Una manciata di anni fa Pier vittorio Tondelli ci regalava una pagina culturale indimenticabile, che non posso non ricordare oggi, guardando i lividi lasciati sul mio corpo dalle dichiarazioni violente di un uomo di Dio.
"Io non posso amare la religione del concilio e della pena. Io vorrei amare la religione della pienezza. Vorrei essere felice nella mia religione" – scriveva un Tondelli amareggiato dall’immobilismo dei suoi tempi. Vent’anni dopo, mi trovo a scorrere di nuovo questi passi con trasporto, cercando il sintomo, la matrice comune, la chiave attraverso la quale dare un senso, oltre il ciclico cinismo ecclesiastico, alla brutalità del presente.
E’ vergognoso il pretesto, è riprovevole l’atto. Ancora una volta, la Chiesa usa, alimentandolo, il pregiudizio antiomosessuale, in modo indecoroso e inaccettabile. Per coprire, offuscare, ammantare, in modo del tutto consapevole, le proprie deviazioni patologiche, il Cardinale Bertone ci prende in prestito, ci usa, ci strapazza, ci getta in pasto alle bocche affamate di verità per distrarle con i nostri corpi.
L’omosessualità non è una malattia, al contrario della pedofilia. Sono una donna lesbica e amo perdutamente la mia compagna. Nè io, nè la famiglia Maura e Giulia, possono accetare tale e tanta violenza verbale. L’inganno indecoroso di chi usa me e la mia amata compagna come scudo o coperta con cui difendersi dalle proprie malefatte fa rabbrividire.
Inviterei le gerarchie ecclesistiche, che si dicono vicine alla Legge di Dio, a riflettere, sulla violenza e sulla infondatezza di affermazioni che legano l’omosessualità alla pedofilia.
Riflettesero sulla deriva violenta interna alle proprie gerarchie e trattenessero la rabbia per la fuga di verità, su chi davvero ha commesso questi riprovevoli atti. Questo il mio invito accorato.
L’Amore è la legge di Dio in cui voglio credere. Il perdono per parole al veleno e guerre contro contro chi, come me, si macchia della sola colpa di un Sentimento pulito e assoluto, per una persona del suo stesso sesso adulta e consenziente, arriverà quando avrò accesso alla saggezza. Non posso non scorgere dietro queste parole la paura di chi sente tremare le stanze del pregiudizio e dell’esclusione.
Arrivano i giorni nei quali Maura e Giulia sono donne libere, che amano, che condividono l’esistenza nella propria casa, che carezzano gli anni che passano con dolcezza, immaginando i tratti del proprio figlio. Le ragioni di questo presente brutale stanno scritte in questo futuro inclusivo e diverso, che chi ama può osservare, da lontano farsi sostanza, ancora pallida, eterea, ma sostanza.
Maura Chiulli