da "Il Corriere della sera" edizione di Roma, 17 marzo 2002
SEZZE – Via Melogrosso 92c, periferia di Sezze. Una casa su due piani, color grigio grezzo, per nulla rifinita, modesta. Fuori un terreno, cartacce e degli eucalipti mozzati, non è proprio un giardino e non sembra nemmeno un posto vissuto. Poco distante da un cancelletto, in prossimità di una rete di recinzione arrugginita spunta qualcosa da una buca. E’ il braccio di un uomo, forse del padrone di quella casupola. Forse, perché non è certo. Lì, da qualche tempo, abita Armando Iodice, 53 anni, restauratore di mobili, conosciuto negli ambienti gay della Capitale. Da dieci giorni nessuno lo ha visto più. Nella buca c’è una sacco di cellophane e dentro il corpo fatto a pezzi di un uomo. Scopre tutto Marcello R., un infermiere 37enne dell’ospedale San Giovanni di Roma, amico intimo di Iodice, così intimo che ha le chiavi della sua casa, ci va spesso a dormire e anche in questi giorni ci aveva dormito senza accorgersi che lì fuori, a pochi metri, c’era un cadavere maciullato, probabilmente con un’accetta.
E’ una storia misteriosa, ma le indagini portano dritte in una direzione: la pista della vendetta omosessuale. Iodice è l’uomo che il 30 agosto dell’anno scorso, un giovedì, trovò il corpo senza vita, incaprettato, di Francesco Mercanti, detto per i suoi studi di teologia e per il vezzo di vestire spesso con abiti religiosi, "Il monsignore", un 61enne bancario in pensione che fu ucciso nel suo appartamento di via Rimini, nel quartiere San Giovanni, a Roma. Forse una rapina, si pensò all’inizio (Mercanti era un tipo facoltoso, pochi mesi prima aveva ereditato parecchi soldi e l’appartamento era stato trovato completamente a soqquadro) ma le indagini della Mobile romana presero ben presto un’altra strada, quella del mondo dei gay romani. Iodice – da vent’anni amico di Mercanti – andò a cercarlo perché non riusciva a rintracciarlo dalla domenica precedente, quando sarebbero dovuti andare insieme al mare, a Ostia. Anche lui aveva le chiavi della casa dell’amico, agli investigatori raccontò in lacrime la scena della terribile scoperta: "Era a testa in giù, con le mani legate dietro la schiena e tutto insanguinato. Era viola".
In questura lo interrogarono a lungo, per conoscere il tipo di relazione che aveva con la vittima e anche con un certo Sahid, un marocchino di 26 anni, suo amico, professione giardiniere, che anche ieri i carabinieri del maggiore Emilio Mazza, comandante del reparto operativo di Latina, hanno tentato di rintracciare (invano) per saperne di più. "E’ buio e siamo appena all’inizio. Non è escluso che manchi qualcosa in casa – ha detto ieri sera il sostituto procuratore Chiara Riva -. E’ presto per tutto, al momento non possiamo neanche esser certi dell’identità dell’uomo trovato a pezzi nel sacco".