Quindicenne suicida a Roma L’Arcigay: “Deriso a scuola”

  

Studente del liceo Cavour si impicca con la sciarpa. Le associazioni omosessuali accusano, i compagni negano
di VIOLA GIANNOLI e MARIA ELENA VINCENZI

ROMA – Amava vestirsi di rosa, metteva lo smalto. Era omosessuale e non lo nascondeva. Nemmeno se aveva 15 anni, nemmeno se a scuola qualcuno lo prendeva in giro. Sembrava forte, A. S., studente del liceo scientifico Cavour, a pochi metri dal Colosseo. Una forza che non sempre gli adolescenti hanno. Ma che, però, è venuta meno nella notte di mercoledì quando ha deciso di farla finita legandosi una sciarpa al collo dentro casa. E quando il fratellino lo ha trovato e ha chiamato i genitori, era troppo tardi.

A dare l’annuncio agli amici è stata, ieri mattina, la preside. I suoi compagni di classe l’hanno presa malissimo. Hanno scritto una lettera per ricordare A. che, qualche ora più tardi, hanno letto nel cortile della scuola occupata. C’è chi dice che alcuni di loro si siano sentiti in colpa per qualche battuta di troppo. Ce n’erano state anche martedì quando A. si era presentato a scuola con lo smalto. Pare che anche una professoressa gli avesse detto che non era il caso.

Una storia di disagio sulla quale lancia l’allarme il portavoce di Gay Center, Fabrizio Marrazzo. “A quanto pare il ragazzo era gay, cosa nota ai suoi amici e anche ad altri che lo prendevano in giro. Chiediamo che venga fatta luce sulle ragioni del suicidio. E se tra queste ci sono forme di discriminazione per la sua dichiarata omosessualità”.

Insinuazioni alle quali, però, i compagni dicono no. “Era un ragazzo estroverso – raccontano – lo conoscevamo tutti. Vestiva in modo molto eccentrico, ma nessuno lo ha mai discriminato”. Dettagli che emergono anche dal suo profilo Facebook. Nella foto sulla bacheca, A. indossa una maglia rosa. Ha un’espressione divertita. Navigando su internet, però, si trova anche un altro profilo dedicato “al ragazzo con i pantaloni rosa”. Il nome è storpiato, la foto con la parrucca è sua, la bacheca sembra essere curata da qualcun altro che, ogni giorno, annota le sue frasi senza senso. Uno sfottò, certo. Ma nulla di omofobo, più un gioco tra ragazzi. Decisamente troppo per morire a 15 anni.


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