Ancora una volta il PD ha confermato la sua vocazione conservatrice e le clamorose ambiguità che lo collocano nella preistoria della politica, tra singulti vetero-comunisti e penitenze cattolico-tradizionaliste. Il no ai matrimoni tra persone dello stesso sesso espresso dall’assemblea nazionale del partito è l’arroccamento di una nomenclatura che rifiuta il rinnovamento che viene dal basso e svela la totale incapacità del partito di interpretare un ruolo politico moderno, progressista e di sinistra.
Avere impedito un voto su un tema così profondamente correlato alla realizzazione del principio di eguaglianza non può trovare nessuna giustificazione se non nel rifiuto preciso e secco dell’eguaglianza stessa. Con questo no il PD si assume la responsabilità di fronte alla storia di rappresentarsi come portatore di apartheid.
Chi mortifica la rivendicazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso non è credibile nella rivendicazione di nessuna istanza di eguaglianza in nessun campo dal lavoro, alla salute, alla cittadinanza.
Invitiamo le assemblee locali del partito a dissociarsi da questo voto e ad assumere iniziative concrete di protesta approvando documenti che riconoscano l’eguaglianza delle persone gay e lesbiche ed il diritto fondamentale a sposarsi, senza se, senza ma e senza forse. La base del PD è diversa? Ce lo dimostri una volta per tutte.
Ci sono altri dirigenti, altri uomini ed altre donne, in questo partito, che hanno voglia di costruire il futuro di un paese moderno ed europeo che riconosca a gay, lesbiche e transessuali il diritto alla pienezza dell’eguaglianza e della cittadinanza? Ce lo dimostrino. Bindi e Bersani parlano di “primi passi”? Dopo 40 anni di storia del Movimento di liberazione omosessuale? Con questa Europa? Con questi “passi” il PD non andrà mai da nessuna parte e non contribuirà mai al cambiamento del paese.
Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay