Bologna, 12 dicembre 2014 – È giunto a sentenza il processo a carico dei tre balordi che nel giugno del 2009, in piazza Bellini a Napoli, aggredirono Maria Luisa Mazzarella, 26enne casertana, procurandole lesioni gravi, semplicemente perché aveva difeso dagli insulti omofobi dei tre l’amico gay col quale passeggiava. È di dieci anni di reclusione la pena stabilita dai giudici, che hanno condannato due dei tre imputati per tutti i capi di imputazione, cioè per l’aggressione e il tentativo di rapina. La vittima, nelle settimane successive al fatto, era stata insignita della medaglia d’oro al valore civile dal sindaco di Napoli, al tempo Rosa Russo Iervolino. “Una pena esemplare – commenta Flavio Romani, presidente di Arcigay – che lancia un segnale importantissimo. L’omofobia, pur non essendo ancora contemplata dal nostro codice penale, era inequivocabilmente il nocciolo della vicenda. E infatti nei capi di imputazione si riportavano letteralmente gli insulti con cui gli aggressori avevano infierito sulle vittime durante il pestaggio. Proprio per questo Arcigay si costituì parte civile nel processo, sottolineando le circostanze che rendevano quel pestaggio un crimine d’odio. La severità della pena pone l’accento proprio su quell’odio, talmente ostinato da manifestarsi con inaudita violenza, molto oltre quella che sarebbe stata necessaria per sottrarre alle vittime gli oggetti di valore. Gli stessi giudici insomma hanno riscontrato nella condotta degli aggressori una peculiarità che ne aggravava la colpa e in quella peculiarità trova ragione la durezza delle pena. L’omofobia, insomma, esiste e deve essere al più presto contemplata dal nostro codice penale, per mettere nelle mani dei magistrati lo strumento più adatto a tutelare chi di questo crimine è quotidianamente vittima. Spetta alla politica raccogliere questo messaggio e tradurlo nell’estensione piena e incondizionata della legge Mancino, senza i distinguo e i salvacondotti immorali con cui è stata inquinata dal voto della Camera”. “Ringrazio Maria Luisa – prosegue Salvatore Simioli, presidente di Arcigay Napoli all’epoca dei fatti – che da vittima di omofobia è entrata a far parte di Arcigay Napoli, diventando così esempio, testimonianza e stimolo di fiera rivendicazione di giustizia e libertà per tutta la comunità LGBT”.