Una fiammata di polemiche, da parte delle gerarchie della Chiesa, ha accompagnato l´annuncio dell´ospedale di Sant´Anna a Torino di iniziare la sperimentazione della pillola Ru 486. «E´ un fatto luttuoso», ha commentato il cardinale Severino Poletto. «Eticamente inaccettabile, riprovevole, diseducativa nei confronti della vita umana», ha definito la pillola monsignor Mario Cozzoli, docente di teologia morale all´ateneo Lateranense, l´università del Papa. Il Forum degli organismi cattolici, che operano in campo socio-sanitario, ha chiamato medici e farmacisti alla «doverosa obiezione di coscienza». Il ministro Sirchia ha preannunciato un´ispezione per esaminare requisiti di sicurezza e di efficacia del prodotto, ma ha anche aggiunto di non vedere problemi alla sua commercializzazione. Poi è calato il silenzio. Ed è in questa tregua che vale forse la pena di riflettere se simili scontri ideologici abbiano ancora senso.
Nel 1981 – sembra un´altra era – oltre due terzi degli italiani hanno votato a favore della legge sull´aborto. In questi venti anni niente lascia trasparire che donne e uomini di questo paese abbiano cambiato idea. Al contrario, la coscienza popolare ha ormai assorbito la legislazione sull´interruzione di gravidanza come un elemento imprescindibile per affrontare la propria vita individuale e di coppia.
Certamente, anche per chi vi ricorre, l´aborto rimane un fatto drammatico e’straordinario´´, ma nessuno vorrebbe tornare all´epoca delle mammane o dei viaggi all´estero. Chi ha provato a riportare forzosamente indietro le lancette dell´orologio è stato sconfitto. È successo in Polonia negli anni Novanta.
Troppo spesso l´interruzione di gravidanza è stata vista dalla parte dei diritti della donna, ma andrebbe considerato anche un altro aspetto non meno essenziale. L´importanza che un figlio sia desiderato, atteso, amato sin dal concepimento. Il valore profondo della’volontarietà´´ della gravidanza sta proprio qui: permettere che il futuro bambino sia frutto di una piena, convinta e gioiosa accoglienza. Non è un elemento secondario nel suo sviluppo psico-fisico successivo.
Sì, la pillola Ru 486 è abortiva (meglio sarebbe introdurre anche in Italia la cosiddetta’pillola del giorno dopo´´, che impedisce dall´inizio una gravidanza), ma rientra pienamente nella legge e soprattutto è meno traumatizzante e più naturale rispetto all´intervento chirurgico, maggiormente invasivo per il corpo della donna.
Saggiamente Carlo Casini, il leader del Movimento per la Vita sulla cui fede antiabortista nessuno può dubitare, ha detto che l´uso della Ru 486 non è una grande notizia e ha rimesso l´accento sulle politiche per prevenire gli aborti.
Si potrebbe dire anche di più. Nell´ultimo quarto di secolo la Chiesa ha avuto un lungo lasso di tempo per sperimentare che il suo messaggio riesce a parlare alla società contemporanea quanto più assume il significato di una proposta etica e non di una prescrizione impositiva. Come mai le parole di Giovanni Paolo II riescono a toccare il cuore di milioni di giovani e spesso anche di tantissimi non credenti? Perché non si presenta con il dito alzato, perché indica una strada, una proposta, un orizzonte di valori. Perché – quando si rivolge alla gioventù dei grandi raduni mondiali – non rappresenta il fantasma di interventi clericali nella legislazione civile riguardante il divorzio o la regolamentazione delle nascite, ma evoca i traguardi esigenti e affascinanti di un rapporto di coppia ricco d´amore e aperto al mondo intero.
In questo senso si pone oggi la distinzione tra sfera etico-religiosa e sfera laica. Alla prima è connaturata (nella pluralità delle religioni e dei movimenti umanistici) l´elaborazione e la proposta di progetti di vita, alla seconda il’buon governo´´, cioè la regolamentazione della convivenza civile tenendo conto del pluralismo culturale e della continua maturazione della società.
In questo senso si pone egualmente l´urgenza di affrontare e risolvere finalmente anche in Italia il problema delle unioni di fatto, comprese quelle omosessuali. Chi lavora e chi viaggia vede intorno a sé sempre più spesso uomini e donne gay, che da soli o in coppia, vivono tranquillamente la loro dimensione senza gli stereotipi caricaturali, che li circondavano in passato. Dalle gag di film tipo il’Vizietto´´ siamo passati sugli schermi televisivi sia Rai che Mediaset alla serena accettazione della presenza di persone omosessuali nelle fiction più posate e di sapore quotidiano.
Vorrà pur dire qualcosa. Vorrà pur dire qualcosa che in tante famiglie la rivelazione di omosessualità fatta da un figlio o una figlia si conclude in un pianto e in un abbraccio laddove decenni addietro incombevano la paura e l´orrore.
Perché allora insistere nel negare lo strumento giuridico di quello che in Francia è stato chiamato suggestivamente e giustamente il’patto di solidarietà´´ fra due partner etero o omosessuali allo scopo di regolare aspetti basilari della convivenza: dalla casa al fisco, all´eredità, all´assistenza, al diritto di stare vicino all´amato o all´amata in caso di emergenza?
Un prezioso libretto di padre Gino Concetti, teologo dell´Osservatore Romano, contiene semi preziosi e poco conosciuti all´interno della stessa Chiesa per la presa d´atto di un´evoluzione dell´atteggiamento sociale e delle norme giuridiche dello Stato. È stato pubblicato già cinque anni fa e si chiama, non a caso,’Diritti degli omosessuali´´. Difende il diritto dei gay a godere dei diritti fondamentali di ogni cittadino: la libera manifestazione delle proprie opinioni, la tutela della dignità e da ogni tipo di aggressione, il diritto ad associarsi per mutuo sostegno. Fino ad arrivare al riconoscimento che per i diritti sociali derivanti dalla convivenza lo Stato potrebbe accogliere in toto o in parte tali «richieste».
Per un ecclesiastico, premuto dalle norme canoniche che definiscono l´omosessualità un grave disordine, oggettivamente immorale, il condizionale è d´obbligo. Ma per un deputato italiano – quale che sia il proprio colore – simili vincoli non hanno motivo di essere. Meno che mai per le coppie di fatto in quanto tali, a prescindere dal sesso dei partner. Sarebbe singolare che in sede legislativa si perpetuasse un clericalismo, che non trova riscontro nella maturazione della società e nemmeno nel modo di affrontare la vita quotidiana di tanti onorevoli e senatori.