Da "La Provincia di Cremona" 10 Novembre 2002
Egregio direttore,
in riferimento alla lettera del signor Bartoli di qualche giorno fa, che parlava dell’intolleranza, o meglio della prepotenza verso i gay da parte delle forze dell’ordine a Milano, vorrei portare la mia testimonianza.
Sono mamma di tre figli, il primo di 23, la seconda di 20 ed il terzo di 16 anni. E’ stato proprio il terzo figlio che ha portato a casa uno stampato dall’oratorio di Cristo Re, in cui si invitavano i ragazzi che frequentavano le prime scuole superiori a formare un gruppo per poter stare assieme, come fanno in tanti ragazzini che cominciano ad affacciarsi al mondo che li circonda, e fin qui nulla da ridire, anzi, ma in fondo al foglio e tra parentesi c’era scritto: (possibilmente no omosessuali).
Sia io che miomarito siamo rimasti stupiti. Vorrei precisare chemio figlio più grande quattro anni fa ci ha confessato la sua omosessualità, ha cercato di farci comprendere le sue ragioni, spiegandoci; mi creda, non è stato facile capire, accettare questa diversità,ma con il tempo e con l’amore che ci ha sempre unito abbiamo superato questa enorme montagna, e oggi sia io che mio marito e i fratelli siamo vicino a lui condividendo amarezze, ma anche tanta gioia specialmente ora che sta assieme ad un suo coetaneo e adesso è molto sereno, e tutti noi con lui. Noi tutti consideriamo questo ragazzo parte della famiglia e se mio figlio sta bene come non possiamo star bene noi?
Alla sera a cena il piccolo ha fatto presente a tutta la famiglia di questo invito, e rivolgendosi sia noi che al fratello ha fatto una domanda e cioé: «Se io fossi gay e sapessi che la compagnia che frequento non mi accetta per quello che sono, ma giudica per chi amo, come posso avere fiducia in questi amici? E come mai in ambienti così vicini alla chiesa ci sono queste intolleranze?»
Siamo rimasti tutti zitti, poi il maggiore per sdrammatizzare abbracciandolo gli ha detto che forse era uno scherzo, e non volevano in realtà dire quelle cose. Ma il piccolo, sbottando seccamente, disse che non ne era convinto. Però caro direttore, riflettendoci bene è mai possibile che anche negli oratori dove dovrebbe esserci un ambiente di rispetto e di amore verso il prossimo avvenga questo tipo di discriminazione?
Paola C.
Ed ecco la risposta del Circolo Arcigay "La Rocca", pubblicata dal quotidiano "La Provincia" il 12.11.02, assieme alla risposta di un altro lettore, Marco Simi, che si dilunga in una serie di affermazioni offensive e discriminanti:
Gentile sig.ra Paola,
le scrivo per ringraziarla per la sua testimonianza apparsa sul quotidiano “La Provincia” di domenica 10-11-2002 nella quale denunciava l’indicibile episodio di discriminazione perpetrato nell’oratorio di Cristo Re in Cremona nei confronti degli omosessuali.
Si tratta dell’ennesima contraddizione della Chiesa, che si è sempre detta contraria alla pratica dell’omosessualità, ma non all’omosessualità in quanto tale e dell’ennesima dimostrazione dell’insensibilità, in particolare nei confronti degli adolescenti omosessuali, che vengono apertamente discriminati dalle attività di aggregazione e socializzazione organizzate da una istituzione come l’oratorio, che dovrebbe invece promuovere e sostenere una cultura del rispetto proprio verso i soggetti socialmente più deboli.
Volendo esprimere un giudizio obiettivo sull’intera vicenda, ho contattato Don Antonio, della parrocchia di Cristo Re, il quale, sostenendo il contesto goliardico in cui tale affermazione era inserita, si è dissociato completamente dall’iniziativa, addossando la responsabilità ai ragazzi che frequentano l’oratorio, che avrebbero, a sua insaputa, stilato e diffuso il volantino citato.
Una simile situazione mette in evidenza almeno due gravi mancanze: l’oratorio si rivela, una volta di più, momento di aggregazione in cui, a dispetto dello spirito che ne dovrebbe essere motore, la discriminazione è normalmente praticata; in secondo luogo, il personale preposto all’educazione ed al controllo in tale istituzione ignora quanto viene pubblicato e distribuito nello stesso.
L’aspetto che più colpisce è che queste discriminazioni vanno ad urtare in modo estremamente pericoloso la sensibilità di tutti i giovani, come lei ha testimoniato direttamente. La sua lettera dimostra come parte della società ed alcuni giovani, che ne rappresentano il futuro, stiano cambiando, abbracciando sempre di più la cultura laica del rispetto e della tolleranza.
Proprio la sua voce e quella della sua famiglia dovrebbero essere riferimento costante per la Chiesa, che dovrebbe essere in grado di ascoltarle e trarne insegnamento.
Ritengo gravi, irresponsabili ed inaccettabili episodi come questi.
Auspico una repentina rettifica da parte di coloro che sono responsabili di tali affermazioni, una maggiore attenzione di chi opera in ambiti educativi così delicati perché a diretto contatto con i giovani, un pubblico chiarimento della propria posizione da parte della parrocchia e invito lei e la sua famiglia a prendere contatto con la nostra associazione.
Lorenza Tizzi
Vicepresidente Circolo ARCIGAY La Rocca
Ed ecco la nuova lettera del lettore, infarcita di luoghi comuni e affermazioni discriminanti. ‘è da notare come il Quotidiano si tenga al di fuori della polemica, battezzando ‘episodio del volantino come una "ragazzata".
«Gentile signora Paola,
l’amore verso il prossimo non può escludere il rispetto della verità. E la verità è che la condizione di molte persone omosessuali è di infelicità profonda, e questa non è imputabile ad episodi — pure esistenti, anche se rari — di discriminazione.
E’ ben noto che nella quasi totalità dei casi le loro relazioni affettive non sono stabili e non durano nel tempo. Chi si affanna a dimostrare anche conmodalità esasperate che lo stile di vita gay è bello, dimostra il suo bisogno di attenzione, la necessità di confermare una normalità che non è tale. Lei stessa lo conferma, scrivendo che fa fatica ad accettare quella che percepisce come una diversità. Molte persone omosessuali si presentano come vittime per fare appello ai sentimenti di compassione degli altri. L’«amore» è da loro inteso come un chiedere, persino supplicare amore ed attenzione.
Si tratta di amori incentrati su se stessi.
Questi comportamenti sono evidenti a tutti, se si osserva con attenzione. Prendere atto di un comportamento non significa affatto discriminare. Eppure in molte scuole, anche di Cremona, si insegna che l’omosessualità sarebbe «cosa normale». (…) Questa gratuita affermazione di normalità, non provata, prima di essereun atteggiamentomoralmente discutibile, non fa omaggio alla ragione ed alla scienza. Voglio solo dirle che l’omosessualità non è irreversibile: non è dimostrato alcun fondamento genetico. Prove sempre più importanti dimostrano che la radice dell’omosessualità è in una problematica psichica che si può curare con successo.
Una cosa è il doveroso voler bene di amici e parenti ed il rispettare senza discriminazioni chi vive una condizione spesso tormentata e difficile.Altra cosa è dire che questa condizione è da accettare in quanto normalità. (…)».
Marco Simi(Cremona)
Sul caso accaduto all’oratorio CristoRemi sono
fatto un convincimento: è stata una ragazzata.
Certo, di cattivo gusto e non approvabile.
Ma nulla di più.