Ferigo: “Nessuno ha cercato di aiutarmi”

  

Sono stati sospesi in attesa di accertamenti i due dipendenti Atm coinvolti nell´episodio di aggressione al presidente provinciale dell´Arcigay Paolo Ferigo, durante una cena in pizzeria in via Cadore.

Paolo Ferigo

Paolo Ferigo

E da più parti sono arrivati a Ferigo attestati di solidarietà. Dai Ds a Rifondazione comunista, da Roberto Caputo dello Sdi, al presidente della Provincia Penati, da Barbara Pollastrini, ministro per le Pari Opportunità, fino a Pier Gianni Prosperini, consigliere regionale di An, proprio l´uomo che aveva detto che per gli omosessuali ci voleva la garrota. E anche la Comunità ebraica esprime preoccupazione: «È solo l´ultimo episodio di una scia di intolleranza e violenza, dall´attacco alla libreria Babele a quello contro la moschea mussulmana del Coreis, alle intolleranza verso i Rom». Mentre GayLeft chiede al sindaco Moratti di istituire un osservatorio comunale sul crimini d´odio, Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay, denuncia «il silenzio assordante delle gerarchie cattoliche».

Paolo Ferigo, come spiega quel che è accaduto?

«Ultimamente succedono cose che prima non succedevano: le scritte alla libreria Babele o, per esempio, l´aumento di segnalazioni di violenza verbale verso gay e lesbiche. Forse c´è qualcuno che si sente più libero di dare sfogo ai propri odi. D´altra parte, quando Prosperini dice che dovremo essere garrotati, poi ci può essere qualcuno che pensa davvero di farlo».

Come è andata martedì sera?

«In quella pizzeria vicino alla nostra sede ci andiamo spesso. Eravamo 4 donne e 4 uomini, stavamo parlando della riunione che avremmo avuto dopo. Di fianco cenavano due dipendenti Atm. Hanno continuato a fare battutine, a prenderci in giro. Ma non abbiamo reagito».

E allora come mai lei è stato picchiato?

«Mentre uscivo, alla fine della cena, con i miei due piccoli cani, c´è stata una battuta pesante. Uno dei due ha detto: "Oh, cani da lecca". Io mi sono fermato e l´ho guardato negli occhi, non per sfidarlo, ma per dimostrargli la mia dignità. Mi è arrivato alle spalle e mi ha dato un ceffone. Era molto aggressivo, ha tentato di venirmi addosso più volte, dicendomi "Non mi devi guardare negli occhi, io non sono omosessuale, ti spacco la faccia" e poi anche "Se ti trovo da solo ti ammazzo". Mi ha strappato il giubbetto jeans, lussato un pollice. Se n´è andato con il camioncino Atm solo quando ha capito che stavamo chiamando i carabinieri, arrivati dopo mezz´ora».

Chi l´ha aiutata?

«Solo i miei amici. I gestori della pizzeria non hanno mosso un dito. Idem le 10-15 persone ai tavoli».


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