Bologna
GLBT: la sigla che unisce il movimento Gay, Lesbico, Bisessuale e Transessuale (o per meglio dire transgender). Rispetto al passato questo movimento è sicuramente più visibile, ma ci siamo chiesti se a fronte di una maggiore informazione corrisponde anche una maggiore visibilità nella vita di tutti i giorni. I problemi sono ancora tanti, e in alcune situazioni pratiche, ad esempio sul luogo di lavoro, il proprio diverso orientamento sessuale viene spesso tenuto nascosto. Da tutte le interviste è emerso che l’adolescenza è l’età più difficile, soprattutto perché un adolescente che prende coscienza della propria diversità non ha alle spalle una comunità di riferimento, che lo accolga e lo faccia sentire accettato. Una ricerca dell’università di Bologna indica anche che il tasso di suicidi tra gli adolescenti omosessuali è doppio rispetto agli adolescenti eterosessuali. Anche per questo è stato attivato a Bologna un progetto europeo che prevede una serie di misure nella scuola contro la discriminazione, affinché almeno la scuola diventi un ambiente accogliente. In generale Bologna è descritta da tutti come una città in cui è più facile vivere la propria diversità di genere. La comunità GLBT è molto forte, molto attiva e molto nota, anche per ragioni storiche, e questo fa sì che molte persone omosessuali provenienti da altre regioni chiedano aiuto a Bologna o si trasferiscano appositamente in città (è il caso ad esempio degli studenti universitari gay e lesbiche). L’inchiesta fornisce anche un quadro della storia di queste associazioni e dei servizi di aiuto, consulenza e formazione attivati.
Al Cassero squilla il telefono amico
Tre/quattro telefonate ogni sera, le informazioni richieste sono le più varie: luoghi ‘incontro, prevenzione delle malattie, ma soprattutto un aiuto per affrontare ‘accettazione della propria omosessualità
di Valeria Alpi e Lorenzo Nencini
Non sarà famoso come le due torri, o come la fontana del Nettuno, ma tutti i bolognesi alla fin fine sanno che anche il Cassero fa parte della storia della città. Per ven’anni ha occupato i locali del "cassero" di Porta Saragozza, e da circa un anno e mezzo si è trasferito in una sede più ampia presso la ex-Salara. Nel corso degli anni è diventato un vero e proprio centro polivalente e documentativo, con tante iniziative culturali e ricreative per promuovere nella società la cultura e i diritti delle persone omosessuali. Ci sarebbero tante cose da dire su questa struttura, ma ci siamo concentrati su uno dei servizi attivati: lo SCOT, Servizio di Counselling Omosessuale Telefonico. Abbiamo trascorso una serata con Paolo Margherita, uno degli operatori telefonici, per cercare di capire meglio quali sono i problemi di accettazione di sé e di visibilità che un omosessuale incontra nella vita di tutti i giorni.
Ci puoi raccontare la storia del telefono amico?
Nel 1992 era stata ideata una linea telefonica specifica per diffondere tra le persone omosessuali informazioni sulla prevenzione e sui comportamenti sessuali a rischio. Successivamente nel 1998, con la nascita dello SCOT, il servizio si è allargato fino a comprendere i molteplici aspetti legati al’omosessualità. Per un certo periodo abbiamo avuto delle difficoltà di personale, il servizio è anche stato interrotto, invece da un anno a questa parte ha ripreso con u’organizzazione più precisa ed efficiente anche come copertura di orari. La mia esperienza come operatore è iniziata circa due anni fa.
Quante persone ci lavorano?
Siamo circa otto/dieci persone. Inizialmente ‘organico era di cinque persone, poi un anno e mezzo fa è stato organizzato un corso di formazione al quale hanno aderito altre persone. Il corso, tenuto dal responsabile dello SCOT in collaborazione con altre due pedagogiste, è stato breve rispetto ai tempi canonici per le telefonie sociali, alle quali noi aderiamo come modalità di svolgimento del servizio, però si è trattato di un primo esperimento ed è servito a dare u’infarinatura di tipo culturale e tecnica, e ad avviare a una "professione", anche se si tratta di u’attività esclusivamente volontaristica. Ricordo infatti che qui siamo tutti volontari.
Quante telefonate ricevete in media ogni sera?
In media tre/quattro, non di più, della lunghezza di u’ora/u’ora e mezza ciascuna. Abbiamo anche dei momenti di rielaborazione: ci incontriamo ogni mese circa e mettiamo in comune le esperienze, per cercare di capire come far fronte a situazioni ricorrenti o a persone con atteggiamenti a volte ossessivi. Compiliamo delle schede di ogni telefonata, sia per lasciare materiale di documentazione, sia per coordinare il lavoro con gli altri colleghi.
Parliamo un p’ della tipologia delle persone che telefonano: da dove chiamano, cosa chiedono, quanti anni hanno…
Le telefonate che riceviamo vengono soprattutto da fuori città, direi per il 90%, e in particolare dal Sud Italia. Le richieste che ci pervengono sono di vario tipo: alcuni chiamano per avere notizie riguardo a serate, locali, strutture, saune, luoghi ‘incontro, cinema, mete turistiche; altri richiedono informazioni sulla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale. Naturalmente sappiamo bene che non ‘è solo ‘Hiv, ma ce ne sono tante altre; il corso ci ha preparato a rispondere a informazioni di tipo medico, non nel senso di cure o diagnosi, ma soltanto per fornire indicazioni, per cercare di sedare ‘ansia legata a queste malattie e per inviare queste persone a un centro di malattie infettive. Al’Ospedale San’Orsola di Bologna per altro ‘è un ambulatorio molto preparato per la cura delle malattie a trasmissione sessuale. Invece la parte di richieste più cospicua riguarda il bisogno più strettamente psicologico, di supporto, di confronto, di aiuto. Per quanto riguarda ‘età degli utenti, è abbastanza diversificata.
Cioè dal’adolescenza al’età adulta?
Sì, e senza una fascia privilegiata di età.
Quindi immaginiamo che anche i problemi che vengono posti saranno molto diversi fra loro?
In realtà il problema fondamentale costante in tutte le persone omosessuali è ‘accettazione. Da qualsiasi parte chiamino, da qualsiasi età provengano, il punto nodale è il discorso del’accettazione della propria omosessualità.
Ci hai detto che chiamano prevalentemente da fuori Bologna, forse perché la nostra città è più friendly per una persona omosessuale?
Di telefono amico gay ce ne sono parecchi in Italia, ma non al Sud, ad esempio, dove ‘ambiente omosessuale è molto più inconsistente, molto più blando. Quindi è ovvio che le persone si rivolgano ai telefoni più attivi e più conosciuti. Le motivazioni possono essere tante… A Bologna ‘è una comunità omosessuale molto forte, molto organizzata, molto pronta, e molto nota anche perché, proprio per ragioni storiche, Bologna è la città più omosessuale ‘Italia, anche se Milano dal punto di vista organizzativo ‘ha raggiunta e forse anche superata negli ultimi tempi. Giocoforza è un polo di attrazione delle persone in senso fisico. Infatti ci sono tantissimi studenti omosessuali che dal Sud si spostano a Bologna sia per studiare, che per trovare un ambiente particolarmente accogliente, friendly. Poi probabilmente bisogna anche considerare che nel novero delle paure che circondano ‘accettazione della propria omosessualità da parte dei nostri utenti ‘è anche il bisogno di riferirsi comunque a qualcosa di lontano. Quindi, per quanto il telefono sia anonimo, gli utenti preferiscono chiamare in regioni diverse dalla propria per paura di essere identificati e riconosciuti.
Riuscite a far fronte a tutti i tipi di richieste, o ci sono dei casi in cui preferite rimandare gli utenti ad altri servizi di assistenza?
Faccio una premessa fondamentale: ogni telefonata va da sé, ogni esperienza raccontata è unica, ogni richiesta ‘aiuto lo è altrettanto, richiesta che a volte può essere sottesa, non esplicita. Quindi la risposta è estremamente individuale, ogni operatore farà fronte alle richieste in maniera strettamente personale, legata alla propria sensibilità e alla propria informazione. Di conseguenza il rimandare ad altre associazioni, ad altri punti di riferimento, è una responsabilità di ogni singolo operatore. ‘ una scelta che si deve compiere nello specifico caso. Per quanto mi riguarda io penso sia utile cercare di prendere tempo con ‘utente. Di norma è meglio non proporre soluzioni rapide, ma cercare di elaborare e di capire meglio qual è il tipo di problematica vera e propria. Perché sappiate che spesso le malattie a trasmissione sessuale, ad esempio, diventano un viatico per coprire, per nascondere delle ansie che riguardano ‘accettazione. La paura di contrarre le diverse malattie significa che ‘è una difficoltà magari inconscia ad affrontare la propria realtà, perché ‘idea di un rapporto sessuale omosessuale può essere talmente fonte di ansia che questa viene esplicitata con la paura di contrarre una qualche malattia.
A volte può venire utile un riferimento a un discorso psicoterapeutico. Ma anche in questo caso è necessario prendere tempo, per non creare aspettative di facili e rapide risoluzioni. Non concentrare e risolvere in una telefonata, ma lasciare aperta la possibilità per riprendere il discorso, per cercare di approfondirlo. Si può fare rimandando allo stesso operatore, cioè io dico "ci sarò di nuovo quel determinato giorno in quel dato orario" per riprendere il discorso, oppure lasciando la scelta allo stesso utente di parlare con un altro operatore. Abbiamo scelto una forma di moderata personalizzazione (al contrario di altri servizi), che difendo perché è importante poter riferirsi a una persona con la quale si è già parlato, con la quale si ha avuto il coraggio di dire le cose, con la quale ci si è trovati bene.
Chiamano anche persone eterosessuali, magari per avere informazioni riguardo a figli, amici, colleghi…
Per la mia esperienza no. Forse, ad esempio i genitori si rivolgono ad altre associazioni, ma la mia paura è che non si rivolgano a nessuno perché in molte famiglie queste cose devono essere tenute nascoste.
Avete altre modalità di servizio oltre a quella telefonica?
Sempre rispettando ‘input da parte del cliente, si può cercare di avviare un secondo momento, che è quello del’incontro ad personam. In questo caso ‘operatore che ha preso a cuore ‘utente proporrà un incontro nella sede del nostro servizio: il fatto di venire qui, in un ambiente omosessuale, può servire a superare lo scoglio di un luogo vissuto come estraneo e con paura. Non si tratta di operazioni psicoterapiche, non ‘è questa velleità. Viene riproposta la stessa cosa che viene fatta per telefono, naturalmente con le implicazioni ulteriori e più intense di un rapporto faccia a faccia, per favorire e stimolare ‘uscita dal proprio guscio, dalle proprie ansie.
Superato il momento del’accettazione personale, quali sono i problemi nel’affrontare il mondo esterno?
Non farei dei distinguo, perché ‘accettazione di sé prevede anche la fluidità di esternare il proprio modo di essere, non sono due cose scisse, sono imprenscindibili. Uno accetta se stesso, poi cerca di "imporsi" al’esterno; in un certo senso è un processo che facciamo tutti quello di tagliarci uno spazio e di imporre nella società, nella famiglia, negli affetti il nostro modo di essere che giustamente va rispettato, valutato per quello che è. Quindi sono due cose che vanno insieme. ‘accettazione di sé impone anche la necessità di esternarsi, di rendersi accettati per quello che si è.
Perché hai scelto di fare il volontario al telefono amico?
Mi ha spinto la volontà di evitare a qualcun altro il disagio del’accettazione, e trasferire quel bagaglio di elaborazione culturale e pragmatica che io ho già vissuto. Soprattutto per quel che riguarda il mondo del’adolescenza, che è ancora poco compreso e poco aiutato. Inoltre questa attività di counselling così profonda, che ci mette a contatto con i sentimenti degli esseri umani, è estremamente formativa e importante per la propria crescita, per la propria rielaborazione personale.
Per informazioni:
SCOT – Servizio di Counselling Omosessuale Telefonico
Tel. 051/55.56.61 dal martedì al venerdì, dalle ore 20 alle 23.
E-mail: [email protected]
Sito: www.cassero.it/scot/
Circolo Arcigay "il Cassero"
via Don Minzoni 18 – 40121 Bologna
Tel. 051/649.44.16
Fax 051/649.50.15
E-mail: [email protected]
Sito: www.cassero.it
"Verso una scuola inclusiva"
Questo il nome del progetto europeo che vede Bologna come prima città ‘Italia coinvolta sul tema del’omosessualità a scuola
di Valeria Alpi
Regolamenti ‘istituto, programmi didattici, episodi di bullismo… La scuola è preparata ad affrontare la questione degli adolescenti omosessuali? No, e per questo è stato attivato un progetto europeo con ‘obiettivo di fare della scuola un ambiente di prevenzione del disagio degli studenti gay e lesbiche. Abbiamo intervistato Sergio Lo Giudice, presidente del’Arcigay nazionale, insegnante al Liceo Copernico di Bologna e soprattutto forte promotore del progetto nella sua scuola, la prima in Italia che attuerà prassi antidiscriminatorie.
Introduciamo un p’ questo progetto.
Ques’anno partirà, per la prima volta, un progetto europeo che mette insieme una rete internazionale di scuole impegnate insieme sul tema della lotta al disagio degli studenti gay e lesbiche nelle scuole. ‘ la prima volta che nasce in Europa un progetto del genere. Ovviamente ‘erano stati in passato e ci sono ancora adesso progetti di vario tipo, per lo più nei paesi del Nord Europa, ma è la prima volta che si struttura un progetto al’interno del’Unione europea. Protagoniste sono due scuole italiane, il Liceo Copernico di Bologna e ‘Istituto Bodoni di Torino, poi una scuola di Graz in Austria, una di Rennes in Francia e una di Berlino. Il progetto durerà tre anni e, per quanto riguarda Bologna, i partner sono la Cgil Scuola, il circolo Arcigay "il Cassero" e ‘Università di Bologna.
Quali sono i vostri obiettivi?
‘ un progetto che ha diversi obiettivi. Il principale è dato dal titolo, cioè "Tis-Towards an inclusive school", verso una scuola inclusiva: vogliamo quindi costruire le condizioni per una scuola più inclusiva e più accogliente per gli studenti gay e per le studentesse lesbiche. Costruire un ambiente più sereno attraverso la formazione degli insegnanti, e poi attraverso anche ‘adozione di misure di intervento nella struttura della scuola e nel’attività didattica. Nella struttura della scuola in questo senso: esiste una discriminazione indiretta rispetto al’esistenza di studenti omosessuali nella scuola, che passa spesso da inconsapevoli misure dettate dalla scuola stessa. Per esempio nel regolamento di disciplina si dice che i ragazzi sono tenuti a non avere atteggiamenti discriminatori rispetto a certe condizioni, però non si cita ‘orientamento sessuale, e ciò può essere letto come un invito implicito ad indirizzare verso gli omosessuali degli istinti bullistici. Oppure spesso nella biblioteca della scuola non compaiono libri a tematica omosessuale, e questo fatto per il ragazzino omosessuale può essere un implicito segno di disvalore della sua condizione. Quindi il progetto intende intervenire sui documenti scritti della scuola, come gli statuti e i regolamenti, e poi sulla biblioteca e in generale sulla scuola come struttura, come istituzione. Poi ‘è la parte invece più didattica che passerà attraverso la formazione degli insegnanti.
Prima del’approvazione del progetto europeo, ci sono mai state lezioni in classe sui temi del’omosessualità, ad esempio nella tua scuola?
Al di là del progetto europeo, nella mia scuola ‘anno scorso, nella mia classe, abbiamo fatto un intervento in tre tappe, insieme ad altri insegnanti della stessa classe: la prima tappa è stata un intervento frontale in aula, in cui si è partiti da una sorta di brainstorming, cioè da una collezione di quello che ognuno pensava in generale della questione omosessuale; dopodiché si è scesi un p’ nel merito precisando alcuni concetti e ragionando insieme sui motivi e sugli stereotipi che stanno dietro la valutazione e la comprensione di questa questione e sulle motivazioni di questi stereotipi. In un secondo momento ‘è stata la proiezione e la discussione di uno strumento didattico prodotto dal’AGEDO (Associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali) con il contributo della provincia di Milano, che mostra u’esperienza di confronto tra un gruppo di studenti gay e lesbiche e un gruppo di studenti eterosessuali al’interno di un workshop di due giorni coordinato da uno psicologo. Un terzo momento è stato quello di peer education, di educazione tra pari, in cui si è creato un momento di confronto tra gli studenti della classe e un gruppo di studenti gay e lesbiche del Cassero, scambiandosi esperienze, impressioni, pareri sul tema del’omosessualità.
Invece col progetto europeo ‘intervento sarà maggiore…
Un intervento più articolato sulla classe prevede naturalmente un coinvolgimento di più insegnanti da più punti di vista. Per esempio una delle finalità del progetto europeo è quella di ragionare su come i programmi didattici di ogni materia affrontino e si relazionino col tema del’omosessualità. Nel senso che ci sono in particolare alcune materie che si suppone si debbano in qualche modo relazionare col tema del’omosessualità ma che spesso non lo fanno o lo fanno in maniera sbagliata. Per esempio una materia come storia spesso ignora totalmente la vicenda degli omosessuali nei campi di concentramento nazisti. O pensiamo anche a letteratura italiana, o straniera, dove spesso autori omosessuali vengono ignorati in quanto omosessuali, cioè non viene espressa ‘informazione sulla loro omosessualità. Poi in generale, al di là della materia insegnata, un insegnante si trova di fronte delle situazioni problematiche da gestire, ad esempio fenomeni di bullismo che spesso riguardano o ragazzi gay o ragazzi presunti gay, cioè un p’ effeminati o comunque non aderenti a un ruolo stereotipato di genere. Così come a volte capita che gli studenti gay o lesbiche abbiano uno scarso rendimento a scuola, perché vivono in un ambiente che considerano poco accogliente e poco positivo, quindi il disagio che loro provano rispetto al proprio orientamento sessuale si traduce in problema di modalità di apprendimento con gli insegnanti. Insomma la scuola non può non farsi carico di queste situazioni. ‘altra parte va detto che oramai da cinque anni lo stesso Ministero del’Istruzione autorizza ‘Arcigay a tenere corsi di formazione nelle scuole, segno che il valore e la necessità di questo intervento è riconosciuto ormai anche in Italia a livello istituzionale. Però va anche detto che in Italia, rispetto ad altri paesi del Nord Europa, le istituzioni non hanno mai investito in termini economici su progetti di questo tipo. Quindi noi riusciamo a partire oggi con questo progetto solo perché abbiamo avuto la dimensione europea che ci ha supportato.
Avevi accennato a fenomeni di bullismo. Puoi spiegare meglio la situazione di un adolescente che già vive u’età difficile, e si trova a confrontarsi con il proprio orientamento sessuale e con la scuola?
Il bullismo, cioè un atteggiamento di prevaricazione dei più forti, singoli o gruppetti, sui più deboli è un dato che esiste nelle scuole italiane. Non si tratta ovviamente solo di bullismo contro gli studenti omosessuali, ma la questione del bullismo contro gli studenti gay è un elemento fondamentale, perché se ‘è una persona verso cui il gruppetto di ragazzini si accanisce è quella che non risponde bene alle logiche del gruppo. ‘ un fenomeno che esiste anche a Bologna, forse in maniera meno tragica, almeno nella cronaca, ma i dati di una ricerca compiuta di recente dal’Università di Bologna hanno evidenziato che il tasso di suicidi tra gli adolescenti omosessuali è doppio rispetto a quello degli adolescenti eterosessuali, e anche a Bologna negli anni passati abbiamo avuto episodi di suicidio di adolescenti omosessuali. Evidentemente non si sentivano accolti né dalla famiglia, né dalla scuola, né dal gruppo dei pari. Ritengo che il problema grosso dei ragazzini omosessuali, rispetto a qualunque altro gruppo discriminato, sia la solitudine. In linea di massima, infatti, chi è sottoposto ad altri motivi di discriminazione spesso si trova di fronte una società, delle regole, delle strutture ostili ma può in qualche modo riferirsi alla propria comunità di origine. Per esempio il ragazzino ebreo può essere insultato dai compagni in quanto ebreo, succede ancora oggi ed è successo anche nella mia scuola negli ultimi tempi, ma ha a casa una famiglia ebrea che lo sostiene, che lo supporta e che lo considera parte del gruppo. Il ragazzino omosessuale, invece, nel momento in cui scopre la propria omosessualità, a chi lo dice? Un adolescente che ha un problema, di solito, o ne parla con i famigliari, o ne parla con gli amici, o eventualmente ne parla con gli insegnanti. Il ragazzino omosessuale spesso non ne parla coi famigliari, perché ha paura e vergogna; non ne parla col gruppo dei pari perché teme – e spesso sa – che rischia di essere estromesso dal gruppo; non ne parla con la scuola perché la scuola non è in alcun modo attrezzata a risolvere questo "buco", questa carenza, questo deficit di sostegno e supporto che invece sarebbe necessario. Per questo vogliamo che la scuola sia un ambiente accogliente, perché laddove il ragazzino non abbia la possibilità di esprimersi in famiglia, lo possa fare a scuola o col gruppo dei compagni di scuola, altrimenti andrà ad ingrossare le schiere dei ragazzi che pensano di essere sbagliati.
La comunità GLBT bolognese
Una piccola guida ai gruppi, alle associazioni culturali e ai sindacati che si occupano di omosessualità e di identità di genere
a cura di Valeria Alpi
Circolo Arcigay "il Cassero"
Via Don Minzoni 18 – 40121 Bologna
Tel: 051/649.44.16 – Fax: 051/649.50.15
E-mail: [email protected]
Sito: www.cassero.it
Uno dei più antichi e il più grande gay&lesbian center ‘Italia. Aperto 365 giorni ‘anno. Fra le sue attività: counselling, informazione, produzione culturale e teatrale, centro di documentazione. La sera bar, disco, spettacoli, incontri, dibattiti.
Arcigay – Direzione Nazionale
Via Don Minzoni 18 – 40121 Bologna
Tel: 051/649.30.55 – Fax: 051/52.82.26
E-mail: [email protected]
Sito: www.arcigay.it
Arcigay è la principale organizzazione nazionale per la difesa dei diritti delle persone omosessuali operante in Italia. Si articola in 90 realtà territoriali, 33 circoli politico-culturali e 57 circoli ricreativi affiliati, distribuiti in 41 province italiane da Bolzano a Siracusa.
Arcilesbica – Direzione Nazionale
Via Don Minzoni 18 – 40121 Bologna
Tel./Fax: 051/649.26.84
E-mail: [email protected]
Sito: www.arcilesbica.it/
Sezione di Bologna:
E-mail: [email protected]
Sito: www.women.it/arcilesbicabologna
Arcilesbica è nata nel 1996 dalla evoluzione di Arcigay-Arcilesbica in due distinti soggetti, autonomi ma federati, ed è costituita e composta esclusivamente da donne, con ‘obiettivo di combattere le discriminazioni e aumentare la visibilità delle lesbiche nella società.
MIT – Movimento Identità Transessuale
Via Polese 15 – 40122 Bologna
Tel./Fax: 051/27.16.66
E-mail: [email protected]
Sito: www.mit-italia.it
Associazione di volontariato che difende e tutela i diritti, la salute e la dignità delle persone transessuali, travestiti e transgender.
CGIL – Ufficio Nuovi Diritti Sede di Bologna
C/o CGIL – Camera del Lavoro
Via Marconi 67/2 – Bologna
Si tratta di un ufficio sindacale a tutela di gay, lesbiche e transessuali contro mobbing e discriminazioni sul posto di lavoro. ‘ stato varato il 30 ottobre 2003 a Bologna da CGIL Emilia-Romagna, Arcigay, Arcilesbica e MIT. La neo struttura ha già un primo atto concreto: un glossario delle "parole corrette" relative al’orientamento sessuale, che verrà diffuso nei luoghi di lavoro.
Per ora funziona solo per appuntamento telefonando allo 051/698.71.77 il martedì dalle ore 15 alle 18 (negli altri giorni è attiva una segreteria telefonica).
Settore Nuovi Diritti CGIL Nazionale – Omofobie: www.cgil.it/org.diritti/homepage2003/omofobie.htm
Antagonismo Gay
c/o Atlantide, Cassero di Porta S. Stefano
Tel: 347/193.63.50 – Fax: 178.224.0612
E-mail: [email protected]
Sito: www.ecn.org/agaybologna/
Collettivo che vuole unire la specificità gay (ed elaborazioni femministe, sempre comunque legate al genere) ad una politica anticapitalista. ‘attività fondamentale è ‘organizzazione di eventi.
Visibilia
Via Calori 13 – 40122 Bologna
Tel: 051/649.42.76
E-mail: [email protected]
Sito: www.visibilia.org
Associazione culturale lesbica separatista.
Fuoricampo Lesbian Group
E-mail: [email protected]
Sito: www.fuoricampo.net/
Gruppo lesbico separatista.
Gaya Mater Studiorum
Via Belle Arti 19/a – 40100 Bologna
E-mail: [email protected]
Sito: www.gayamater.cjb.net/
Associazione di studenti gay e lesbiche del’Università di Bologna.
In cammino
CP 3030 – Via Saffi – 40100 Bologna
E-mail: [email protected]
Sito: www.incamminobo.too.it/
Gruppo gay cattolico.
Gruppo Pesce – Bologna
Tel: 338/596.56.83 (Michele)
E-mail: [email protected]
Sito: http://utenti.tripod.it/GruppoPesceBO/
Gruppo sportivo gay e lesbico.