Non avevo dubbi che la campagna promossa dalla Regione Toscana, che
ritrae un’immagine sfocata di un bambino/a dormiente con un
braccialetto con la scritta “homosexual”, avrebbe scatenato una
polemica infuocata fuori e dentro il movimento lgbt. Ci si interroga
giustamente se il manifesto non sia troppo provocatorio, o non induca a
pensare, come affermano alcune ricerche che omosessuale si nasce; altri
ed altre indicano nella scelta di utilizzare una immagine di un bambino
sia,un’opzione pericolosa che crea divisioni e inutili esasperazioni.
Come sempre i bravi esperti in comunicazione centrano l’obiettivo
quando scatenano reazioni di diversa natura. Personalmente trovo la
scelta azzeccata perché, un neonato suscita sentimenti di rispetto, di
tenerezza, di innocenza, quindi, il manifesto dice: cambia qualcosa se
vi diciamo che potrebbe essere omosessuale? L’Arcigay di Bologna
qualche anno fa fece una bellissima campagna dove in un manifesto si
ritraeva un pompiere che salvava dalle fiamme una persona, la frase
sottostante era proprio “Cambia qualcosa se vi diciamo che è
omosessuale?”
Bene a sentire le spiegazioni fornite
dall’Assessore regionale Fragai, da chi ha concepito la campagna, il
punto è proprio questo: l’omosessualità è una condizione naturale,
percentualmente rilevante, socialmente emersa grazie ad un grande
impegno da parte dei movimenti di liberazione sessuale, quindi, eccola
qui, fin dalla sua possibile nascita. Una condizione che poco importa
se sia genetica, sviluppata con l’esperienza, scelta nel tempo e così
via. Non attardiamoci a dar retta proprio noi a disquisizioni para
scientifiche, della psicanalisi da quattro soldi, o d’interpretazioni
politiche di decenni fa. Il tema non è questo e sarebbe curioso ci
dividessimo per inseguire attardate polemiche. Abbiamo giustamente
mandato all’aria convinzioni radicate da secoli, sulla normalità
eterosessuale, sull’immutabilità dei comportamenti sessuali, sulle
gabbie culturali e sociali che hanno impedito l’armonioso
riappropriarsi del proprio corpo e della sua messa in sintonia con le
individuali aspirazioni. Se tra esponenti del movimento lgbt, delle
donne, della cultura, c’inchiodassimo in questa discussione
arretreremmo inesorabilmente sul terreno della disquisizione teorica
sul perché si è omosessuali. Questo livello non è accettabile perché lo
abbiamo superato da tempo, anche elaborando, non da sole e non da soli,
che la sessualità è complessità, è dispiegamento d’orientamenti,
comportamenti, pratiche che difficilmente possono essere incasellati,
perché ognuna/a ha il diritto all’unicità e all’autodeterminazione.
E’
solo per comodità politica, di battaglia sociale e culturale, pur
esprimendo alcune declinazioni (eterosessuale, lesbica, gay,
bisessuale, transessuale, ecc.) che anche noi siamo costrette e
costretti catalogare. Ma sappiamo che anche in questo modo
restringiamo, alziamo recinti e specifichiamo avventurandoci sui
terreni scivolosi dell’esplicazione di sensibilità ed intimità vaste e
plurali.
Per tornare alla campagna, mi sembra che il messaggio
indichi una possibile strada per l’abbattimento dei pregiudizi contro
l’omosessualità e cerca di far riflettere, come ha giustamente rilevato
Bruno Pompa del direttivo del Cassero di Bologna, in un suo
bell’intervento in un mailing list, “tutti i genitori, o i potenziali
genitori, su una caratteristica che potrà essere anche del loro
figlio”. Di Bruno è anche la riflessione precedente sui sentimenti che
suscita l’immagine di un neonato.
Mi sembra che la lettura di
Bruno Pompa possa appartenere a tutte e tutti noi, respingendo al
mittente le solite e barcollanti teorie genetiche, che guarda caso in
decine d’anni, spendendo miliardi di dollari, non sono riuscite a
“scoprire” se omosessuali si nasce, tralasciando il dubbio, del come si
“nasce” eterosessuali. Io, come tante e tanti, ho scelto di rendere
pubblico e sociale il mio orientamento sessuale e questo ha un valore
politico dirompente, perché ha in una parte del mondo cambiato la
convivenza e migliorato le condizioni di vita, rimane tanto da fare;
per questo ritengo che quella piccola donna o piccolo uomo, mi
rappresenti.