Da "’Unità" del 25.02.04 di Roberto Rezzo
Bush, la crociata contro i matrimoni gay
George W. Bush
George W. Bush è entrato in campagna elettorale impugnando una delle questioni più controverse in vista delle presidenziali di novembre: i matrimoni gay."È necessario un emendamento costituzionale per impedire che sia stravolto per sempre il significato del matrimonio in America – ha dichiarato martedì mattina il presidente in diretta televisiva dalla Casa Bianca – La voce della gente deve essere ascoltata". Bush ha scelto di ascoltare quella della destra religiosa, dei fondamentalisti cristiani, insorti contro le licenze matrimoniali rilasciati alle coppie dello stesso sesso dal Comune di San Francisco. "Chiedo al Congresso di approvare senza indugio e di far ratificare a tutti gli Stati del’Unione un emendamento alla Costituzione che definisca e protegga ‘istituto del matrimonio come unione esclusiva di un uomo e una donna, marito e moglie. Bush si è scagliato contro i "giudici attivisti" della Corte suprema del Massachusetts, che ha definito u’intollerabile forma di discriminazione impedire agli omosessuali di sposarsi fra di loro, e contro il sindaco democratico di San Francisco, Gavin Newsom, rei di contraddire "due secoli di giurisprudenza negli Stati Uniti e u’esperienza tramandata da migliaia di anni nella storia del’umanità". Bush ha lasciato aperta la porta delle unioni civili per gli omosessuali, anticipando che non avrà obiezioni se i singoli Stati decideranno di sancire unioni diverse dal matrimonio.
"Vergogna! – ha tuonato il senatore democratico Ted Kennedy commentando ‘iniziativa della Casa Bianca – In tutta la storia americana non è mai accaduto che si modifichi la costituzione per negare un diritto a una parte dei cittadini. Semmai è succeso ‘esatto contrario, per estendere diritti a chi non li aveva". Condanna unanime da parte delle organizzazioni gay e di tutte quelle che si battono in difesa dei diritti civili. Le coppie già sposate annunciano battaglia legale a oltranza per veder riconosciuto il matrimonio celebrato a San Francisco in tutti gli Stati Uniti e intanto cominceranno a presentare al fisco federale una dichiarazione dei redditi congiunta, calcolando gli stessi benefici riconosciuti alle coppie eterosessuali.
La messa al bando chiesta da Bush non avrà vita facile. La Costituzione americana è stata sinora emendata 27 volte. Un emendamento richiede ‘approvazione al Congresso con una maggioranza superiore ai due terzi e i repubblicani – pur controllando Camera e Senato – non dispongono di questi voti. Il capogruppo alla Camera si è detto comunque intenzionato a porre in voto ’emendamento "entro la fine del’anno", senza precisare se prima o dopo le elezioni. La posizione del Partito democratico rimane ambigua, nonostante le autorevoli prese di posizione contro ’emendamento costituzionale invocato da Bush. John Kerry, senatore del Massachusetts, candidato di punta dei democratici per la Casa Bianca, si è espresso a favore delle unioni civili, ma contro i matrimoni dei gay, entrando in rotta di collisione con gli alti giudici del suo stesso Stato.
Martedì Kerry ha affrontato uno nuova tornata elettorale in Idaho, Utah e Haway. Secondo i sondaggi vincerà a mani basse contro ‘altro sfidante democratico, il senatore della Carolina del Nord John Edwards che sostiene a spada tratta il protezionismo e ‘abolizione del Nafta ma rivela la sua inesperienza in politica estera: non sapeva della minaccia di sanzioni commerciali da parte del’Europa.
Una posizione comune i due candidati ‘hanno dovuta prendere contro i propri colleghi democratici al Senato, che si preparano a votare con i repubblicani una legge che impedisca ai commercianti ‘armi di essere citati in giudizio per risarcimento dalle vittime di un crimine o dai loro familiari. È accaduto per il caso dei due cecchini che hanno terrorizzato Washington, una tragedia partita con il furto di un fucile. Un ragazzino di 16 anni, John Lee Malvo, è entrato in u’armeria e ne è uscito con un fucile in mano senza neppure passare per la cassa. Un disegno di legge aspramente criticato dai capi della polizia e dalle organizzazioni della società civile come un "regalo al’industria delle armi, rappresentata dalla National Rifle Association, che mette a repentaglio la sicurezza della gente. Molti deputati democratici, soprattutto quelli provenienti dagli Stati agricoli, temono però di non essere rieletti se dovessero trovare contro la potente macchina di propaganda della Nra.
Da "Il Manifesto" del 25.02.04 di FRANCO PANTARELLI
Nozze gay il bando di Bush
Il presidente annuncia un emendamento alla Costituzione degli Stati uniti «per difendere ‘istituzione fondante della nostra civiltà, il matrimonio tra uomo e donna». Sarà un processo lunghissimo, di anni, ma forse gli porterà voti nelle prossime presidenziali e potrebbe dividere i democratici. Proteste delle comunità gay, applausi dei gruppi ultraconservatori
NEW YORK. George Bush lo aveva annunciato durante il discorso sullo Stato del’Unione di due settimane fa, rispondendo alla sentenza della Corte suprema del Massachusetts che dischiarava «incostituzionale perché discriminatoria» la proibizione ai gay di sposarsi; poi lo aveva ribadito ‘altro giorno dicendosi «turbato» da ciò che stava avvenendo nel comune di San Francisco (oltre tremila licenze di matrimonio concesse a coppie gay, in una specie di grande festa nella piazza principale della città più «liberal» ‘America). Ieri lo ha ufficializzato: vuole un emendamento alla Costituzione degli Stati uniti che metta al bando in modo inequivocabile il matrimonio fra persone dello stesso sesso. «Mi rivolgo al Congresso – ha detto Bush ieri mattina nella sala Roosevelt della Casa bianca (cui di solito si ricorre per dare particolare solennità agli annunci presidenziali) – affinché passi prontamente e spedisca agli stati un emendamento alla nostra Costituzione che definisca e protegga il matriminio come u’unione fra uomo e donna, un marito e una moglie… ‘istituzione fondante della nostra civiltà va protetta».
‘ possibile che Bush, non essendo la larghezza di vedute il suo forte, sia davero «turbato» dal’idea che due uomini o due donne possano sposarsi, ma di sicuro il suoi turbamenti maggiori, in questi giorni, vengono dai numeri continuamente forniti dai sondaggi che mostrano non proprio facile la sua rielezione e che indicano come preoccupazione numero uno, nella popolazione americana, un problema su cui lui può fare ben poco (dopo averlo creato) di qui al voto di novembre: la mancanza di posti di lavoro. Così, eccolo rispondere agli appelli accorati (ma anche minacciosi) della sua «base», i fondamentalisti religiosi del sud, affinché intervenga su questo problema dei matrimoni gay – che oltre tutto promette anche di allargarla, quella base.
Per essere approvato, infatti, un emendamento alla Costituzione (il cui progetto esiste già, è stato presentato da una deputata del Colorado di nome Marilyn Musgrave) deve ottenere una maggioranza dei due terzi alla camera, la stessa maggioranza al senato e poi una maggioranza dei tre quarti dei parlamenti di ognuno dei cinquanta stati. Questo vuol dire che il processo è tanto lungo che si può contare in anni, ma vuol dire anche che un risultato positivo è ottenibile solo se ’emendamento è approvato anche da una parte consistente del’opposizione. Dunque i democratici, e in primo luogo ovviamente il loro candidato alla Casa bianca, saranno costretti a pronunciarsi e quindi a camminare sul’asse sospeso fra il sostegno ai diritti degli omosessuali e il timore di dispiacere quella parte di elettori meno pronta a riconoscere tali diritti – una parte che al momento appare largamente maggioritaria: attorno al 65 per cento, secondo alcuni sondaggi.
John Kerry, a tut’oggi il più probabile candidato democratico, ha già detto di approvare le «unioni civiche» fra gay che riconoscano loro tutti i diritti riservati ai coniugi «normali» – la proprietà in comune, ‘estensione del’assistenza medica, ‘eredità, per non parlare di tutte quelle situazioni (per esempio i casi di ricoveri ‘urgenza in ospedale) in cui «solo i familiari» sono amessi – senza però chiamarle «matrimoni». Ma questo è proprio il punto della recente sentenza della Corte suprema del Massachusetts, secondo cui la negazione di quella parola costituisce una sorta di «marchio di distinzione in negativo» impresso sulle coppie gay, che costituisce di fatto una discriminazione.
Oltre tutto, se il parlamento del Massachusetts non varerà una legge per impedirlo (e finora non ‘è riuscito, tanto che il dibattito è stato sospeso) la sentenza della Corte suprema diventerà esecutiva e in questo stato si annuncia «u’altra San Francisco». Che stavolta avrà ‘avallo del massimo organo giudiziario dello stato. Qualcosa di simile potrebbe avvenire in California, dove il sindaco di San Francisco Gavin Newsom, ‘artefice della «grande festa», si è già rivolto alla Corte suprema contro ‘ingiunzione del governatore Arnold Schwarzenegger di fermarsi.
Insomma quella «confusione» cui Bush ha detto di voler porre fine con ’emendamento sembra destinata a salire. Che succederà, per esempio, alle coppie sposate nel Massachusetts che si trasferiscono in un altro stato? E che succederà con i cittadini americani sposati in Canada, dove i matrimoni gay sono stati riconosciuti in due importanti province? «La verità vera – diceva giorni fa il New York Times – è che ‘opposizione ai matrimoni fra gay nasce dalla paura che si dimostri nei fatti che quei matrimoni non costituiscono un pericolo per nessuno».
Il paese intanto reagisce spaccandosi. Durissime, ovviamente, le organizzazioni gay: per la National Gay and Lesbian Task Force, uno dei movimenti di punta, ‘annuncio di Bush «è una dichiarazione di guerra al’America omosessuale… un insulto alle nostre famiglie, alla nostra dignità, al nostro contributo alla vita di questa nazione». Protestano anche i (pochi) gay del partito repubblicano, riuniti nel gruppo Log Cabin Republicans: «Con ‘annuncio di oggi il presidente ha messo a rischio il voto di omosessuali che nel 2000 si erano schierati per lui». Di contro, veementi applausi dagli iperconservatori come il reverendo Louis Sheldon della Traditional Values Coalition: «Matrimoni gay, unioni civili, partnership domestiche sono tutte parti dello stesso piano per dare una parvenza di normalità al comportamento omosessuale, ma Bush lo smaschererà».
Da "La Repubblica" del 25.02.04 di VITTORIO ZUCCONI
Bush contro i matrimoni gay "Cambiamo la Costituzione"
La Casa Bianca: "La voce del popolo deve prevalere sui giudici attivisti". Negli Usa sono già 38 Stati su 50 a consentire le "unioni civili". Il presidente appoggia un emendamento per rendere ufficiali solo le unioni fra uomo e donna
WASHINGTON – Quella frontiera della libertà che Bush vuole esportare nel mondo, non deve estendersi alla libertà di sposarsi per i gay. Ha tracciato la sua linea elettorale sulla sabbia e ha detto «no» al matrimonio fra cittadini dello stesso sesso. Il «conservatore compassionevole» ha ancora una volta scelto la conservazione e non ha avuto compassione dei mille e quattrocento cittadini che da dieci giorni fanno la fila davanti al municipio di San Francisco per ottenere una licenza matrimoniale e su chi fa il tifo per loro dal resto del Paese nel silenzio di una speranza impronunciabile. Ha annunciato che proporrà di cambiare la Costituzione americana per stabilire una volte per tutte che il matrimonio è riservato a persone di sesso opposto.
«La voce del popolo deve prevalere sulle decisioni di giudici attivisti», ha detto Bush con uno slogan classico, riferendosi alla sentenza della Corte Suprema del Massachusetts che aveva riconosciuto il diritto a chiunque, gay o non gay, di sposarsi civilmente e pensando ai sondaggi che indicano l´opposizione di una maggioranza di interrogati. Dobbiamo «impedire che il significato del matrimonio venga cambiato per sempre». «Oggi Bush ha dichiarato guerra ai diritti civili dei cittadini americani omosessuali e, cosa anche più grave, ha dichiarato guerra al più sacro documento della nazione», ha commentato con enorme amarezza un leader della comunità gay, il commentatore e attivista Andrew Sullivan, che pure si era schierato incondizionatamente con Bush per l´intervento in Iraq e l´esportazione armata della democrazia.
Per mesi Bush aveva tentennato, alludendo ma senza sporgersi troppo, lasciando intravvedere senza decidersi, nella speranza che la propria popolarità e il consenso patriottico attorno alla sua guerra avrebbero garantito la vittoria alle presidenziali, senza dover tagliare questo nodo costituzionalmente intricato e moralmente esplosivo. Ma il collasso nei favori popolari e l´inaspettata forza iniziale degli oppositori democratici in novembre, Kerry o Edwards, hanno riportato il timor di Dio tra i suoi strateghi elettorali. Occorreva urgentemente assicurare almeno la fedeltà della «destra cristiana» fondamentalista e intollerante. «Se non prendessimo provvedimenti, ci dovremmo aspettare nuove sentenze e nuove decisioni arbitrarie di amministratori locali».
E´ stata dunque la sfida alla legge del sindaco di San Francisco Gavin Newsom, che ha improvvisamente e arbitrariamente deciso di concedere licenze matrimoniali a gay e lesbiche scandalizzando addirittura «the Gropinator», il palpeggiatore e governatore Schwarzenegger, a spingere Bush alla proposta di questo «Federal Marriage Amendment» che deve «definire una volta per tutte la natura del matrimonio» e impedire che «decisioni e legislazioni locali creino confusione negli Stati Uniti». La apparente contraddizione fra il dogma storico della destra repubblicana e federalista che vuole la massima autonomia delle amministrazioni locali contro il «centralismo statalista» delle sinistre non turba Bush. I sondaggi dicono che la maggioranza dei cittadini non approvano il «matrimonio gay». E lui, che aveva promesso solennemente di «non guardare ai sondaggi per governare» nella campagna del 2000, guarda ai sondaggi e si schiera: tra il 60 e il 70 per cento dei cittadini si oppongono.
Ma volere non significa avere, neppure in una repubblica Presidenziale e soprattutto se si vuole modificare un documento come la Costituzione americana dove la parola «matrimonio» non compare mai e invece «ogni discriminazione su base di razza, credo, origine etnica e sesso» è espressamente vietata. Aggiungere un 28esimo articolo ai 27 che emendano la Costituzione è un processo complicato e concepito proprio per evitare che la tirannide della maggioranza o gli umori di un Presidente possano modificare il documento fondamentale della storia e della democrazia americana, sul quale giurano i soldati come i governanti.
Per divenire legge, un emendamento deve essere approvato separatamente da Camera e Senato, con una maggioranza dei due terzi. L´articolo approvato deve poi passare all´esame dei 50 Stati che lo devono accettare anche loro con voto dei due terzi delle proprie assemblee legislative e in un numero di stati, di nuovo, che non sia inferiore ai due terzi. Occorre dunque un consenso nazionale schiacciante – la formula dei due terzi ovunque – perché la Costituzione sia emendata e questa certezza collettiva e preponderante per negare il diritto di matrimonio (civile) agli omosessuali, non esiste. Al contrario, l´opposizione a questa «empietà» come la chiama Ralph Reed, il leader dei 30 milioni di elettori della Coalizione Cristiana, è in continua erosione. 38 stati su 50 consentono già l´"unione civile" ed escludere la formula del «matrimonio legale» per coppie ormai legate da un contratto formale davanti alla legge sembra, almeno ai «giudici militanti» una distinzione moralistica, ideologica e punitiva, che appartiene alla sfera delle fedi, non della Costituzione civile.
Ecco appunto la necessità elettorale di introdurre una modifica alla Costituzione per stroncare la marcia degli omosessuali verso una unione sancita dai singoli stati, come per secoli fu bloccata l´empietà della «miscegenation», del matrimonio fra bianchi e neri. E´ altamente improbabile che il 28esimo emendamento anti-gay possa essere approvato nei pochi mesi prima delle elezioni. Ma non è salvare la santità del sacramento matrimoniale, che comunque rimarrebbe, nella propria forma sacramentale, affidato alle religioni e alle fedi, è salvare il proprio trono, distraendo l´opinione pubblica dai problemi dell´economia e della guerra, con un dibattito nazionale che lui si augura, ipocritamente, che sia «civile e composto». E soprattutto metta nei guai gli avversari democratici che leggono anche loro gli stessi sondaggi e brancolano nell´incertezza e nell´ambiguità.