Vorremmo una Chiesa con cui dialogare…

  

Abbiamo letto con grand’attenzione l’editoriale pubblicato da il Risveglio popolare di monsignor Arrigo Miglio, vescovo d’Ivrea. La sua parola è entrata in noi ponendoci domande e sollecitazioni che ci aprono il cuore, non perché vi siano “concessioni”, ma perché parte da un punto di vista e utilizza uno stile, che ci sono consoni: interrogarsi sulle fragilità umane, individuare percorsi di dialogo, prestare attenzione più alle sofferenze che ai divieti.

Essere passati, in poche decine d’anni, dal buco nero della storia, alla ribalta della cronaca e dei riflettori potrebbe essere di per se appagante. Potremmo anche non occuparci di chi ci reputa peccatori tout court, e per i tanti, che sono gay credenti, soffocare le voci della nostra anima e, andare dritti per la nostra strada, consapevoli che di croci la storia ce ne ha già messe molte sulle nostre deboli spalle. Ma il silenzio assordante che avvertiamo nella nostra Chiesa, ci fa soffrire perché non troviamo un equilibrio tra l’attenzione e il rispetto verso tanti ultimi e l’incomunicabilità che c’è riservata.

E’ vero che le organizzazioni gay si sanno difendere da sole, ma quelle serie, non possono far finta di non vedere che i fratelli e sorelle di cui cercano di difendere la dignità, si sentono in molti casi soli, in balia di discriminazioni eclatanti o sottili, che minano la possibilità di condurre una vita serena. Dentro la comunità, molti di noi hanno trovato spazi, gruppi, sacerdoti, con cui è possibile dare un senso al proprio percorso di fede; ma quanto pesano le dure prese di posizioni da parte di vescovi e cardinali, che con la parola non sanno, forse, di provocare allontanamento, occultamento, disperazione. Certo, il movimento gay risponde colpo su colpo, che, di fatto, da vita ad un’escalation che amplifica l’incomprensione, passa anche sopra la vita di tanti, alimenta un clima di fronti contrapposti, cui molti di noi non vorrebbero partecipare, ma che sono costretti a subire. Questa violenza, ci umilia ancor di più perché non comprendiamo le ragioni di fondo per cui, illustri rappresentanti della Chiesa siano così attenti verso la nostra supposta immoralità e rendano invisibili le tante immoralità di cui siamo tutti intrisi.

E quando c’interroghiamo sul come ricostruire una sessualità che risponda al progetto di Dio ci poniamo una domanda di fondo: se il sorriso di Dio non si può posare sul nostro amore, chi siamo noi? La scienza ha da tempo definito l’omosessualità essere una delle tendenze sessuali, cancellando secoli di “perversioni o malattie”, come può invece rispondere la Chiesa? Sappiamo che la ricerca teologica non avvalora in modo automatico le determinazioni scientifiche, ma ne può essere completamente avulsa? Questi e altri temi, c’impongono come fratelli appartenenti ad unica comunione di fede, di esplorare percorsi inediti, che annuncino possibilità di dialogo e con altrettanta chiarezza indichino le questioni su cui persistono dubbi o posizioni inconciliabili. Per esempio sul tema, oggi di grand’attualità, della vocazione di veder riconosciute dallo Stato le nostre convivenze, l’unica risposta da parte della cattolicità può essere così profondamente negativa, evocando il pericolo della distruzione della famiglia e del matrimonio?

Può ciò che già esiste, essere elemento destabilizzante di un’istituzione millenaria, di cui le ragioni di crisi sono profonde e attengono proprio dall’affermarsi di modelli che spingono all’individualismo, all’assoluta incapacità di assumersi responsabilità verso altri e verso se stessi? Una formazione sociale, che cerca un riconoscimento di diritti e doveri, e che fonda la propria costituzione proprio su principi di solidarietà e sussidiarietà, aiuta la società a salvaguardare i valori propri contenuti nel cristianesimo e previene emarginazioni.

Ci siamo forse spinti troppo oltre, aggiungendo temi che dovrebbero essere trattati in profondità, ma ci ha travolto l’esigenza di porre molte domande.

Ringraziamo per lo spazio concesso, nella consapevolezza che le parole possono far germogliare atti solo se si coltivano sempre il rispetto e l’ascolto.

Ivrea, 21 novembre 2004

Aurelio Mancuso
Segretario nazionale Arcigay

Andrea Benedino
Consigliere nazionale Arcigay
Assessore ai sistemi educativi Ivrea


Da "Il Risveglio Popolare" del 19.11.04
‘INTERVENTO DEL VESCOVO DI IVREA ARRIGO MIGLIO

"Strumentalizzato chi vive la tendenza omosessuale"

Placatesi in parte le polemiche che hanno accompagnato il "caso" Buttiglione alla Commissione Europea, vorrei richiamare per un momento ‘attenzione su coloro che in qualche modo sono stati strumentalizzati e penalizzati, anche se indirettamente, cioè le persone che vivono la tendenza omosessuale. La vicenda della Commissione Ue è molto più complessa, come si è potuto constatare, con risvolti di politica europea e italiana, e anche interni al mondo cattolico, ancora una volta interpellato sul senso della laicità, sulla sua estensione, sul modo di essere in politica da cristiani, sui pregiudizi anticattolici e antifamiglia (che ci sono), senza trascurare le reazioni e i pareri sui problemi etici evocati, per i quali un inaccettabile relativismo etico è emerso chiaramente anche in certe voci cattoliche, ai vari livelli.

Il caso però è esploso con il riferimento al’omosessualità, per poi spostare ‘attenzione sugli altri aspetti sopra citati, lasciando le persone che vivono tale condizione ancora una volta con ‘impressione di essere usate o come bandiera o come capro espiatorio. Non mi riferisco tanto ai gruppi organizzati, che sanno difendersi da soli, o piuttosto, magari senza volerlo, contribuiscono ad appesantire ‘etichettatura e la ghettizzazione. Parlo soprattutto di chi vive nella sua privacy i propri sentimenti, affetti, pulsioni, ecc. – come tutti gli altri ‘altronde -, e che per un corto circuito informativo che ha sintetizzato le dichiarazioni del’on. Buttiglione nella parola "peccato", rischia di sentirsi ancora una volta marchiato e condannato senza appello.

Va allora ricordato con forza che ‘insegnamento cristiano in materia non definisce le persone come "peccatori" in base alle loro tendenze e pulsioni, le cui origini restano discusse e spesso inspiegabili, e sono fonte di grandi sofferenze. Ciò va tenuto presente, e va pure tenuto presente che ‘insegnamento cristiano e i documenti della Chiesa non propongono due etiche diverse, una per omosessuali e una per eterosessuali. Qualche volta nelle discussioni si ha davvero ‘impressione che qualcuno pensi questo, mentre il discorso è un altro: la via della castità matrimoniale per chi è nel matrimonio, e la via della castità celibataria per chi non si sposa, vuoi per scelta vuoi per altre cause. Per tutti e due gli stati di vita la strada insegnata è quella di sempre, senza ammiccamenti nè prematrimoniali nè extramatrimoniali, pur con tutta la misericordia per la debolezza delle persone, e senza dimenticare gli altri comandamenti, come invece un recente passato faceva.

Dunque tendenza omosessuale non è uguale a peccato. ‘impegno allora è quello di ricostruire una cultura della sessualità che risponda al progetto di Dio: cultura, oggi, diametralmente opposta a quella conclamata da quasi tutti e praticata da molti. Ci stimola a lavorare in questa direzione soprattutto il deserto affettivo in cui vengono a trovarsi molti che credevano di aver intrapreso la strada della vera libertà. Per questa ricostruzione siamo chiamati in causa tutti, sposati e celibi, consacrati e non: riproporre una cultura che sia di rispetto per il corpo ed il cuore, di umiltà di fronte al progetto del Creatore, di realismo di fronte alla fragilità umana, di speranza e di gioia di fronte agli esempi di donne e di uomini che hanno conosciuto e testimoniato profondamente ‘Amore in un modo che non è neppure paragonabile ad un uso della parola amore che troppo spesso contrabbanda delusione, solitudine e violenza.

Dalla Rivelazione Biblica cristiana non ci viene indicata ‘etica dei divieti, ma una proposta di vita piena, che passa anche attraverso la croce, e che se richiede delle rinunce lo fa alla luce della parabola, piccola ma preziosa, del’uomo che vende tutti i suoi averi perchè ha scoperto un tesoro nel campo.

Arrigo Miglio
vescovo di Ivrea


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