Francesco, 20 anni, gay: “Vi racconto sei anni di inferno a scuola”

  

Il più “simpatico” degli insulti gliel’ha regalato un compagno di classe nel corso dell’ora di matematica. Lo ha chiamato ‘Barbie’. Gli altri, invece, sono andati giù pesanti con le parole. Da sei anni un ragazzo di Udine viene vessato dai colleghi di scuola perché omosessuale. Come minimo gli hanno dato del ‘Frocio’, ‘Finocchio’, ‘Checca’. Oggi, a 20 anni, ha deciso di raccontare la sua storia. Ora frequenta l’ultimo anno dell’Istituto tecnico di Udine e ha deciso di raccontare ad alcuni giornali locali il suo inferno a scuola. Anche lui indossa i ‘pantaloni rosa’, come Andrea S., il ragazzino del liceo Cavour di Roma che si è impiccato in casa con una sciarpa perché non poteva più tollerare la derisione dei compagni per il suo orientamento sessuale.

IL RACCONTO – “Sei gay, vergognati”, gli dicono da anni i compagni. Anche i ragazzini del primo anno lo hanno sempre preso in giro. Francesco (nome di fantasia) a un certo punto ha detto basta. Ha sentito il peso degli insulti, e ha deciso di confidare il suo segreto a una compagna di classe. Ma lei al posto di proteggerlo lo ha tradito e ha raccontato “il segreto” al resto della classe. Da allora Francesco, da quando aveva 14 anni, la vita di Francesco è diventata un’inferno. Sono passati sei anni e, dopo aver trovato il coraggio di parlarne apertamente con i genitori, Francesco ha deciso di raccontare la sua storia per evitare che altri studenti siano costretti a subire insulti verbali nelle aule scolastiche dove i gay si sentono ancora emarginati. E racconta di quando, arrivato a scuola, si è trovato in una classe di quasi tutti maschi: “Ero consapevole della mia omosessualità – rivela -, ma sapevo anche che quelle persone non potevano capire il mio stato d’animo e allora ho cercato di soffocarlo fino a quando ho deciso di confidarmi con la mia migliore amica la quale non ha saputo mantenere il segreto e ne ha parlato con un compagno di classe”. E’ stato l’inizio di un inferno fatto “di scritte omofobe sulla lavagna e frasi dette sottovoce nei momenti di silenzio quando io percepivo benissimo che stavano parlando di me”.

LA SVOLTA – E poi gli sms, anch’essi discriminatori: “Dicono che sei gay”. Un tormento che ha condizionato i risultati scolastici dello studente costretto a reagire a una situazione davvero insopportabile. Ha avuto la forza di farlo senza cadere nella disperazione che avrebbe potuto portarlo a gesti anche disperati come quello di Andrea. “Di fronte all’evidenza non potevo più negare” continua Francesco senza accusare i compagni, né i docenti che “pur avendo intuito il problema non hanno fatto niente. Subivo – aggiunge Francesco – pensando ‘devo resistere perché potrebbero dirlo ai miei genitori'”.

I CORSI PER INSEGNANTI – Poi la fortuna ha voluto che Francesco cambiasse classe e si trovasse di fronte a compgani molto più comprensivi e gentili. E con l’aiuto di una compagna, ha trovato la forza di parlarne in famiglia e di stringere la mano del padre quando l’ha accompagnato nella sede dell’Arcigay dove oggi è impegnato a organizzare i corsi sul bullismo omofobico per insegnanti. E già, perché i dirigenti scolastici tendono a dire ‘da noi il problema non esiste'”.


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