Da "La Repubblica" del 04.11.03 di GINO CASTALDO
"Gay, usciamo allo scoperto"
Nel nuovo album un brano dedicato agli omosessuali e uno al figlio appena adottato. Nella musica c´è un generale appiattimento. Colpa delle radio che impongono i suoni. Ci siamo mascherati per troppi secoli. È il momento di tirare fuori la nostra identità
Renato Zero
ROMA – Insieme alla cartella stampa c´è una maschera di cartone col suo volto, qualcuno la indossa e gli va incontro e lui: «Così non ti posso baciare, sarebbe come farmi una sega». Esuberante come non mai, l´ex Renatino del Piper, oggi Renato Zero, un maturo autore di 53 anni, festeggia i suoi trent´anni di storia discografica e dispensa umanità, sorprendente saggezza e molto divertimento. Quando gli chiedono della canzone che si intitola Figlio, dice senza mezzi termini che «era un atto dovuto al mio ragazzo». E lo presenta, lo fa sedere accanto a sé, si chiama Roberto e oggi («quattro giorni fa l´ultima firma») è a tutti gli effetti suo figlio. «Fra poco si sposa, così divento in poco tempo padre, suocero e magari nonno» aggiunge.
Una nuova vita per Renato Zero?
«Eh sì, divento genitore, gli altri prima di fare il test di gravidanza vengono da me, mi chiedono di cantare Il carrozzone e poi vanno in camera da letto. Io per me ho partorito queste canzoni, dodici figli di quatro chili, quattro e due, un paio di sei chili, ovvero quattro o sei minuti, ma tanto oggi bisogna chiedere prima alle radio come fare i pezzi».
Polemico?
«Solo su questo, sul resto sarò buono. Non lo dico tanto per me, i miei pezzi in genere vanno, ma da ascoltatore accendo la radio e sento un appiattimento totale, vorrei sentire cose diverse. De Gregori e Guccini esistono perché hanno goduto di un momento felice. Oggi gente così non potrebbe mai uscire. Le radio impongono suoni e durate. Ma un cantautore col cerotto è morto prima ancora di nascere».
C´è una canzone, "L´altra sponda", dedicata agli omosessuali. Perché proprio oggi?
«Molto tempo fa per gli omosessuali c´era il confino. Ma è vero che ci siamo mascherati per troppi secoli, è il momento di tirare fuori la nostra identità, anche a costo di mettere in discussione rapporti e amicizie. Il mondo deve sapere che gli emarginati non sono solo quelli che si vedono ai bordi delle strade, può essere anche un direttore di banca, può essere una persona di talento, anche un genitore».
Cosa vuol dire con Cattura, il titolo dell´album?
«L´idea è il prodotto dell´album, è in tutti i brani. È un desiderio, senza coercizione e senso di possesso. Qualcuno cattura per ottenere il potere, ma c´è anche qualcuno che ama catturare e farsi catturare con un mazzo di fiori, con la gentilezza. La gestione del pianeta mi spaventa, e credo che ci sia la necessità di porsi come guerrieri, buoni, intelligenti, con voglia di incamerare esperienza, amore, complicità. È l´esercizio delle mie canzoni di oggi, è come andare a caccia…».
Perché non ha firmato l´appello contro Fini che ammoniva i cantanti sulle responsabilità nel problema della droga
«Ho fatto finta d´essere inglese. Mi sembrava un fallimento firmare per una cosa così idiota, anacronistica. Il proibizionismo, è noto, non ha mai fatto bene a nessuno. Ha fatto solo vittime».
E a Sanremo, ci andrà?
«Preferisco andare a Medjugorie, lì almeno mi curo. A Sanremo te fanno veni´ un fegato così».
E dal suo perfetto imitatore, Panariello, ci andrà?
«Sì, ci vado. In realtà lui è così bravo perché un tempo era un "sorcino", lo vedevo a tutti i miei concerti. Poi un giorno mi sono visto in televisione, intervistato sul lungomare di Viareggio. Ma stavo impazzendo perché non mi ricordavo assolutamente di aver fatto quell´intervista. Poi, poco a poco, ho capito che non ero io. Ma credo che mi rispetti, e questa volta vediamo se riusciamo a far vedere il Renato Zero vero».
Soffre di nostalgia per il passato?
«Un po´ ne ho sofferto. Quando senti di perdere qualcosa, negli affetti, nelle storie umane… Mi permetto di dirlo, soffro pensando a Loredana Bertè, vorrei vederla al suo posto, cantare, avere successo, come dovrebbe essere. E poi che vuol dire nostalgia? Lo dico nella canzone dedicata ai miei miti. L´impressione è che il mondo si stia spopolando».
Se arrivasse un genietto della lampada e le offrisse di realizzare tre desideri, cosa sceglierebbe?
«Mah, me ne basterebbe uno, se no sai che complicazione!».
Va bene, uno solo, e quale sarebbe?
«Mi piacerebbe a 80 anni vedere ancora il mio nome in cartellone al Filaforum di Milano».
Da "Il Corriere della Sera" del 04.11.03 di Sandra Cesarale
Zero: padre e gay, con orgoglio
ROMA – Ora che è diventato papà, Renato Zero ha scritto una canzone per il suo Roberto (che si sposerà a settembre). «Gli ultimi documenti per l’adozione li abbiamo firmati quattro giorni fa. Il brano è un atto dovuto, un modo per spiegare che a volte i figli adottivi sono più felici, perché frutto di una scelta e non di una fuga di spermatozoi». Si intitola «Figlio» ed è una delle tredici canzoni di «Cattura», il nuovo album in vendita da venerdì, presentato ieri sera al Teatro Eliseo. Il ritorno di Zero è dirompente: nella canzone «L’altra sponda» incita i gay a fare outing , quando parla lancia frecciate al leader di An, Gianfranco Fini, sulla sua crociata antidroga. E bacchetta le radio: «Vietano di essere prolissi e appiattiscono gli artisti che si riducono a commessi viaggiatori della musica. Vengo dalla stagione che vide nascere Bob Dylan: un cantautore con il cerotto in bocca è finito prima di iniziare. Oggi si usa il computer per creare effetti sonori, lasciando a casa musicisti di talento. Di questo passo Page e Clapton non li chiamerebbe più nessuno».
Sabato sarà ospite di Panariello, per il nuovo tour, invece, bisognerà aspettare marzo: «Ai concerti ci penserò fra un po’, l’album l’ho finito da poco. "Cattura" è una parola che mi riporta al Paleolitico, quando l’uomo competeva con montagne e oceani. Dopo tutti questi secoli, parliamo ancora di nefandezze come la striscia di Gaza e il Bangladesh. Oggi le nostre piccole ansie le portiamo sul lettino dell’analista. Alla "cattura" politica, economica, a una gestione del pianeta che mi fa paura, rispondo con un album che racchiude amore e gentilezza. Abbiamo bisogno di guerrieri buoni e intelligenti».
Sulla canzone che sostiene l’omosessualità spiega: «Ci siamo mascherati per troppo tempo: dobbiamo tirare fuori la nostra identità anche a rischio di perdere amici e lavoro. L’emarginato non vive nei cartoni, ma può essere un uomo di potere o un genitore. Anche la polemica sul crocifisso mi fa pensare alla demenzialità di certe discussioni: i credenti non sbagliano ad appenderlo alla parete, i non cattolici hanno tutto il sacrosanto diritto di dipingerla di rosso».
Zero usa parole dure per Fini che ha accusato i cantanti di propagandare l’uso delle droghe tra i ragazzi: «Non ho firmato l’appello con i miei colleghi perché l’argomento mi sembrava idiota all’origine, ai ragazzi va data una coscienza. Le crociate contro il rock le abbiamo già subite negli anni Sessanta. E credo che la pubblicità faccia più male di una canzone di Vasco Rossi». L’ultima battuta è per Sanremo: «Preferisco andare a Medjugorje, perlomeno lì mi passa l’artrite, invece al Festival ti si ingrossa il fegato. A Sanremo vince il look, la simpatia, la tenerezza, non la canzone».