Vivere da gay a Cuba non è certo un bel vivere. La combinazione fra il tradizionale machismo culturale delle aree latine e la subordinazione ideologica dei diritti individuali a quelli sociali tipica dei paesi del socialismo reale hanno creato una combinazione particolarmente esplosiva per i gay.
Omofobia e relazioni nascoste a Cuba: “Machi di carta di Alejandro Torreguitart Ruiz
Negli anni sessanta gli omosessuali venivano spediti ai lavori forzati. Nel 1971 il primo Congresso sul’educazione e la cultura sancì nel suo documento finale che "le manifestazioni di omosessualità non possono essere tollerate", con la conseguenza del’espulsione da scuole e università di studenti e docenti in odore di omosessualità. Nel 1978 ai medici omosessuali venne impedito ‘esercizio della professione e lo Statuto dei lavoratori stabilì il licenziamento dei lavoratori omosessuali.
Nel 1980 il regime decise di allentare un po’ la pressione offrendo alle persone omosessuali, come ad altri soggetti considerati antisociali, la possibilità di lasciare Cuba: fra gli esuli di quell’anno c’era il poeta e scrittore Reinaldo Arenas, la cui vita è stata raccontata di recente nel film “Prima che sia notte”.
Da allora la repressione si è allentata lasciando il campo ad una situazione di “tolleranza repressiva” simile a quella dell’Italia fascista.
Con la differenza che a Cuba rimane in vigore ‘art. 303 del codice penale che stabilisce che rendere pubblica la propria omosessualità, così come fare " avances amorose omosessuali", è punito da tre mesi ad un anno.
Questo ha impedito la costruzione di una socialità gay alla luce del sole così come la nascita di associazioni gay, giornali, locali.
Nelle principali città dell’isola esistono, certo, come in qualunque epoca e in qualunque parte del mondo, luoghi frequentati da gay. Fra questi alcuni locali, semi clandestini, tenuti sotto controllo dalla polizia: chi li frequenta sa che è sempre possibile essere prelevati all’uscita dalla polizia e portati in caserma.
Per i gay cubani non va meglio sul piano sociale, dove permane un forte disprezzo delle persone omosessuali anche se, come sempre avviene in questi casi, all’omofobia dichiarata ed agita corrisponde una realtà molto diffusa di relazioni sessuali fra maschi: vedi la testimonianza dello scrittore cubano Alejandro Torreguitart Ruiz , l’autore di “Machi di carta — Confessioni di un omosessuale cubano”.
Purtroppo le autorità non sembrano intenzionate ad affrontare la questione, ma continuano a negare il problema.
Qualche giorno fa ho partecipato ad un incontro pubblico con Hugo Ramos, consigliere politico dell’Ambasciata di Cuba in Italia, organizzato dall’Associazione Italia-Cuba. Ho chiesto la parola per primo dal pubblico per porre la questione della violazione dei diritti dei gay nell’isola. Sapevo che la sinistra italiana stava ponendo con sempre maggiore forza la questione: un’analoga denuncia da me fatta qualche settimana prima alla Conferenza programmatica nazionale della Sinistra Giovanile era stata accolta da lunghi applausi e tante amministrazioni locali di sinistra stanno approvando mozioni di condanna della situazione dei dissidenti a Cuba. Sapevo anche che quella platea era più difficile: motivo in più per non stare zitto. Le reazioni non si sono fatte attendere. Ramos mi ha interrotto, impedendomi di terminare la mia domanda ed accusandomi di riferirmi ad una realtà ormai superata. I gay girano indisturbati per Cuba — diceva — ed io pensavo a quanti gay girano “indisturbati” a Teheran o al Cairo, condannati, però, al silenzio e all’isolamento da una legislazione repressiva.
Ma il rappresentante del governo cubano è andato oltre, rivendicando la giustezza di quella norma — ancora in vigore —per cui gli insegnanti gay sono espulsi dalle scuole cubane: un gay in cattedra determinerebbe l’orientamento sessuale dei bambini. Meglio il licenziamento, e per giusta causa. Cosa poteva fare l’unico insegnante gay presente in aula se non sottolineare che quella è la posizione dei fascisti italiani? Col risultato di una reprimenda da parte di un dirigente comunista emiliano: chi chiede rispetto per i propri diritti deve rispettare le diversità culturali e non guardare ad altre aree del mondo secondo il punto di vista occidentale; rispettare le particolarità dell’America Latina come quelle del mondo arabo, pensando in grande e non guardando il mondo col paraocchi. Dio o chi per lui ci salvi da chi è accecato dalle ideologie.
Sergio Lo Giudice
ps. La stessa esperienza è toccata un paio di giorni dopo al presidente dell’Arcigay di Torino, Davide Blanc e a quello di Cremona, Luciano Bartoli. Invito tutti gli altri circoli a fare altrettanto nelle tante iniziative che Italia-Cuba sta organizzando in giro per l’Italia in queste settimane per difendere Cuba dalle accuse di violare i diritti civili.
Facciamogli sapere che ci siamo.
Ecco il racconto del’esperienza di Davide Blanc, Presidente di Arcigay Egg
L’Avana
Sono ormai diversi giorni che si è scatenato un vero e proprio putiferio intorno a Cuba. Pare che alcuni, in nome di una sorta di solidarietà fra partiti comunisti, si sentano amici di Cuba e, quindi, castristi. Queste posizioni rappresentate soprattutto dal PdCI, hanno fatto letteralmente infuriare la comunità omosessuale: ma come si fa, come è possibile! Dichiararsi di sinistra, di una sinistra moderna, appoggiare le battaglie della comunità omosessuale, per poi dichiararsi castristi!?
Per questo, come presidente del Circolo ArciGay EGG di Torino, ho deciso di partecipare all’incontro organizzato dal PdCI intitolato "Parliamo di Cuba". A questo incontro partecipavano in veste di relatori, i signori Chieppa (segretario provinciale del PdCi), Ugo Ramos (consigliere dell’ambasciata cubana), Rocco Sproviero (Segretario Regionale Italia-Cuba), Gianni Favaro (Direzione regionale PRC), Pino Chiezzi (Consigliere regionale PdCI), Massimiliano Giordano (dell’Associazione Aprile), Casari (dipartimento esteri del PdCI).
Sapevo, era ovvio, che tale incontro sarebbe stato filo castrista e impregnato di veterismo… ma mai, mai, avrei osato immaginare una sala gremita, convinta che Cuba fosse il Paradiso.
"noi, democratici italiani…" ecco una delle frasi più frequenti. Eppure il monopartitismo (fascista) comunista è accettato, applaudito, lodato, invidiato. I dissidenti arrestati: una scelta difficile e sofferta, ma comprensibile. La pena di morte: negli USA un crimine (senza se e senza ma), a Cuba "a volte non si può fare diversamente" (quanti se, quanti ma….)
Le castronerie sentite sono state incredibili:
"a Cuba, grazie a Castro, non c’è più la prostituzione", "il sindaco delle città a Cuba viene scelto così: ci si mette in cerchio e si sceglie quello che è il miglior nella comunità", "gli emigranti sono tali perché pagati dalla CIA", e via tergiversando.
Finito il primo girone di interventi, ho deciso di chiedere la parola per porre il problema dei diritti civili, umani e individuali.
Il gelo. Il compagno omosessuale (da li a poco solo più amico) ha messo in dubbio la purezza e la grandezza dell’Isola che non c’è. Dopo pochi secondi, presentata brevemente la vita dello scrittore omosessuale Arenas, incarcerato in quanto gay, hanno cominciato a cercare di chiudermi : "la domanda, la domanda!". Bene, la domanda a quel punto non poteva che essere una: "ma non vi rendete conto che con quello che si intende in Europa per sinistra, il castrismo non ha nulla a che fare?".
La risposta l’ho avuta dal sig. Ugo Ramos "sei mai stato a Cuba?"- "no" rispondo. "e allora come puoi parlare?!"
Pensate: "i campi di concentramento per omosessuali a Cuba non ci sono mai stati"
"all’Havana c’è una gelateria gay" (sì, nota e semi illegale aggiungo)
"l’amico omosessuale potrebbe tranquillamente diventare sindaco dell’Havana".
Ho appreso questo: a Cuba due tipi di omosessualità sono graditi: quella di Raul Castro e quella dei prostituti.
Io non sono stato a Cuba. E neanche gli altri, eppure tutti sanno che è un paradiso.
Davide Blanc
Presidente Circolo Arcigay EGG, Torino