Buttafuori contro i gay? Scontro in aula

  

Buttafuori contro i gay? Scontro in aula
La rissa del Just In diventa un tutti contro tutti in tribunale: i ragazzi dicono di essere stati picchiati da bodyguard omofobi, il locale a sua volta si costituirà parte civile contro i clienti

Due gay possono baciarsi davanti a tutti in una discoteca? Non è questa la domanda a cui deve rispondere il processo iniziato oggi a Varese ma è dalla diversa sensibilità mostrata dai buttafuori del locale a questa circostanza che è nata la cacciata di due fidanzati omosessuali dal Just In di Germignaga (foto). Con calci e pugni menati in varie direzioni, ma non si sa bene da chi. Il punto è infatti un altro, ovvero chi abbia picchiato chi, dato che la procura accusa tutti i partecipanti alla zuffa, indistintamente, di rissa (3 buttafuori e 4 ragazzi). Anche se è acclarato dalle accuse che i buttafuori offesero i clienti, e in particolare con frasi dichiaratamente omofobe. Stante l’incertezza sulla vicenda, ecco che oggi i difensori hanno preannunciato una serie di costituzioni di parte civile che trasportano il concetto fisico di rissa, direttamente nel processo. Un buttafuori infatti si costituirà parte civile contro un ragazzo e una ragazza da cui a suo dire sarebbe stato picchiato (prognosi 3 giorni). I due fidanzati gay e i due loro amici si costituiranno parte civile contro i buttafuori per il presunto pestaggio. E persino il titolare della discoteca Just In ha fatto sapere che si costituirà parte civile contro i 4 clienti che evidentemente ritiene i solli responsabili dell’accaduto con il loro comportamento.
Il fatto avvenne il 18 marzo del 2012: Marco Coppola, presidente dell’arcigay di Verbania, denunciò di essere stato aggredito e cacciato dal locale mentre era in compagnia del fidanzato e due amici. La stampa nazionale riportò la vicenda e vi fu la ferma condanna da parte di molti esponenti e associazioni della società civile di tutta Italia.

Baci sul cubo
Ma come andarono le cose? Lo dice la procura nel decreto di citazione a giudizio. La carta afferma che tutto iniziò quando un bodyguard non gradì le effusioni di due ragazzi gay che si baciavano, sul cubo, alle tre di notte. Il buttafuori (uomo di nazionalità marocchina senza contratto regolare) «invitava con energia D.S. e M. C. a scendere da un (cosiddetto) cubo, ove i predetti ballavano, si abbracciavano e si baciavano». L’uomo li apostrofò con frasi ingiuriose del tipo. «Froci di m…, finocchi, andate a prenderlo nel c… da un’altra parte». A seguito di questo episodio, un uomo e una donna aiutarono il ragazzo gay a difendersi, e così dalla parte opposta due buttafuori andarono in soccorso del collega. Risultato: «A ripetizione e in più frazioni temporali si percuotevano, si spingevano e si strattonavano (all’interno del locale, sulle scale, nei locali comuni verso l’uscita)». Alla fine un buttafuori riportò 3 giorni di lesioni, mentre 3 ragazzi ebbero 25, 15 e 15 giorni di prognosi per lesioni.
Fin qui le botte, ma le parole a volte offendono più delle mani. La procura accusa in particolare il buttafuori marocchino di ingiurie, per gli epiteti contro i ragazzi (dichiaratamente omofobi , verrebbe da dire). E poi ci sono anche le ingiurie irripetibili pronunciate da un buttafuori nei confronti dell’unica ragazza presente, e le minacce di un altro bodyguard nei confronti di Marco Coppola.

14/01/2013
Roberto Rotondo


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