FIRENZE. «La discussione politica che si è sviluppata intorno a questa mostra fa capire quanto è basso il livello culturale nel nostro paese – attacca Bert D’Arragon, presidente di Arcigay Toscana – Tutti si sono precipitati a scagliare dogmi ed anatemi dalle proprie roccaforti ideologiche integraliste, dimenticando che “Vade Retro” è in primo luogo una mostra d’arte, e che l’espressione artistica elabora liberamente gli aspetti della vita e non deve essere censurata, imbavagliata o condannata».
“Vade retro”, mai titolo fu più appropriato, tanto che nella nuova versione è stato cassato. La mostra, curata da Eugenio Viola, si chiama solo “Arte e Omosessualità”. Sia come sia, non ha avuto vita facile fin dall’inizio, e anche se dopo essere stata annullata a Milano sbarca finalmente a Firenze, alla Palazzina Reale della Stazione Leopolda dal 27 ottobre al 6 gennaio, è orba del patricinio del Comune, che si è tirato indietro perchè, secondo le parole dell’assessore alla Cultura Giovanni Gozzini, «dopo esserci consultati con Francesco Bonami, ex direttore della Biennale di Venezia ed esperto d’arte contemporanea, riteniamo che la qualità delle opere non sia adeguata. Mi auguro che non ci siano polemiche».
Speranza vana. Anche perché la mostra censurata a Milano, trattata come una patata bollente da Napoli e Roma, e sbarcata a Firenze, monca, è organizzata da Vittorio Sgarbi, che le polemiche le mangia a colazione. Già a Milano, di fronte ai no del sindaco Moratti e del vicesindaco De Corato, Sgarbì replicò: «I capi delegazione riuniti nel convento delle Carmelitane con suor Letizia hanno dettato le regole». Con l’assessore fiorentino Gozzini non è stato più tenero: «E’ una capra che non capisce nulla di arte», né lui né Bonami.
E mentre la politica fiorentina si divide, con An che si schiera contro la mostra perché «offende la cultura cattolica» e i gruppi consiliari di Pcdi, Sinistra Democratica, Prc e Unaltracittà che sottolineano come negare il patrocinio alla mostra sia «un atto oggettivamente censorio», l’Arcigay toscana reagisce con una lettera infuocata ai giornali: Bert D’Arragon ha accusato Firenze di cerchiobottismo, superficialità e tradimento: «Gli amministratori pensano agli equilibri politici dell’attuale mondo partitico così piccolo e stucchevole, e tradiscono come se niente fosse proprio quei valori che hanno reso Firenze famosa nel mondo come culla d’arte e roccaforte della libertà d’espressione». Poi si scaglia contro l’assessore Gozzini: «si è addirittura cimentato in una frittata social-psicologica: ha spiegato ai gay che fanno solo provocazioni e rivendicazioni che ormai sono passati di moda. Ma come possiamo smetterla con le rivendicazioni se non finisce la scandalosa negazione in Italia di quei diritti che altrove sono garantiti?»
La mostra ha diviso, oltre al mondo politico, anche quello degli artisti e degli intellettuali. Il pittore Pomodoro rifiutò di ospitare una delle opere censurate nel suo spazio milanese, come gli aveva chiesto Sgarbi. Gad Lerner invitò gli imprenditori gay a boicottare Milano
Ma perché questa mostra scatena polemiche e non la vuole nessuno? Domanda dalle tante risposte. Perché è brutta? E chi lo stabilisce? In nome dell’arte contemporanea si è visto di tutto senza alcuna polemica. Perché tratta di gay e lesbiche? «L’omosessualità è un tema artistico come altri – dice Bert D’Arragon – e ridurre la discussione a scelte ideologico-politiche è uno spettacolo pietoso». E allora, sarà mica perché la scultura “Miss Kitty” di Paolo Schmidlin raffigura un anziano travestito che somiglia in modo impressionante a Papa Ratzinger? Certo che sì, lo ha già affermato il curatore della mostra Eugenio Viola in un’intervista a Exibart. Forse la classe politica italiana è più arretrata dei cittadini che governa, forse è spaventata dalle possibili reazioni vaticane
Ma tranquilli, a Firenze quasi sicuramente “Miss Kitty” non ci sarà. E anche se monca e senza patrocinio del Comune, la mostra sull’arte omoerotica si farà grazie a Grandi Stazioni, società del gruppo Ferrovie dello Stato per la riqualificazione e la gestione, anche commerciale, delle tredici maggiori stazioni italiane. Probabilmente ci ha visto l’affare, e spera che nel periodo natalizio la mostra si affolli di curiosi, in modo da staccare biglietti come foglie dagli alberi. Se la gente non si è stufata di questa mostra prima di vederla.
Nata male, finita peggio
14 Giugno. L’annuncio che la mostra “Vade retro, omosessualità e arte” aprirà al palazzo della Ragione a Milano dal 4 luglio suscita le prime curiosità, ma niente polemiche. Si parla già di “mostra kolossal”.
11 Luglio. L’inaugurazione viene continuamente rimandata. Il sindaco di Milano Letizia Moratti chiede di eliminare, anche dal catalogo, una decina di opere. L’assessore alla cultura Sgarbi annuncia che vieterà l’ingresso ai minori di 18 anni. Grillini (Ds) commenta: siamo al ridicolo.
12 Luglio. Sgarbi ritira il divieto eliminando però dall’esposizione due opere: la scultura del milanese Paolo Schmidlin “Miss Kitty” raffigurante un travestito seminudo con le fattezze del volto di Papa Benedetto XVI, e un quadro dei ConiglioViola che riproduce una manipolazione della foto di Sircana rubata da un paparazzo ma con un Nazareno prezzolato al posto della prostituta transessuale. Forse per smorzare le polemiche, Sgarbi annuncia che acquisterà l’opera di Schmidlin per 25mila euro.
13 luglio. Alla vigilia dell’inaugurazione, “Vade retro” viene annullata. Lo decide lo stesso Sgarbi che rivela di aver telefonato a Berlusconi perché convincesse la Moratti a recedere dalla posizione assunta sulle opere da eliminare: «Missione fallita. Di fronte alla censura la soluzione più concreta è la censura estrema e quindi la cancellazione della mostra».
14 luglio. Mentre montano le polemiche nel mondo artistico e politico, parte il toto-mostra: accetteranno le città governate dal centrosinistra (si parla di Torino, Roma, Firenze o Napoli) quel che Milano ha rifiutato? Intanto, gli organizzatori del Mardi Gras di Torre del Lago annunciano di voler portare la mostra in Versilia. E le opere censurate, grazie a Telelombardia, diventano visibili in rete su You Tube.
17 luglio. La mostra censurata resta in ballo tra Napoli e Roma. Ma Rosa Jervolino sindaco di Napoli temporeggia, e il ministroMastella insorge: «Napoli non è lo scarto di Milano». A Roma non se ne fa niente: si teme la reazione del Vaticano.
26 luglio. Mentre sfuma, pare per motivi economici, la candidatura di Napoli, a Milano Sgarbi ci riprova: spera che la mostra possa aprire a Palazzo della Ragione con il patrocinio del Comune, allestendo poi da sole a Palazzo Reale le opere censurate. Ma anche questo tentativo fallisce. La mostra non s’ha da fare.
13 settembre. Dopo che per tutto agosto si sono rincorsi i se, quando e dove, Firenze sembra in pole position, ma esce sul sito Gay.it la notizia che la mostra potrebbe essere allestita nel vecchio Casinò di Campione d’Italia, pronto a investire 230mila euro.
4 ottobre. E’ deciso: “Vade retro” si farà a Firenze, ma senza il patrocinio del Comune, che giudica le opere di scarso valore artistico.
Non si sa nemmeno cosa vedremo
Forse non ci sarà Miss Kitty, la scultura ispirata al Papa
FIRENZE. Non si sa nemmeno cosa vedremo. A sei giorni dall’inaugurazione, l’organizzazione della mostra “Arte e omosessualità, da Van Gloeden a Pierre e Gilles” è ancora incerta: alla trevigiana Artematica non sanno ancora se ci sarà la tanto vituperata scultura di Paolo Schmidlin “Miss Kitty” evidentemente ispirata al Papa, ed è invece certo che la foto dei ConiglioViola su Sircana e il transessuale non ci sarà. Non solo: alcuni artisti e soprattutto i collezionisti, visti l’eccessivo clamore intorno alla mostra e il mancato supporto delle istituzioni, hanno deciso di ritirare le opere in loro possesso.
Quali siano, difficile dirlo: c’è chi dice che probabilmente mancheranno perfino le opere di Pierre e Gilles, che sono nel titolo della mostra. E poi, “Miss Kitty”, non l’aveva acquistata Vittorio Sgarbi? Sembra strano che dopo averla fortemente voluta l’agguerrito critico d’arte non la presti più. Ma siamo nel campo delle ipotesi: a tutt’oggi, possiamo solo essere certi che ci saranno opere di Robert Mapplethorpe, Bruce Weber, i fumetti di Tom of Finland.
Non resta che attendere e vedere se «Arte e Omosessualità» sarà davvero la più grande mostra realizzata in Italia sul tema: 150 artisti, per ripercorrere a partire dalle fotografie arcadiche del barone von Gloeden le tappe dell’immagine omoerotica, da Herb Ritts a Andy Warhol, da Tamara De Lempicka a Carol Rama, da David Hockney a Andy Warhol, passando per le peregrinazioni identitarie di Ugo Rondinone, Yasumasa Moritura, Eva & Adele, con uno sguardo all’estetica camp di James Bidgood recuperata in anni più recenti da David Lachapelle, fino a Maurizio Cattelan che rivisita “Tarzan e Jane”.