Cambio di sesso, si farà solo “fuori orario”

  

Gli interventi chirurgici per il cambio di sesso diventano a Trieste, già centro italiano di eccellenza per queste complesse operazioni, un «progetto» a parte, da svolgersi pagando ore aggiuntive al personale, con fondi richiesti alla Regione, e usando il sabato quando le sale operatorie non hanno calendario, perché durante la settimana viene data precedenza ai malati tumorali e altro spazio non c’è. Il reparto di Urologia, diretto da Emanuele Belgrano, ha sommato intanto 811 persone in lista d’attesa, non tumorali, e 47 per il cambio di sesso.
Il direttore generale Francesco Cobello risponde: «Con le risorse che ho faccio quello che posso». Si conferma ciò che il prof. Carlo Trombetta, coordinatore del Cedig (Centro per il supporto al disturbo delle identità di genere) ha denunciato nei giorni scorsi, lamentando di avere una sala operatoria a disposizione anziché due, con attese di ben quattro anni per i pazienti con disturbo di genere. Il caso è diventato un’interrogazione parlamentare dei radicali, a firma di Rita Bernardini, che chiede ragione di questa mancata tempestività «che aumenta la difficoltà e il disagio di queste situazioni», citando i 450 interventi fatti a Trieste in 18 anni. In una nota ufficiale la direzione ospedaliera «precisa che proprio per ovviare alle liste di attesa per questi interventi nel novembre 2011 è stato avviato uno specifico progetto finanziato con risorse aggiuntive regionali, per quanto prima consentire di sviluppare un’attività di grande rilievo per l’Azienda ospedaliero-universitaria». La nota cita l’aumento del 7% di attività complessiva nelle sale operatorie: «In base agli obiettivi prefissati dalla Regione è stata data priorità ai malati oncologici». Specifica Cobello: «Abbiamo un progetto di ore aggiuntive per fare queste operazioni il sabato. L’ho detto già a novembre al prof. Trombetta di allestire un progetto, ma non l’ho ancora visto. Non ho assolutamente nulla contro le operazioni di cambio del sesso, è una cosa di assoluta civiltà, per chiarire la cosa mercoledì incontrerò l’Arcigay. Comunque ribadisco che il “target” della nostra Azienda è oncologico, prima di tutto dobbiamo occuparci degli interventi salvavita, per il cambio di sesso aspetto ancora il progetto». «Operavamo 1200 persone all’anno, a Urologia – rincara Trombetta -, ora con una sala di meno siamo a 600, la lista d’attesa è pazzesca, e siamo noi medici ad affrontare i pazienti, operazioni di prostata, calcolosi, varicocele e così via non vengono fatte, se oggi avessi le sale ci metterei un anno solo per operare chi aspetta, mentre io e il chirurgo plastico Zoran Arnez siamo costretti a operare i cambi di sesso all’interno dei nostri master». (g. z.)


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