Due mamme e una bimba, la condizione più comune tra le famiglie presenti ieri al Parco Rignon. Le coppie di uomini hanno per lo più figli nati da precedenti unioni eterosessuali
La festa delle famiglie “arcobaleno” al Parco Rignon, in contemporanea con altre otto città italiane: “vogliamo diritti e doveri per le coppie dello stesso sesso con figli”
maria teresa martinengoSono tanti i significati e i messaggi lanciati dalla «Festa delle Famiglie» che si è svolta ieri al Parco Rignon, in contemporanea con altre otto città italiane. Una intera giornata animata soprattutto dalle voci divertite dei bimbi, figli di coppie lesbiche di Famiglie Arcobaleno, organizzata con giochi, letture, picnic, merenda «e soprattutto incontri con la gente che la domenica viene al parco a fare una passeggiata, a rilassarsi», sottolinea Silvia Casassa, tra i responsabili dell’associazione di genitori omosessuali. Una domenica tutto sommato «qualsiasi», ma anche con una forte valenza «politica».
Giorno dell’uguaglianza
Ieri la Festa è giunta alla quinta edizione in contemporanea con la 2a Giornata Internazionale per l’Uguaglianza tra le famiglie. «Sono venute ad incontrarci donne che hanno saputo di noi – prosegue Silvia Casassa -, la Festa è servita a far conoscere la condizione di coppie dello stesso sesso con figli. Le persone eterosessuali hanno acquistato soprattutto libri e fatto domande sulle nostre famiglie. La serenità dei nostri bambini credo sia stata la risposta più rassicurante».
Tante mamme pochi papà
Ancora Famiglie Arcobaleno: «La nostra realtà torinese è decisamente femminile, le coppie sono tutte formate da donne. Abbiamo avuto qualche contatto con coppie di uomini, alcune ci seguono da anni, ma per ora non sono arrivati bambini. Il fatto è che per gli uomini realizzare una famiglia è una strada comunque molto difficile. Ma in generale, i bambini nascono. In Italia, tra i nostri soci, ne nascono almeno tre la settimana».
Le richieste al Parlamento
Per questo le organizzazioni che hanno sostenuto la Festa di ieri – con Famiglie Arcobaleno, Legambiente, Amnesty, Coordinamento Genitori Democratici – hanno per il nuovo governo una serie di richieste. «Le famiglie omogenitoriali italiane – riassume Margherita Leonelli di FA – hanno bisogno urgente di una forma di tutela legale che garantisca la continuità affettiva e patrimoniale dei figli nati da coppie omosessuali». Ancora: «Abbiamo bisogno di provvedimenti che rendano la scuola davvero inclusiva e rispettosa di tutte le realtà familiari di oggi, di un salto di qualità nella lotta contro l’omofobia specie nella scuola, nei media, nei discorsi politici. E di pari diritti e dignità, ottenibili solo attraverso l’accesso al matrimonio civile».
I giovani
Al Parco Rignon sono arrivati, tra gli altri, l’assessore comunale alle Pari Opportunità Maria Cristina Spinosa, Enzo Cucco, Donata Prosio coordinatrice del Pride (quest’anno Family Pride, l’8 giugno). Poi, i giovani dell’Arcigay. E il movimento di giovanissimi – dai 14 anni in su – nato pochi mesi fa a Torino, «I’m gay, any problem?». «Il gruppo è nato su Facebook due anni fa, l’ha creato una ragazza di Napoli. La pagina – racconta Martina, studentessa diciottenne – è diventata famosa e ha dato vita a gruppi in molte città. A Torino ci siamo dall’autunno, ci incontriamo una volta al mese. In altre città hanno promosso flashmob in cui si fa “outing” con un bacio, anche noi cerchiamo di organizzare eventi per farci notare. Siamo lesbiche, gay ma con noi ci sono anche amici etero».
I genitori
Ieri erano al parco anche i genitori di figli omosessuali dell’Agedo. «Questa giornata ci rasserena, ci fa guardare al futuro con fiducia che anche per i nostri figli – dice Laura Mariotti – possa esistere una dimensione tranquilla, di famiglia. Che possano avere la serenità che meritano. L’idea di dover crescere con il marchio di essere di serie B è una sofferenza per loro e lo è per noi». E di sofferenza si parla anche perché sono sempre numerosissimi i genitori, padri soprattutto, che quando un figlio si dichiara omosessuale non vogliono capire, ascoltarlo. «La domanda che mi sento rivolgere più spesso dai padri che arrivano da noi – spiega Aldo Gastaldi, papà dell’Agedo – continua ad essere “dove ho sbagliato?”».