Matthew Shepard è morto. Queste verosimilmente possono essere le parole che i medici devono aver usato il 12 ottobre del 98 per annunciare agli americani che il giovane aggredito brutalmente pochi giorni prima non era riuscito a sopravvivere.
Matthew Shepard voglio ricordarlo era un ragazzo americano che è stato ammazzato da due suoi coetanei.
Le ragioni dell’omicidio non vanno cercate in una tentata rapina, una lite tra bande, la lotta per l’occupazione di un territorio per poter trafficare droga o ad una fatalità. Sono da attribuire alla semplice ignoranza generatrice di violenza.
E’ stato ucciso perché GAY.
Nessun altro motivo.
E’ stato convinto dai suoi assassini dopo aver passato un po’ di tempo insieme a chiacchierare in un bar a salire in macchina con loro per andare a fare un giro. Una volta usciti dalla città si fermano vicino ad un ranch, lo fanno scendere, lo legano alla staccionata e poi con una violenza inaudita lo massacrano di botte.
Alla fine probabilmente perché stanchi o forse perché pensano che sia morto, se ne vanno.
Sicuramente non se ne sono andati perché spaventati che qualcuno possa averli visti o possa arrivare.
Non passa nessuno per quella strada. Almeno nessuno prima delle 18 ore che intercorrono da quando è stato aggredito a quando chi lo ritrova chiama i soccorsi. Era il 6 di ottobre a Laramie — Wyoming (USA) quando viene aggredito. Era il 12 ottobre quando Matthew, al quale vengono riscontrate 14, quattordici, fratture alla scatola cranica, muore.
Era uno studente universitario, aveva 21 anni un ragazzo che conosceva anche l’Italia perché aveva studiato in Svizzera e più volte aveva visitato il nostro paese.
Era gay. E’ morto…
… è difficile raccontare di una persona che non si conosce, che lo si è solo “incontrato” a seguito di un così crudele delitto.
Eppure bisogna farlo, è necessario perché purtroppo quello che è successo a lui ancora oggi accade.
I due assassini vengono trovati e puniti con l’ergastolo. Le loro fidanzate vengono condannate perché avevano saputo e non li hanno denunciati. L’incriminazione per i due assassini è omicidio con l’aggravante che è stato commesso per odio.
Settembre 2002, un altro giovane di poco più grande è stato aggredito violentemente perché passeggiava per mano o abbracciato al suo compagno.
Sono stati più “fortunati” di Matthew.
Treve Broudy, attore, 33 anni è giunto in ospedale in gravi condizioni; ma attualmente sta migliorando, mentre l’altro Edward Lett, 22 anni ha subito “solo” delle lesioni leggere. Sono stati aggrediti anche loro da dei coetanei. Treve è stato colpito ripetutamente con una mazza da baseball. Nello stesso mese nella sola West Hollywood ci sono stati altre tre aggressioni che hanno viste vittime persone omosessuali.
In Francia pochi giorni fa resta vittima di un’aggressione il sindaco di Parigi Bertrand Delanoe, primo sindaco di una capitale importante dichiaratamente omosessuale. Il suo aggressore non è un estremista politico, non cerca una vendetta perché il Sindaco non ha soddisfatto una sua richiesta.
Il suo aggressore è uno che odia i gay.
Sono solo alcuni dei pochissimi casi noti o che trovano diritto di notizia nei mass media. Ma quante violenze come queste o meno, ma anche più subdole o più nascoste, che spesso vedono la vittima terrorizzata dal denunciare il suo o i suoi aggressori perché a paura di essere “sputtanato” vengono quotidianamente perpetrate in Italia, in Europa, nel mondo.
Quante violenze vengono messe in atto nell’ambiente familiare, scolastico, professionale anche senza far uscire sangue, ma caso mai negando la dignità di potersi dichiarare, di poter vedere riconosciuto il diritto di vivere la propria vita pacificamente, negando l’affetto genitoriale o fraterno perché convinti di avere in famiglia qualcosa, non qualcuno, da nascondere o ripudiare. Non sono violenze minori. Vanno combattute, non bisogna lasciarle passare.
E’ un nostro dovere fare in modo che finiscano. Lo dobbiamo a Matthew e ai tanti come lui, come noi, che le hanno subite o le subiscono.