I gay e le lesbiche, credenti oppure no, escano dalle catacombe

  

“I gay e le lesbiche, credenti oppure no, escano dalle catacombe. Siano presenza forte e visibile nella Chiesa e nella società, ma anche spina nel fianco della politica”. Da Udine decisa sollecitazione alla visibilità, alla responsabilità e alla cittadinanza attiva di tutti i membri della comunità Glbt, da parte del rappresentante del gruppo di cristiani omosessuali “Il Guado” di Milano, Gianni Geraci, e del segretario nazionale dell’Arcigay Aurelio Mancuso, che afferma: “I Dico, Diritti dei conviventi, rischiano di essere cancellati dall’allargamento al centro di un ipotetico Prodi Bis, ed è per questo dovremo essere tantissimi a manifestare in piazza a Roma per i diritti civili il 10 marzo prossimo”. I due esponenti del movimento omosessuale italiano a Udine sono stati protagonisti di un partecipato incontro sul tema “Omosessualità e Fede Cattolica: un binomio ancora possibile nell’Italia dei Dico?”

“Per l’attuale gerarchia cattolica, la Conferenza episcopale italiana del card. Ruini e il Vaticano di papa Ratzinger, siamo noi gay e lesbiche l’ultima spina nel fianco e l’ultima frontiera. Hanno chiesto perdono a tutti, tranne che ai “sodomiti” arsi sui roghi. Ecco perché, soprattutto se siamo credenti, abbiamo il dovere di fare una battaglia forte, molto determinata, per diventare visibili e per essere protagonisti nel nostro futuro”. Non usa mezzi termini Aurelio Mancuso, segretario nazionale dell’Arcigay, e gay credente, a Udine per la conferenza sul tema “Omosessualità e fede cattolica: un binomio possibile nell’Italia dei Dico?”, proposta e organizzata giovedì 22 febbraio 2007 al caffè Caucigh di via Gemona a Udine dal Comitato provinciale Arcigay Nuovi Passi di Udine e Pordenone e da Arcilesbica Udine.

A fianco di Mancuso, al tavolo dei relatori, c’era Gianni Geraci, del gruppo cristiani omosessuali “Il Guado” di Milano, che ha portato la sua coraggiosa testimonianza di gay credente da anni impegnato per una riflessione culturale e spirituale sul tema del dibattito e per una presenza incisiva e visibile degli omosessuali credenti all’interno della Chiesa cattolica intesa come “assemblea dei fedeli in cammino”, o “popolo di Dio”. A introdurre l’incontro, molto partecipato dalla comunità gay e lesbica friulana, credente e non, è stato il presidente dell’Arcigay di Udine e Pordenone, Daniele Brosolo, mentre nel ruolo di moderatore del dibattito c’era il vicepresidente Guerrino Dipierro.

La responsabilità dell’essere credenti

Il primo a intervenire è stato Gianni Geraci, che dopo aver spiegato, in forza dei suoi studi teologici, alcuni concetti base del cattolicesimo nel loro sviluppo storico dalle origini a oggi, cioè dal Concilio di Nicea indetto dall’Imperatore romano Costantino nel IV secolo al Concilio Vaticano II, ha sottolineato come “essere cattolici significhi innanzitutto confessare che Cristo è il Signore, attraverso i tre capisaldi dell’esperienza, del Magistero e dell’ascolto della Parola di Dio. Nessuno di questi capisaldi può essere trascurato, e l’esperienza, legata alla propria vita e all’impegno per una testimonianza credibile — ha rilevato — impone innanzitutto responsabilità, nei confronti di se stessi e degli altri”.

Essere cattolici, dunque, ha proseguito Geraci, “non può significare buttare a mare la coscienza e prendere per oro colato quello che viene detto dalla gerarchia, ma anzi, il cattolico che ha una fede adulta — ha ribadito – ha il dovere di formare la propria coscienza e di fare apertamente i conti con la propria esperienza affettiva e anche sessuale. Così ogni omosessuale credente non può prescinderne, a meno che non voglia cadere nell’ipocrisia che il Vangelo condanna più volte in modo molto severo, mentre non condanna l’omosessualità”. E l’omosessualità, invece di essere un ostacolo lungo il cammino del credente, “può essere considerata — ha detto Geraci — un dono prezioso per l’acquisizione di una fede più consapevole e matura”.

Certi “direttori spirituali” nella Chiesa cattolica che hanno la tendenza a dire “dimentica, sopprimi, cambia, guarisci”, ha sottolineato ancora il rappresentante de “Il Guado”, “sono degli irresponsabili che istigano i fedeli all’irresponsabilità, spingendoli perciò a comportarsi in modo difforme dagli insegnamenti che Gesù ci consegna nel Vangelo”.

Lo scandalo “attivo” della visibilità

Geraci ha anche esaminato l’evoluzione dell’atteggiamento delle Gerarchie Cattoliche nei confronti dell’omosessualità negli ultimi decenni: dagli anni Settanta, durante i quali si registrò una certa apertura “alla comprensione dell’omosessualità”, anche attraverso documenti ufficiali, a partire dal 1994 a oggi, cioè da quando Ratzinger divenne Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, i vertici del Vaticano hanno sviluppato, invece, una crescente paura dell’omosessualità “che non piace quando diventa visibile- ha affermato Geraci —, quando è vissuta dignitosamente, quando è integrata nel resto della vita sociale e comunitaria”.

Battaglia, quella della Chiesa Romana, “che è diventata ancora più aspra quando si è iniziato a chiedere il riconoscimento di qualche dignità alla coppia stabile che esprime una vera relazione affettiva”. Così la Gerarchia “si è incamminata lungo una china che nulla ha a che fare con il messaggio evangelico”, ha commentato Geraci. “Dovere degli omosessuali credenti che amano la Chiesa — ha detto anche il rappresentante de Il Guado —, è metterla di fronte agli errori, a costo di essere scomodi, per chiedere alla fede cattolica di essere davvero universale come si professa, cioè accogliente e inclusiva di tutte le differenze”. Stoccata finale di Geraci ai “neocon”, stile Marcello Pera e Giuliano Ferrara, “che non sanno nulla di fede e di valori e però si genuflettono ai diktat dell’Oltretevere”. “Voglio una Chiesa dove si fa sentire la voce dello Spirito Santo, e non quella di Giuliano Ferrara. Ma se Ferrara sta con Ruini — ha concluso —, sono sicuro che lo Spirito Santo sta con noi”.

Monocultura clericale e società bloccata

“Dirigente dell’Arcigay nazionale e credente militante, ma senza contraddizioni”, si è definito Aurelio Mancuso, per aver fatto un percorso di crescita e di maturazione di una fede adulta in seno alle correnti del “cattolicesimo democratico”. “Ho risolto il mio tema personale anni fa — ha raccontato —, e mi rivolgo ai miei fratelli e sorelle gay e lesbiche credenti dicendo loro che il vero problema è lo stare zitti, non prendere la parola o nascondere la propria vita sessuale e affettiva”.

Serio apprezzamento per l’apertura del Concilio Vaticano II, “che però è stata sepolta dall’avvento di papa Woityla e del prefetto Ratzinger”. Oggi prevale in Italia una pericolosa “monocultura” che parla sempre con le stesse voci (Ratzinger, Ruini, Betori), sostenuta dagli “atei devoti”. “E poi c’è una politica molto debole — ha sottolineato Mancuso —, nella quale non si registra alcuna volontà di vero cambiamento del ceto politico”. Così, secondo il segretario Arcigay, “viviamo oggi in una società bloccata, dove persino l’autonomia dello Stato italiano, della nostra Repubblica, è messa in discussione”. Sbaglia, però, il movimento omosessuale italiano, ha detto Mancuso, “se pensa che basti combattere la politica del Vaticano per vincere la nostra battaglia in Italia. La “guerra” si vince — ha precisato — prima di tutto dentro il popolo gay. A partire da quello che continua a rendersi complice restando in silenzio. So quanta fatica e difficoltà costi emergere dal nascondimento — ha ammesso —, ma davvero non possiamo più stare zitti”.

Potere clericale, poteri forti e naufragio dei Dico

La Chiesa Cattolica, contando su straordinari finanziamenti da parte dello Stato, “continua a esercitare il suo giogo attraverso il denaro, anche se scarnificata nei valori, perché sostenuta dal “trono”, cioè da un potere politico a sua volta svuotato dai valori — ha sottolineato Mancuso — che le permette di essere un quinto potere dentro lo Stato. E questa ferita sta dentro il cattolicesimo e rappresenta un fatto oppressivo per gli stessi credenti”. Così siamo in un Paese “dove nemmeno un disegno di legge “pasticciato” come quello dei Dico può essere approvato”, ha proseguito il segretario Arcigay. Il vero tema che inquieta i vertici della Chiesa Cattolica resta, ha convenuto Mancuso con Geraci, “il riconoscimento della cittadinanza omosessuale in questo Paese, grazie al quale noi gay e lesbiche siamo diventati il maggiore assillo di Ruini e Ratzinger, perché la nostra visibilità pubblica in Italia porrebbe la Chiesa davanti al dramma di una risposta che non è stata mai data”. Diventa perciò importante esserci comunque in piazza il 10 marzo, per la grande manifestazione promossa dall’Arcigay sul tema dei diritti civili. “Serve una comunità visibile, forte, di contrasto nella società — ha detto Mancuso —; dobbiamo essere dove c’è ogni campanile, in ogni parte del territorio, e dobbiamo convincere molti altri gay e lesbiche a uscire dalle catacombe, che siano credenti oppure no”.

Sinistra tiepida, Destra avversa. E i Dico restano al palo

Poi un riferimento chiaro al tema politico del giorno, la possibile riformazione del governo Prodi. “Se ci sarà un Prodi bis — ha dichiarato il segretario nazionale Arcigay -, sarà attraverso un accordo con i centristi, e le nostre questioni saranno le prime a essere tagliate”. Parole profetiche, visto che proprio al termine dell’incontro udinese, si è diffusa la notizia che i Dico non figuravano tra i dodici punti d’intesa che i leader dell’Unione si sono detti disposti a sostenere “senza sì e senza ma” in un eventuale secondo governo Prodi. “Come movimento che ha il dovere di difendere la dignità degli omosessuali — ha concluso Mancuso — non possiamo non intervenire quando le Gerarchie cattoliche ci attaccano. Ma un altro fronte è quello della politica, dove la stessa sinistra va convinta che il clericalismo fa male alla società e anche alla stessa Chiesa”. Strali conclusivi al centrodestra da parte di Geraci, che ha denunciato: “Se la sinistra è tiepida nei confronti delle nostre istanze, il centrodestra, che non ha alcuna idea dei valori sebbene li sbandieri continuamente, non ha alcuna intenzione di appoggiare le nostre richieste e si conferma naturale alleato della Cei nella costruzione di una lobby di potere”.

Interessante, al termine dei due interventi, il dibattito con quesiti dal pubblico, tra cui molti gay e lesbiche, ma anche più di qualche eterosessuale e anche un sacerdote, parroco in Udine. Moderatore il vicepresidente Arcigay Udine Dipierro, che con il presidente Brosolo ha sottolineato la volontà del Comitato provinciale di Udine e Pordenone di tenere viva la discussione e l’attenzione della comunità glbt friulana su questi temi.


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