Dacia Maraini ricorda Mariasilvia Spolato
Conversazione a cura di Cristina Rubegni
Pescasseroli, agosto 2020
Siamo qui a Pescasseroli, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, ho avuto la fortuna di incontrare una persona davvero speciale con cui condivido l’amore per questa terra e l’ho intervistata per la Rete Donne Transfemminista di Arcigay.
La Rete è uno spazio aperto di elaborazione e confronto, è un collettivo di attiviste di Arcigay: donne lesbiche, bisessuali, trans, asessuali, eterosessuali, queer, intersex, non-binary, non-conforming. Portiamo uno sguardo femminista transfemminista, promuoviamo la visibilità e l’autodeterminazione delle donne, abbiamo costruito un luogo sicuro in cui si fa teoria e pratica femminista.
L’incontro speciale è con Dacia Maraini, una grande scrittrice, poetessa, saggista, tradotta in tutto il mondo, una voce autorevole della cultura italiana.
Dacia Maraini ha scritto “Razzismo Sessuale”, la prefazione al libro del 1972 “I movimenti omosessuali di liberazione” di Mariasilvia Spolato.
Quando parliamo della storia del movimento LGBT in Italia, ci soffermiamo sempre su questa figura che ci è molto cara. Mariasilvia Spolato è stata fondatrice del F.U.O.R.I. e protagonista del primo momento di contestazione della comunità omosessuale in Italia.
L’8 marzo del 1972 a Campo dei Fiori Mariasilvia ha fatto il primo atto di visibilità lesbica in una piazza italiana, portando un cartello con la scritta “Liberazione Omosessuale” – un gesto storico.
La fotografia è finita sul giornale e lei è stata licenziata perché “indegna all’insegnamento” e ripudiata dalla famiglia. Ha vissuto per tanti anni vagando di città in città e, a differenza dei suoi compagni uomini, è caduta per decenni nell’oblio. Ha pagato un prezzo altissimo per la sua visibilità, è morta nel 2018 in una casa di cura. Nel 2019 è stato ripubblicato da Asterisco Edizioni il libro “I movimenti omosessuali di liberazione” che è un lavoro importante di raccolta dei primi documenti dei movimenti di liberazione.
Nel 1972 Mariasilvia Spolato stessa le ha chiesto di scrivere la prefazione, come è andata? Può darci un suo ricordo personale?
Maria Silvia l’ho conosciuta ai tempi della occupazione della Casa delle donne. Era tenace e coraggiosa, generosa e timida allo stesso tempo. Aveva il coraggio dei timidi e la purezza degli idealisti. Quando mi ha chiesto la prefazione per il suo libro che stillava entusiasmo e passione, le ho detto di sì.
Mi ha dato il modo di tornare a riflettere sui ruoli sessuali e sulle convenzioni di genere.
Noi parliamo il più possibile di questa donna che è stata dimenticata per tanto tempo perché siamo consapevoli delle spalle dei giganti su cui siamo sedute e proviamo una profonda gratitudine. Non le sembra emblematico dell’invisibilizzazione delle donne nella storia il fatto che proprio l’unica donna fondatrice del primo movimento omosessuale sia stata dimenticata per tanto tempo?
La società mercantile in cui viviamo cerca di cancellare la memoria perché considerata fastidiosa, faticosa, inutile. Mentre la memoria è la nostra coscienza, come dice Bergson e dobbiamo tenerla cara. In più dobbiamo dire che la memoria che riguarda le donne è sistematicamente cancellata. E questo succede da secoli. Le donne sono considerate poco originali nei loro pensieri e poco autorevoli nelle loro parole.
Come attiviste portiamo ogni giorno cartelli pesanti, quando siamo stanche c’è sempre una compagna accanto a noi e ne arrivano altre, Mariasilvia Spolato è stata la prima a portare quel cartello e a portarlo da sola. Mi chiedo e le chiedo quanto coraggio ci sia voluto? Mi interessa molto il rapporto tra il coraggio, la pura e l’incoscienza.
Come ho detto, Mariasilvia era coraggiosa e va ricordata come un esempio in tempi di conformismo diffuso. Non credo che fosse un coraggio da incoscienza la sua. Lei sapeva bene di andare incontro a ostilità più o meno rivelate e aggressive, ma lo faceva perché credeva nelle sue idee e voleva farle conoscere, senza timori e timidezze sociali.
In una delle sue ultime interviste Mariasilvia Spolato dice “Ero stufa di vagabondare, solo che fino ad oggi non avevo mai avuto la possibilità di smettere, di lasciare alle spalle il passato. E poi, avevo sempre paura di non essere più libera. E io invece voglio essere libera.” Qual è secondo lei la lezione che Mariasilvia Spolato lascia alle nostre giovani attiviste?
Mariasilvia parla di libertà, ma non certo di un egoistico fare quello che ci piace. Il suo è un sogno di una libertà condivisa, una libertà che riguarda il cambiamento di antichi modi di pensare e di agire. Sono contenta che voi la stiate riproponendo all’attenzione pubblica. Maria Silvia è veramente una di quelle persone che vale la pena di ricordare e di prendere a modello. Non possiamo passare il tempo a criticare e sputare sui cattivi esempi che ogni volta saltano fuori dalla cronaca. Abbiamo tanto bisogno di modelli positivi e lei lo è.