Arcigay parla ferrarese: eletto Flavio Romani

  

Dall’inizio del congresso dedicato a Bassani al trionfo nella corsa al vertice nazionale
Da sinistra Flavio Romani, neo presidente nazionale dell’Arcigay, con Michele Breveglieri eletto segretario dell’associazione
di STEFANO LOLLI «FERRARA mi ha insegnato che nessun pregiudizio è indistruttibile, e che attraverso il dialogo e l’impegno si possono superare problemi apparentemente insolubili». Flavio Romani, 44 anni, esperto di comunicazione e pubblicità, originario di Badia Polesine ma trapiantato da molti anni in città «per lavoro e per amicizie», è il nuovo presidente nazionale dell’Arcigay. Un’elezione annunciata, e con un esito plebiscitario: 140 voti a favore sui 170 che hanno espresso il consenso. Eletti anche il nuovo segretario (Michele Breveglieri, veronese) ed il consiglio nazionale. «Un buon risultato, ma io non guardo solo all’esito personale, pur molto soddisfacente. C’è tanto lavoro da fare: Arcigay è da sempre, nel panorama delle associazioni che si occupano di gay, lesbiche, transessuali, la più rappresentativa ed ha l’onore e l’onere di mettere a valore la propria energia, i progetti, il ruolo politico per incidere sulle grandi questioni sociali. Mi attende un impegno immane sotto il profilo interno, perché la solidità economica è complicata e traballante. Se Arcigay si fermasse, sarebbe un gran problema per tutti». Nel congresso si è parlato di temi rilevanti, dal riconoscimento dei diritti civili alla lotta all’omofobia. «In vista delle prossime elezioni politiche, su questi argomenti dobbiamo batterci perché ci siano norme concrete e giuste». Quanto ha significato svolgere il congresso nazionale a Ferrara? «Personalmente mi ha consentito di giocare in casa, forse mi ha aiutato a battere Paolo Patané (Romani sorride, ndr). In generale, Ferrara rappresenta lo spaccato del Paese: abbiamo aperto il congresso leggendo le pagine degli Occhiali d’oro di Giorgio Bassani, che parlavano dell’Italia del 1936, della difficoltà di svelare e affermare la propria identità. Molto è cambiato, ma resta difficile esporsi, fare coming out’ come si dice in gergo». Tra città e provincia 2600 iscritti: ci sono ancora resistenze, paure? «Ce ne sono sempre. Molti ragazzi vivono con ansia il momento in cui devono dichiarare la propria scelta nella famiglia o fra gli amici, parlare spesso è più difficile che scalare una montagna. In questo senso l’associazione è un valido punto di riferimento. Comunque la situazione, specie tra i giovani, sta migliorando». Vi dovete confrontare con pregiudizi, incomprensioni e attacchi spesso gravi. «Io apro questa mia esperienza di presidente nazionale con un messaggio positivo: chiedo a tutti di parlarci, di misurare le proprie idee ed anche i pregiudizi in un confronto franco e aperto. Mi è capitato, anche qui a Ferrara, che persone che si sono presentate con idee negative o che addirittura ci insultavano, dopo averci conosciuto si sono sciolte ed hanno iniziato a collaborare. E’ capitato in tanti incontri, nella scuola, nei rapporti con il mondo del lavoro». Un identikit degli iscritti all’Arcigay di Ferrara, di cui lascerà la presidenza provinciale dopo nove anni. «Come nel resto dell’Italia, sono rappresentate tutte le categorie, dai professionisti agli operai, dagli studenti ai poliziotti ai disoccupati, purtroppo tanti. Anche il tema del lavoro rappresenta una delle priorità del nuovo lavoro alla presidenza nazionale».


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