Da "’Unità" del 22.06.03 di Delia Vaccarello
Migliaia in corteo a Milano per i diritti dei gay
Oltre cinquantamila persone hanno partecipato al Pride 2003. Polemiche per il libro «Lexicon», pubblicato dal Vaticano, che discrimina gli omosessuali
Un bacio sul carro del Pride Milano 03
MILANO Un arcobaleno di diritti. Il corteo si ferma dinanzi al Duomo, dal carro ‘apertura ‘intona «Fratelli ‘Italia», donne, uomini, trans, bambini, anziani, cantano ‘inno emozionati e urlano al cielo, trascinati dalla melodia nazionale, la necessità e ‘urgenza di essere riconosciuti cittadini di serie A. Sul carro del’Arcigay milanese, insieme a Lorenza presidente locale di Arcilesbica, e altri militanti, ‘è un ragazzo felice, lo dice la sua maglietta: «Gay, 19 anni, felice». Giù in strada un altro diciottenne, Emanuele Scivittaro, pugliese, lo guarda: «Io sono etero, sono qui perché noi abbiamo i diritti e loro no, la gente considera i gay diversi, e anche tra noi ragazzi ‘è il razzismo: chi dice che fanno schifo, chi dice "li picchierei". ‘ ora di dire basta».
Sarebbe ora che ‘Italia «desta» si vergognasse un poco, dicono dal carro che ha aperto ieri il Pride a Milano e leggono passi del Lexicon, lì dove fioccano pregiudizi e offese contro gli omosessuali. «Vogliamo vedere San Pietro listata a lutto, sono loro a doversi vergognare di quello che fanno», si sente dai megafoni . È di questi giorni la denuncia da parte del’Agedo (Associazione di genitori e amici degli omosessuali) del’opera a cura del Pontificio consiglio per la Famiglia relativamente alle voci sui bambini e sul’omofobia ritenute diffamatorie degli omosessuali. ‘Agedo ha anche chiesto che il Lexicon venisse sequestrato, ma la richiesta è stata respinta dalle autorità competenti. ‘opera, che si oppone tra le altre cose alle famiglie gay, raccoglie ‘indignazione della piazza intera, ed è contraddetta con la forza del vissuto da Giuliana. Giuliana ha 36 anni, ama da 11 la sua compagna, ed è mamma di tre bambini. Il più grande è nato quattro anni fa, i gemellini dopo due. Giuliana sfila con uno dei piccoli in braccio e spinge la carrozzina tra rotaie e pavimento lastricato: «Viviamo a casa di lei, è una casa popolare, se dovesse succedere qualcosa io e i bimbi non avremmo diritti sul’abitazione. I figli sono nati con la fecondazione assistita, la mia compagna ha pagato anche per questo, e per legge non può essere la mamma adottiva. Io la chiamo per nome, i bimbi senza che nessuno di noi abbia loro detto nulla la chiamano mamma».
Del’arcobaleno dei diritti, che un giorno forse sorgerà, e che oggi viene anticipato dai tanti fiumi di stoffa colorata tesi tra braccia abbronzate, il più atteso sembra essere quello che riconosce le varie forme familiari. «Occorre che venga riconosciuta a ciascuno la propria forma familiare, qualunque essa sia», dice Daniela Danna, ricercatrice. Le fa eco Andrea Benedino, portavoce nazionale dei Cods (Coordinamento omosessuali dei Ds). «È urgente il diritto di essere riconosciuti civilmente, come coppie e nuclei titolari di diritti, è ora che venga affermata piena dignità». Anche Raffaella, 30 anni, sente il bisogno che la società tenga conto dei gay anche per i servizi. «Il Comune di Milano dà le case con affitti agevolati soltanto a coloro che sono sposati, niente a single, niente alle coppie di fatto. Gli altri non sono cittadini?». Emy, 31 anni, non ha dubbi: «Voglio il diritto di poter stipulare un patto di solidarietà civile con la mia compagna, un Pacs. Non so se sono lesbica, so per certo che sono molto innamorata di lei».
Il corteo sciama sotto un sole forte. Lo sguardo sulle priorità lievita come il caldo dalle rotaie. Alberta, occhi chiarissimi che sembrano senza età, dice: «Voglio il diritto di non essere discriminata mai, in nessun contesto». Titti De Simone ricorda la necessità della lotta senza quartiere alle discriminazioni: «A scuola, sul lavoro, in Chiesa. Sulla questione dei diritti le destre ci stanno trascinando in un baratro, ma nessuno accetterà di avere ancora per molto una cittadinanza di serie B. Il Pride a Bari è stato strepitoso, perché lì ‘è urgenza di rompere con la destra. La stessa urgenza che ‘è qui. E forse occorrerebbe fare sempre un solo Pride, che abbia ‘ampiezza di quello del 2000. Noi siamo in grado di organizzare tutti gli anni una marcia di 500 mila cittadini che sfilano per i diritti». Ogni anno la solidarietà si espande. ‘è sempre in ogni Pride, che è Fierezza, chi viene per la prima volta. Le emozioni di Tina, pittrice trentenne in visita a Milano dalla Calabria, parlano per tutti: «Entusiasmo, gioia, serenità».
Da "Il Giorno" del 22.06.03 di Marta Ottaviani
Gay, una piazza di diritti
Migliaia di persone (oltre 50mila, secondo gli organizzatori) hanno infuocato le strade del centro durante il lungo corteo che da via Palestro è terminato al Castello Sforzesco
«Patti, non parole». Con questo slogan e con un finto preservativo lungo 5 metri si è aperta ieri alle 17 la terza edizione del Gay Pride di Milano. Migliaia di persone (oltre 50mila, secondo gli organizzatori) hanno infuocato le strade del centro durante il lungo corteo che da via Palestro è terminato al Castello Sforzesco. Lo slogan parla chiaro e si riferisce ai Pacs, ossia i contratti di unione civile già esistenti in Francia.
«La nostra – spiega Franco Grillini, presidente onorario del’Arcigay – è una battaglia per la legge sul riconoscimento delle coppie omosessuali e dei loro diritti, così come avviene già in 12 paesi europei su 15».
Il caldo torrido non ha fermato la voglia di festa dei partecipanti, che hanno dato vita a una coinvolgente kermesse fatta di musica, colori, coriandoli e palloncini. Grandi arcobaleni a simboleggiare la pace e ‘amore sovrastano i camion sui quali ci sono decine di persone che ballano. Tanta gente ai bordi delle strade cercava di ripararsi dal sole cocente, applaudendo il corteo al suo passaggio.
Fra le canzoni che hanno fatto da colonna sonora alla sfilata quelle di Heather Parisi, Abba, Richy Martin, Village People, Geri Halliwell e ‘immancabile Raffaella Carrà
Al’altezza di Palazzo Marino i partecipanti hanno intonato la canzone di Caterina Caselli «Nessuno mi può giudicare» e invitato il sindaco Albertini, che si trova in Medio Oriente, a partecipare al corteo. Davanti al Duomo migliaia di persone hanno cantato ‘inno italiano.
La festa è continuata fino al Castello senza incidenti.
Vario il look dei partecipanti. Dallo street style di alcuni a quello più originale di altri, che si sono cimentati in travestimenti curati nei minimi dettagli.
«Questa – contnua Grillini – non è stata solo una grande manifestazione di massa, ma di popolo. Sono migliaia i cittadini che si uniscono alla nostra battaglia». Ma più che di battaglia ieri per le strade di Milano ‘era aria di festa. Una coppia ha detto: che male facciamo se anzichè una donna vogliamo amare un uomo?». Verrebbe proprio da dire contenti loro, contenti tutti.
Da "Il Corriere della Sera" del 22.06.03
Gay pride, migliaia alla sfilata in centro. «Diritti alle coppie di fatto»
LA MANIFESTAZIONE
La voce di Caterina Caselli, dagli amplificatori sui camion colorati, rimbalza dritta su Palazzo Marino mentre il variopinto corteo gay continua a sfilare festoso e danzante: «Nessuno mi può giudicaaare nemmenooo tu!». Coro: «La veritààà mi fa male lo so!…» . E il segretario milanese dei Ds, Pierfrancesco Majorino, mentre il corteo si avvia alla sua conclusione in piazza Castello chiosa che «è stata una bella manifestazione e sarebbe stato bello se anche il sindaco Albertini avesse partecipato, per dimostrare che era manifestazione di tutta la città senza appartenenze politiche. Speriamo che lo faccia in futuro». Del resto Albertini in questi giorni è in Giordania. Si è svolto così senza alcun incidente e anzi in un clima di festa ‘appuntamento milanese con il Gay Pride, la sfilata per ‘«orgoglio gay» che per il terzo anno consecutivo – dopo ‘anticipazione di qualche settimana fa a Bari – ha avuto luogo tra le vie di Milano. Un appuntamento al quale hanno risposto in tanti, anche probabilmente se non così tanti come orgogliosamente («Siamo cinquantamila!») hanno ripetuto gli organizzatori al microfono: forse cinque-diecimila, secondo le stime della Questura.
Al seguito dello striscione con lo slogan-guida «Patti, non parole», il corteo è partito da via Palestro ed è stato coreograficamente simile a quelli delle edizioni precedenti. Con i ragazzi a torso nudo, le drag queen, tante coppie di uomini e donne ‘ogni età a tenersi per mano, e rappresentanze di tutte le principali associazioni omosessuali a rivendicare – una volta di più – soprattutto il riconoscimento dei diritti civili per le coppie di fatto: «Così come avviene – spiega Paolo Ferigo, portavoce del coordinamento Arcobaleno e presidente del’Arcigay di Milano – in quasi tutti gli altri Paesi ‘Europa». «Quella di oggi – ha aggiunto il parlamentare diessino nonché presidente onorario di Arcigay, Franco Grillini – si è confermata una grande manifestazione di massa e di popolo: una manifestazione che ormai coinvolge migliaia di persone omosessuali, ma anche migliaia di cittadini che si riconoscono in una battaglia che ques’anno chiede con forza una legge che riconosca le coppie omosessuali e i loro diritti, così come già accade – ha voluto ribadire anche lui – in 12 Paesi europei su 15».
«Non si tratta più – intervengono Marta e Silvia, interrompendo per un istante di ballare – di rivendicare "tolleranza", che indica comunque una forma di subalternità. Noi chiediamo pari diritti. E ci sembra semplicemente ovvio chiederlo».
Da "La Repubblica" del 22.06.03 di STEFANO ROSSI
A torso nudo in piazza Duomo Sfila l´orgoglio omosessuale
Ieri pomeriggio il corteo del Gay Pride da Palestro al Castello Sforzesco. Striscioni per chiedere il riconoscimento dei matrimoni misti come avviene in quasi tutta Europa. Canti e balli sotto un sole cannibale e un´afa da incubo. Slogan contro il Vaticano e un presidio a Palazzo Marino
Gridano «Abbasso il Vaticano, abbasso il papa!» davanti al Duomo, poi intonano Fratelli d´Italia con la mano sul petto nudo, muscoloso, glabro e abbronzato. Infine, urlano a squarciagola l´antico inno dell´avanspettacolo: «Ma’ndo vai, se la banana non ce l´hai?». Chi sono? Quelli del Gay Pride 2003, che malgrado la recente maxi manifestazione nazionale di Bari ieri hanno voluto partecipare anche alla marcia milanese, da Palestro al Castello Sforzesco, camminando, ballando, dimenandosi sotto un sole cannibale e in un´afa da incubo.
In circa 10.000 (addirittura 50.000 secondo gli organizzatori) se la sono presa con le gerarchie ecclesiastiche, Wojtyla in testa, per la pubblicazione a cura del Pontificio consiglio per la famiglia del Lexicon familiare: «Dice che un bambino adottato da una coppia omo è facile preda delle pulsioni sessuali dei genitori», si grida dal camion dell´Arci gay. La procura di Bologna ha respinto il sequestro chiesto dall´Agedo, Associazione genitori di omosessuali, ed ecco la risposta della piazza: «Ma sprofondasse il Duomo e tutti i preti che ci sono dentro!». I pochi signori, un po´ attempatelli, che sfilavano dietro lo striscione degli «omosessuali cristiani» probabilmente non avranno gradito.
Ce n´è anche per il sindaco Albertini, da sempre invitato a un outing che non arriva mai: «La verità ti fa male, lo sai», è la parafrasi di Caterina Caselli davanti a Palazzo Marino. Inutile l´invito ad Albertini a scendere per unirsi alla festa. Ieri era in viaggio in Medio Oriente. Archiviati gli aspetti polemici, tema del Gay Pride milanese resta quello che Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay e deputato ds, definisce «l´ultimo tassello della riforma civile del Paese», vale a dire i Pacs, i Patti civili di solidarietà, insomma il riconoscimento delle unioni gay-lesbiche per legge come avviene, insiste Grillini, «in 12 Paesi dell´Unione europea su 15».
A questo inneggiano slogan e striscioni mentre sfilano i gay effeminati, i trans dalle forme generose e generosamente esibite, i machos tutti muscoli, gli «orsi» borchiati e pelosi, ragazzine adolescenti che si tengono per mano: «La novità è che ci sono molti giovanissimi – spiega Grillini – e questo significa due cose: che non è vero che siano disimpegnati e che hanno meno paura dei loro fratelli maggiori. Sono i figli di chi ha fatto il’68, una generazione che ha iniziato la rivoluzione sessuale ma verso l´omosessualità aveva resistenze fortissime. Da genitori, finalmente, hanno capito».
Se finalmente i genitori hanno capito, se da un pezzo hanno capito i venditori (il pubblico gay, ambitissimo, ha una forte propensione al consumo), il centro di Milano rintronato dal caldo, assiste indifferente. Le vie delle sedi di banche e assicurazioni dormono mentre un eccellente sound system alterna successi del momento (Asereye), cupezze techno, hit storici (Gianna Nannini, Village People) e nobili anticaglie che vanno da Cicale di Heather Parisi a ritroso fino al Triangolo di Renato Zero, alla Filanda di Milva, al Dadaunpa delle gemelle Kessler.
E mentre il corteo gorgheggia i versi immortali (Hello boys, traversando tutto l´Illinois/ valicando il Tennessee, senza indugio fino a qui/ è arrivato il Da-da-un-pa Da-da-un-pa), compresi i raeliani gay ambasciatori degli alieni (ci saranno alieni gay?), dalla folla si staccano un nero statuario con perizoma e copricapo piumato, due giovanotti a torso nudo e un fatalone di colore in vestito lungo nero. Il gruppetto si infila in un bar, dove il barista li accoglie impassibile: «Cosa prendete?». Milano è la più grande città omosessuale italiana, un motivo ci sarà. Se poi è per la forza della ragione o per quella dei danée magari è meglio pensarci domani.