Viviana Loprieno «Ho 24 anni e voglio cambiare il mondo»

  

Di Viviana Loprieno, nella lista Ds per le regionali in Puglia, colpisce la voglia di spendersi col sorriso.

Viviana Loprieno

Viviana Loprieno

La foto dei manifesti elettorali parla già da sé. Scattata il giorno dopo ‘8 marzo, con gli occhi ancora semi chiusi per aver fatto tardi con le amiche, dopo due ore di pose, Viviana dice: «Facciamone una per gioco». La molletta è a portata di mano, regge una fotografia nello studio, e nasce ‘idea: «È un voler comunicare ai più smaliziati che a volte occorre tapparsi il naso. Non ho niente da perdere, quindi perché non osare?». Davvero, perché? «Ho accettato la candidatura perché sono giovane e come tutti i giovani che si rispettino ho la voglia di migliorare il mondo in cui viviamo. Ho accettato per arrivare a tutte le persone omosessuali emarginate e sole e dimostrare che i diritti esistono e non sono u’utopia, che il rispetto è dovuto e doveroso, che la credibilità da parte del mondo non si guadagna rinnegando la propria natura». Parole sante.

Comincia da volontaria. «Ho iniziato rispondendo al telefono amico del’Arcigay. Le voci delle persone sono disperate. Telefonano dal foggiano, dalle altre province della Puglia, e vedono in noi u’isola felice. Ho capito che ‘era molto da fare». Pochi mesi e Viviana Loprieno diventa presidente del circolo Arcigay di Bari. È giovanissima, appena 24 anni, è una delle poche responsabili donna del’associazione.

«Genuinità e semplicità sono ingredienti indispensabili. Spesso li abbiamo noi giovani. Non è vero che si vuole che i giovani vadano avanti, chi decide ha troppo spesso i capelli bianchi». Lei vuole decidere per poter cambiare le cose. Da dove cominciare? «Il circolo “G. Forti” di Bari è l’unico in tutta la Puglia e tra i pochi presenti nel’intero Mezzogiorno, e non perché qui da noi ci siano meno gay, lesbiche e trans . Diventata presidente nel giugno 2004 ho trovato le associazioni lontane tra loro e le istituzioni indifferenti. Ho cercato di raccordare tutti». L’effetto Pride del 2003 non ha portato nulla? «Ha portato in piazza 50mila persone. È stato un momento importante per la città, ma ‘omofobia resta strutturale nella nostra regione. Un esempio? Occorre fare corsi di formazione per operatori sanitari, educare i medici al linguaggio. I ginecologi danno per scontato che una donna abbia rapporti con un uomo. E gli psicologi dei consultori? Tanti gay e lesbiche "scoperti" in famiglia vengono portati al consultorio e si sentono dire che sono malati e che possono guarire. Assurdo. Bisogna fare molto». Certo, in Puglia come nel resto di Italia. «U’associazione da sola non ce la fa, devono intervenire le istituzioni».


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