, e risparmiandoli a chi, davanti a un’unione riconosciuta, ricorrendo per l’annullamento si scoprirebbe dalla parte del torto. Insomma: abbiamo ragione, a parole ci viene riconosciuto ma ci tocca dimostrarlo tutte le volte. E questo – conclude Romani – è davvero sconfortante”.