Il Pacs che unisce e divide

  

Se di Pacs oggi si parla solo ogni tanto, dopo qualche affermazione di questo o quel politico, o qualche evento particolare, arriverà un momento in cui questo tema dovrà diventare di dibattito pubblico, argomento di discussione della gente, così come a suo tempo lo sono stati il divorzio e ‘aborto. Perché i Pacs rappresenterebbero la traduzione nel’ordinamento giuridico di comportamenti sociali e personali che – piaccia o non piaccia – sono senza dubbio diffusi e accettati nella maggioranza della società. E, in questi termini, la mancanza di una regolamentazione delle coppie di fatto rappresenta un altro di quei ritardi tutti italiani per cui ‘orientamento dello Stato è completamento scollato dai comportamenti della gente.

Queste le basi condivise da Sergio Lo Giudice (Presidente nazionale di Arcigay), Franco Corradini (Capogruppo Ds in Comune a Reggio), Stella Borghi (rappresentante della Rosa nel Pugno) e Fabio Astrobello (rappresentante della Sinistra Giovanile in tema di diritti civili), che martedì 7 marzo sono intervenuti al dibattito organizzato da Arcigay Reggio, “La legge che manca. La legge che regolamenta le coppie di fatto”. Il dibattito – moderato da una nostra collaboratrice, Sabrina Rosati – non ha potuto tralasciare il nodo politico che il tema ha creato in vista delle elezioni. Perché se i Pacs sono uno dei punti di contrapposizione fra il centro sinistra e il centro destra, hanno creato non pochi problemi al’interno del’Unione.

Chi da anni chiede a gran voce ‘introduzione dei Pacs (primi fra tutti gay, lesbiche, bisex e transgender), infatti si aspettava dal programma di Prodi un impegno preciso verso il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto. Ma nel programma firmato dalle forze di centro sinistra si parla solo di riconoscimento dei diritti individuali di chi fa parte delle coppie di fatto. Un riconoscimento a metà quindi, prodotto del compromesso fra le richieste delle forze più di sinistra e quelle della Margherita e di Mastella che di coppie di fatto vere e proprie sembrano non voler sentir parlare. Di fronte a questo compromesso la comunità glbt (gay, lesbo, bisex e transgender) si è sentita tradita e presa in giro, considerandolo un riconoscimento al ribasso, mentre i Ds sono stati attaccati da più fronti, accusati di non sostenere con abbastanza forza questa battaglia. E così mentre Lo Giudice affermava che “siamo rimasti delusi da come ‘Unione ha accolto le nostre istanze anche perché i Pacs sono la versione light delle richieste della comunità glbt, la condizione minima oltre la quale non si può scendere”, Franco Corradini ha dovuto rispondere alle accuse di Stella Borghi (“I Ds non hanno avuto il coraggio e la forza di arginare i diktat della Chiesa gerarchica e delle forze politiche che si sottomettono a queste direttive”) e ribadire la volontà dei Ds di “voler introdurre i Pacs nella versione dei Pacs, di volere battersi per questo riconoscimento politico, animando il dibattito nella società e cercando di convincere con il dialogo e la discussione chi ha dei dubbi”.

“Discussione e movimento sulle strade, nella società certamente – sostiene ancora Stella Borghi – anche per dimostrare che le direttive vaticane sono lontane dal sentire della società, dallo stesso mondo cattolico. Perché qui si tratta della libertà del singolo di decidere della propria vita. Un valore che è bandiera per noi della Rosa nel Pugno”. E se in vista del 9 aprile, i Pacs hanno una chiara valenza politica, non bisogna dimenticare il loro essere strumento per ‘eguaglianza dei diritti civili e per la libertà, in primo luogo degli omosessuali e delle coppie omosessuali. “Prima di tutelare la coppia di giovani fidanzati o i divorziati che vivono insieme, il Pacs serve alle coppie omosessuali che non hanno altri modi per legittimare la loro unione – ribadisce infatti Lo Giudice, che continua – i Pacs sono il primo passo per la lotta alla discriminazione e al razzismo crescente verso gli omosessuali e la loro identità”. E allo stesso modo Fabio Astrobello sostiene che “i Pacs sono strumenti per la difesa dei diritti civili, per la tutela di chi risulta più debole perché emarginato e considerato diverso”. “Non dimenticando – continua Astrobello – che attraverso i Pacs si possono sostenere e incoraggiare le coppie giovani che vogliono sperimentare la propria indipendenza in una società in cui affitti e lavoro precario non aiutano certo ad uscire di casa”.

Sul piatto, dunque, sono molti i temi e le considerazioni. Anche se tutti sono consapevoli che il primo obiettivo è vincere le prossime elezioni altrimenti i Pacs rimarranno ancora u’idea sulla carta. Per questo Arcigay (anche in risposta ad una lettera di Prodi che ribadiva ‘impegno del’Unione a relazionarsi con la comunità glbt e con le richieste del pieno riconoscimento dei loro diritti) ha confermato che pur non riconoscendosi nel programma appoggerà le forze del’Unione che più si sono battute per i Pacs. “La priorità è mandare a casa chi ha offeso profondamente la dignità di gay e lesbiche. Tuttavia non mancheremo di farci sentire per reclamare, come ci è dovuto da uno Stato che osi dirsi democratico, la piena uguaglianza giuridica e la piena inclusione civile e sociale”.

UN PASSO INDIETRO
A Reggio si è parlato di Pacs anche il 4 marzo scorso in un incontro organizzato dal Forum Provinciale delle Associazioni familiari di Reggio Emilia, in cui il giornalista Emilio Bonicelli ha intervistato ‘avvocato Giuseppe Pannuti sul’opportunità di “Riconoscere le convivenze? Riconoscerle per legge e indipendentemente dal sesso dei partner?”. Toni e premesse della discussione sono state certamente molto diverse e legate agli orientamenti della Chiesa. In premessa ‘avvocato Panutti, ha infatti affermato “domandarsi quale sia la differenza fra una famiglia legittima e le coppie di fatto è un triste segno dei tempi” e “noi siamo contrari alle unioni di fatto non perché cattolici ma perché usiamo la ragione”. ‘incontro dal titolo “Un pacs indietro” ha avuto come obiettivo principale quello di discutere (o meglio di presentare univocamente, visto che ‘incontro non ha previsto alcun dibattito con il pubblico: si è detto infatti che ‘intervista rappresentava di per sé un dibattito e che certamente il giornalista avrebbe interpretato al meglio i dubbi della platea) le differenze giuridiche fra quella che si considera una “famiglia legittima” e una “coppia di fatto” nonché la differenza fra un matrimonio e un Patto civile di Solidarietà (i Pacs appunto).

Con riferimenti giuridici e considerazioni riprese dal Magistero della Chiesa si è parlato di unioni di fatto, e di Pacs in particolare, come di una concezione individualista e poco responsabile del’unione fra due persone, non rappresentativa dei bisogni della società, accusandoli poi di essere un esclusivo strumento strategico e politico delle coppie omosessuali per ottenere il riconoscimento di una loro dimensione privata. In questo contesto, infatti, ‘omossessualità è stata vista non come la possibile identità di una persona, ma come un comportamento personale che non deve diventare metro per regolare comportamenti pubblici. Il Pacs dunque è stato identificato come uno strumento su cui è inconcepibile fondare una famiglia, perché la famiglia – dal punto di vista giuridico si fonda sul matrimonio fra due persone di sesso diverso.


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