L’Islam e l’omosessualità

  

I recenti episodi di Perugia rendono evidente, se ve ne fosse bisogno, che esiste nel nostro Paese una diffusa rete di luoghi, moschee, associazioni, che si ispirano alle teorie più estremiste del'Islam. Sappiamo che la stragrande maggioranza dei musulmani italiani sono persone tranquille, lontane anni luce dal fanatismo e dal terrorismo. Contribuiscono, con fatica, in assenza di reali politiche di welfare, al benessere del nostro Paese. Ma questo continuo evidenziarsi di zone dove si coltivano idee violente deve preoccuparci. Hanno ragione le grandi associazioni musulmane quando chiedono a gran voce regole precise per aprire moschee, quando propongono la costituzione di un gruppo nazionale di saggi e dottori della fede che analizzi la mappa dei luoghi di culto e possa intervenire in caso di associazioni fasulle, ha ragione la leader delle donne musulmane quando sottolinea che molti degli imam che si spacciano per tali, non hanno alcuna formazione religiosa, ma solamente politica. Le proposte per arginare il fenomeno sono, quindi, state già messe in campo dalle stesse comunità islamiche italiane, bisogna che il governo le assuma e le faccia proprie.

 

C'è però da fare di più. Bisogna lavorare con più coraggio nei confronti del'intero variegato mondo musulmano italiano, che è ben altra cosa rispetto al fanatismo, ma che però continua ad avere un atteggiamento di esclusione rispetto alle persone omosessuali. Non ci possono essere fraintendimenti rispetto ai diritti e doveri fondamentali del'uomo, delle donne, delle libertà individuali e sociali. In questo senso, la vicenda della sottoscrizione di un documento di impegni precisi da parte delle associazioni facenti parte della Consulta nazionale, non è risolta. E come gay dobbiamo fortemente spingere affinché su questi punti ci sia chiarezza. Sappiamo bene quanti gay e lesbiche provenienti dai paesi islamici vivano nel nostro paese in una condizione di doppia clandestinità: irregolare per lo Stato italiano, reietti per le proprie comunità. Li incontriamo nelle nostre sedi e in diversi luoghi, spaventati e senza tutele; molte volte essi stessi negano il proprio orientamento sessuale perché provenienti da culture storiche in cui 'omosessualità non è contemplata.

 

L'oggettiva condizione drammatica di questi nostri fratelli e sorelle, è il sintomo più evidente di quanta sia diffusa 'ostilità delle comunità musulmane nei confronti de'omosessualità. Ciò ci deve incitare a prendere la parola, così come giustamente facciamo nei confronti di altre confessioni religiose, prima fra tutte quella cattolica. Essere accoglienti, a favore del'attraversamento tra le varie civilità e culture, significa anche mettere in chiaro che rispetto ai diritti civili nessuno sconto è possibile! Ci sono stati in questi anni approcci positivi tra la comunità lgbt e i giovani musulmani, con diverse associazioni di migranti, ma dobbiamo sapere che al di là delle buone intenzioni di alcune élite, il tema del reciproco riconoscimento è tut'altro che risolto. La reciprocità, la difesa comune delle libertà individuali e collettive, la libertà di culto, la libertà di orientamento sessuale, sono i temi su cui non è stato ancora possibile fare un ragionamento sereno nemmeno dentro il movimento lgbt. Invece è giunta 'ora di dirsi fino in fondo la verità. 'estremismo che sia cattolico o che sia islamico è per noi un oggettivo pericolo, che va combattuto con decisione e senza rimozioni di comodo. Lo dobbiamo certo a noi stessi, alla coerenza delle nostre battaglie, ma soprattutto ai tanti e troppi gay che vengono uccisi, incarcerati, torturati, nei paesi teocratici islamici, dove la libertà e la democrazia sono due termini inesistenti.


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