LOTTOMARZO 2022

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#LOTTOMARZO, passiamo ai fatti

Pratiche transfemministe per la vita di tutti i giorni

#NienteDoniMaOpereTransfemministe

 

#LOTTOMARZO, passiamo ai fatti

Pratiche transfemministe per la vita di tutti i giorni

#NienteDoniMaOpereTransfemministe

La campagna ideata e realizzata da @retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco in occasione della Giornata Internazionale della Donna

 

Sul tuo corpo decidi tu

In Italia l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) è regolata dalla legge 194 del 1978. Sappiamo però che non è così facile avere accesso a questo servizio, a causa dell’altissima percentuale di obiettori di coscienza nei reparti di ginecologia, percentuale che, in base alla relazione del Ministero della Salute del 2019, si aggira intorno al 67% a livello nazionale, con picchi elevatissimi in alcune regioni, come il Molise e la Sicilia. Sebbene poi la legge 194 vieti l’obiezione di struttura, in Italia ci sono almeno 15 ospedali in cui il 100% dei ginecologi sono obiettori, cosa che rende di fatto impossibile l’Ivg. La procreazione medicalmente assistita è regolata dalla legge 40 del 2004. Dal 2014 la Corte Costituzionale ha fatto decadere il divieto di fecondazione eterologa nel nostro Paese (cioè la fecondazione in cui uno o entrambi i gameti provengono da un donatore esterno alla coppia) e pertanto le tecniche che oggi possono essere utilizzate sono sia omologhe che eterologhe. Ma resta il fatto che tali tecniche non sono accessibili a single e a coppie same sex. La gestazione per altri (Gpa) invece consiste nel portare avanti una gravidanza per altre persone, che possono essere single, oppure coppie dello stesso sesso/genere o di sesso/genere diverso. In Italia la Gpa è considerata reato in base alla legge 40 del 2004, ma il divieto è limitato al territorio italiano, motivo per cui chi può permetterselo va all’estero per avere accesso alla genitorialità. I nostri corpi ci appartengono e vogliamo essere libere di autodeterminarci, secondo la nostra volontà. Per questo vogliamo libero accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, alla procreazione medicalmente assistita e alla gestazione per altri.

#prochoice #ivg #gpa #pma

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Tutti i corpi sono validi

Viviamo costantemente sotto l’occhio del patriarcato, che giudica, soppesa e valuta i nostri corpi e in base al giudizio che ne dà, ci attribuisce un valore come donne e come esseri umani. L’occhio del patriarcato è, purtroppo, uno sguardo sociale generale che sia gli uomini che le donne agiscono nella vita di tutti i giorni e che ha imposto una norma e canoni di bellezza molto rigidi, basati su corpi magri, giovani, abili, corpi che possano soddisfare lo sguardo maschile. Le discriminazioni sono molteplici e interconnesse e colpiscono le persone che hanno corpi non normati, che non rientrano, cioè, nei canoni prestabiliti: in particolare i corpi grassi, disabili, neri, trans* e non giovani. Noi invece rivendichiamo la libertà di sottrarci a questo sguardo, di decostruirlo e di rivelarlo per quello che è, ovvero oppressione e discriminazione, contro cui dobbiamo lottare unitə. Per questo, oggi come ogni giorno, ribadiamo con forza che tutti i corpi sono favolosamente diversi l’uno dall’altro e che tutti sono validi

#noabilismo #noageismo #nograssofobia

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

 

Usa il linguaggio di genere

Medica, avvocata, chirurga, architetta, magistrata. Vi sembra che suonino male? Non suonano peggio di tante altre parole esistenti, per le quali nessunə si è mai scandalizzatə. Le lingue non si evolvono sulla base della piacevolezza del suono, ma in base al principio di utilità. I femminili professionali servono a descrivere ruoli che prima non erano destinati alle donne, per cui non c’era bisogno che il termine al femminile esistesse. Ci sembra che suonino male solo perché non siamo abitutə a usarli e perché viviamo in una società patriarcale che ci ha insegnato che tutto ciò che è declinato al femminile ha meno valore e per questo percepiamo i maschili come più prestigiosi. Tuttavia, continuare a preferire i termini al maschile, contribuisce a far percepire le donne come delle eccezioni in quei determinati ruoli, come se li occupassero in maniera illegittima e transitoria, tanto che non vale nemmeno la pena declinare il termine nel genere corretto. Nominare le cose significa farle esistere: le parole plasmano il pensiero e influenzano il modo in cui percepiamo il mondo e la realtà. Usare il femminile per indicare professioni e mestieri tradizionalmente appannaggio degli uomini significa, come scrive Vera Gheno in Femminili singolari “normalizzare la presenza delle donne in contesti in cui prima erano assenti”. È dunque il momento di dire basta e di cominciare a usare correttamente il linguaggio di genere.

#chihapauradelfemminile?

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Usa un linguaggio inclusivo

La grammatica italiana ha una struttura strettamente binaria, poiché ha solo due generi, il maschile e femminile. Inoltre, per il plurale di gruppi misti, in italiano, si utilizza sempre il maschile sovraesteso, creando dei buffi paradossi quando, per esempio, ci si rivolge al maschile per indicare un gruppo composto da molte donne e pochi uomini. Le persone però non si riconoscono in due soli generi, maschile e femminile, perché esistono anche le persone non binarie, genderfluid o agender. Per questo negli ultimi anni sono stati introdotti alcuni segni, come lo schwa e l’asterisco, che vengono utilizzati per rivolgersi a dei gruppi misti, a persone non binarie o a persone di cui non si conosce il genere. Lo schwa (così come gli altri segni utilizzati con lo stesso scopo) non ha lo scopo di sovvertire la lingua. Nessuno pensa di rovesciare le regole morfosintattiche dell’italiano o di riscrivere i testi letterari utilizzando lo schwa, perché sarebbe impossibile ed è ridicolo anche solo pensarlo. Lo schwa serve a rappresentare attraverso la lingua tutte le soggettività, a rendere la lingua un luogo più inclusivo e accogliente per tuttə.

#loschwanonelapocallissə

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Usa un linguaggio rispettoso

Sarà un ragazzo o una ragazza? Quante volte in passato vi siete postə questa domanda di fronte ad una persona il cui genere vi sembrava incerto? Questo modo di vedere le altre persone è fuorviante perché non considera che il genere di una persona non solo potrebbe essere diverso dal modo in cui appare, ma anche dal sesso anatomico (oltre al fatto che i generi non sono necessariamente due). L’identità umana è complessa e sfaccettata; ignorare ciò e credere che tuttə quantə si allineino ad un unico modello toglie validità, può ferire le persone e nasconde la diversità (la quale deve essere fonte di arricchimento e non di paura). Una buona pratica transfemminista è evitare il misgendering, cioè violare il senso di identità di una persona attribuendole un genere che non le appartiene, utilizzando i pronomi sbagliati. Non è solo una questione di linguaggio corretto ma di rispetto, ecco perché è fondamentale chiedere alle persone i pronomi con cui si riferiscono a se stessə, senza darli per scontati sulla base della loro apparenza. Può essere faticoso all’inizio e sicuramente potrete sbagliare, ma è sicuramente una pratica che renderà voi e il mondo un posto migliore.

#nomisgender

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Se le donne non ci sono chiediti il perché

Come i numeri ci dimostrano, la stragrande maggioranza dei ruoli apicali è occupata da uomini bianchi etero cisgender. Questo avviene non perché le donne o le persone appartenenti a altre categorie discriminate siano meno brave (i dati ci dicono proprio il contrario), ma perché la società patriarcale assegna agli uomini una posizione di privilegio e di maggior prestigio, mentre tutto quello che riguarda le donne, o altre soggettività marginalizzate, è considerato di minor valore. Per questo ancora oggi ci sono poche donne in posizioni di comando, per questo è ancora difficile sfondare quello che viene definito soffitto di cristallo. Se poi una persona, oltre che donna, è anche lesbica, non bianca, o trans*, per lei sarà ancora più difficile, dal momento che le discriminazioni si intersecano le une con le altre. Perciò è importante contare la presenza femminile, come ha iniziato a fare nel 2018 Michela Murgia, mettendo in evidenza un sistema diffuso di cancellazione di un intero genere dalle prime pagine dei quotidiani italiani, in cui le firme erano per lo più maschili. Sono poche, se non pochissime, le rettrici all’università, le primarie nei reparti ospedalieri, le relatrici ai convegni, le direttrici dei giornali. Contare le donne significa evidenziare il divario numerico tra la presenza femminile e quella maschile in campi in cui ci aspetteremmo una spartizione equa. Perché, come scrive Michela Murgia in Stai zitta, “finché le donne non potranno esserci per contare, è essenziale che continuino a contare per esserci”.

#nonsonosolonumeri

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

 

La discriminazione ha molte facce

Un approccio intersezionale è un approccio che parte dalla consapevolezza della natura molteplice dell’oppressione. Proprio come in geometria l’intersezione è il punto in cui più rette si incontrano, la discriminazione è il frutto di più assi di oppressione che si intersecano. Per esempio, in una società che privilegia le persone bianche, una persona non bianca partirà da una posizione di svantaggio e avrà più probabilità di essere marginalizzata e discriminata. Se poi questa persona appartiene anche alla comunità LGBTQIA+ correrà il rischio di essere vittima non solo di episodi di violenza e discriminazione di stampo razzista, ma anche omo-lesbo-bi-trans-afobico. Se poi la persona in questione è socializzata come donna, alle altre discriminazioni, si aggiungerà anche il sessismo, e così via.  Ecco perché alcune persone più di altre diventano bersaglio di diversi tipi di violenza e discriminazione e questo vuol dire che per vivere in un mondo senza odio, non basta combattere una sola forma di discriminazione (per esempio il razzismo), ma dobbiamo combatterle tutte (l’omo-lesbo-bi-trans-afobia, il sessismo, l’abilismo, la grassofobia, il classismo e l’ageismo).  “Non esiste una cosa come la lotta univoca, perché non viviamo vite univoche”, scriveva Audre Lorde. Proprio perché la discriminazione ha molte facce, tutte vanno combattute e le lotte devono essere intersezionali.

#intersezionalità

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Riconosci il tuo privilegio e usalo bene

Cosa significa avere un privilegio? Vuol dire avere più scelta, non subire discriminazioni e violenze, significa poter uscire in un luogo pubblico senza avere paura. La lista potrebbe continuare all’infinito perché infiniti possono essere i privilegi ed infinite le discriminazioni. Il privilegio divide il mondo in persone di serie A e di serie B, questo fatto dovrebbe portare qualunque persona che crede negli ideali di parità, equità e giustizia a lottare contro i privilegi. Facile no? E invece il privilegio è spesso invisibile proprio a chi lo possiede. Essere transfemministə significa dunque ragionare su quali privilegi possiamo avere per via del nostro genere, orientamento sessuale, dei nostri corpi conformi, della nostra abilità che corrisponde alle aspettative di una società patriarcale e capitalista. Essere responsabili del proprio privilegio significa fare in modo che non danneggi le altre persone, rinunciare ad esso quando possibile o altrimenti utilizzarlo proprio per abbattere quel sistema che ci divide tra vincenti e vinti.

#responsabilità

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco

 

Il glitter è come il nero, sta bene su tuttə

Uno spettro si aggira per l’Europa: il gender! Ma davvero credete che esista? Come uno spauracchio, negli ultimi anni si è diffusa l’idea di una teoria del gender che secondo chi la assume come un fatto reale, verrebbe imposta come norma sulle persone, nella televisione e nelle scuole e attraverso i social dove dilagano le fake news. Ma c’è da chiedersi chi trae vantaggio dall’invenzione della teoria del gender? Chi ha interesse nel mantenere disinformate le persone su cosa significhi realmente distinguere tra sesso e genere, educare al rispetto della diversità nelle scuole e adottare buone pratiche transfemministe come la libertà di autodeterminarsi, il desiderio di non farsi ingabbiare dai ruoli e dalle aspettative di genere, la sfida al conformismo, il rifiuto della maschilità tossica, l’educazione all’affettività e ad una sessualità positiva e consapevole, basata sul consenso. La “teoria del gender” non è altro che un comodo spaventapasseri costruito in modo che diventi facile averne paura. Ecco che un’ultima buona pratica transfemminista è andare oltre la paura e avere il coraggio di immaginare un mondo migliore dove nessunə è inclusə perché nessunə ha più il potere di escludere.

#chihapauradelgender?

@retedonnetransfemminista @Pink.ilgioco


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