Famiglie
Un’immagine tratta dal sito un’associazione americana di padri gay
La famiglia non è una, sono tante. Dietro il sipario dei ruoli ci sono le storie di ciascuno. Ci sono identità che non si possono cancellare, al massimo «nascondere», ma con dolore. La famiglia di cui parliamo ha affrontato l’omosessualità vedendo coinvolte tre generazioni. Un figlio si è detto gay, il padre si è detto gay, il nonno sa tutto e non approva. La madre del ragazzo e moglie del marito gay si trova dinanzi a rivelazioni di forte impatto e dice di aver sofferto soprattutto per il figlio. Marito e moglie hanno 4 figli. Hanno scelto la via della sincerità perché la considerano costruttiva. I ragazzi hanno capito e ringraziano il padre per la chiarezza. A Natale passeranno le feste tutti insieme, ognuno sapendo dell’altro. Non ci sono eroi in questa storia, ma solo nodi che vengono affrontati. Non ci sono verità precostituite sbandierate come uniche ammissibili, fomentando ostilità. C’è la capacità di vedere la vita e l’amore dove si trovano e, cioé, come succede non di rado, nei posti difficili.
IL MARITO – Dopo quattro bambini mi sono scoperto gay
Ho già passato i 50 anni ma mi sento molto più giovane dentro e anche fuori. Ho lungamente esercitato il corpo in palestra. Sono spesso abbronzato, mi sono depilato, mi sono fatto operare con il laser per correggere la miopia e non portare gli occhiali. Perché? Per essere più bello, per piacermi di più. Un po’ strano per un professionista padre di famiglia rispettabile. Famiglia perfetta, moglie e figli belli, sani, intelligenti. Tutti ci vogliamo bene. Ma da tempo dentro di me ‘era u’inquietudine, qualcosa che tenevo segreto.
Pensavo che mi avrebbe accompagnato fino alla tomba. Da tempo, forse da sempre, sono attratto dagli altri maschi. Sono andato spesso al mare in spiaggia naturista, e in palestra, per farmi guardare e per guardare a mia volta. Per essere visto – io uomo – da un altro uomo. La vita è andata avanti così fino a quando ho avuto il coraggio delle prime esperienze. È cambiata del tutto quando ho incontrato ‘amore. Durante i primi flirt ho scritto tantissimo, volevo ricordare ogni cosa. Si dimentica tutto così in fretta. Shopping, cene, gite…, volevo condividere ogni esperienza con la persona alla quale mi sentivo legato.
Quando feci il militare, dopo essermi laureato in medicina, ero preso dal mio compagno di brandina. ‘era anche un infermiere gay. Mi chiesi se lo fossi anche io. In quegli anni ho conosciuto mia moglie, Ada. Una volta lei ebbe il dubbio di essere rimasta incinta. Mi disse: «Voglio assolutamente avere questo figlio, anche se dovessimo lasciarci». Ero preoccupato, non avevamo casa, né lavoro, né soldi. Ma in una lettera, le scrissi: «Lo accetto». Le vennero le mestruazioni e diventò tristissima. Non desistette. Dopo quattro mesi avvenne il primo concepimento. Avevo 25 anni, mi sentivo un ragazzino. Nella nostra compagnia eravamo gli unici ad avere un figlio. E’ andata avanti sempre così. Quando lei ha voluto avere gli altri figli, io ho sempre resistito: «La casa è piccola, la macchina è piccola». I periodi in cui la ricordo radiosa sono stati quelli in cui era in gravidanza oppure allattava. Quando voleva averne un altro mi cercava tantissimo. Certe volte mi sono chiesto: «Mia moglie vuole me o vuole avere figli?». Ogni volta che nasceva un bambino, comunque, eravamo tutti felici. Ogni volta a mia moglie ho dato la vita che desiderava e non credo in questo di averla delusa. Vedo i miei figli soprattutto come amici, non sento una distanza tra noi. Qualche volta li rimprovero oppure mi arrabbio. Quando erano più piccoli lei era più permissiva. Oggi, che si è ulteriormente legata a loro, è diventata più autoritaria. Nel’arco di questi anni, dai miei 25 ai 40, con mia moglie sono stato bene, da tutti i punti di vista.
E’ stato dopo la nascita del’ultimo, dieci anni fa, che ho iniziato a cambiare. Lei cresceva i bambini, frequentava le coppie con figli, i genitori dei compagni di scuola dei nostri ragazzi. Io non mi trovavo. E cercavo interessi fuori dalla famiglia: mi allenavo in palestra, il week end andavo in gita in montagna. Lei mi diceva: «Ti lascio libero, va per conto tuo, preferisco pensarti di buon umore». ‘attenzione al mio corpo è diventata una priorità. Volevo recuperare tutto il tempo che avevo perduto. Con gli altri uomini sono iniziati i primi sguardi, le prime fantasie e i sogni, sempre più incalzanti.
Finché ho avuto la prima esperienza gay, pieno di vergogna e di paura. Avevo paura soprattutto di essere scoperto, ma oggi credo che il mio terrore principale fosse di scoprirmi dinanzi a me stesso. Dopo ho avuto diversi flirt, ogni volta mi sono innamorato come un ragazzino, desiderando stare sempre insieme al mio lui, frequentando amici, andando in pizzeria, alle feste, vivendo momenti fantastici. Era come se avessi una sete mai ammessa a me stesso. E ogni volta mi sentivo vivo come non mai, affranto dalla mancanza altrui, felice di piacere, intenerito, in estasi ad ogni appuntamento. Mi sentivo dentro il mio corpo. Da un anno ho un legame profondo e stabile. Nel’amore che do mi sento molto ricambiato. Dinanzi a questa mia realtà emotiva gratificante e piena non ho potuto più tacere con i miei familiari. Così dopo che a dirsi gay è stato il mio ragazzo di diciassette anni, mi sono deciso anche io. Di colpo ho detto tutto a mia moglie. Abbiamo parlato tanto, abbiamo pianto insieme, ci siamo finalmente sentiti di nuovo vicini dopo tanti mesi di freddezza e incomunicabilità. Miracolo: non mi ha cacciato, non mi ha detto parole terribili, non mi ha guardato con odio e schifo, ma con amore e tanta tristezza. Abbiamo deciso di separarci, di dire tutto con sincerità. In questi giorni sto cercando un piccolo alloggio dove trasferirmi.
Sono legato a tutti i miei figli, conosco le loro amicizie, partecipo a volte anche alle loro feste. Sento che mi hanno capito. Per adesso guardo con particolare premura al ragazzo gay. Desidero per lui tutta la felicità, gli auguro di trovare un amore prestissimo, condivido le sue gioie. Con mio padre ho avuto un rapporto completamente diverso da quello che ho con i miei ragazzi. È un uomo imponente, ha sempre fatto il pater familias, è tutto di un pezzo. Anche se ha 80 anni ed è in pensione continua ad interessarsi alla sua professione di avvocato. Io ‘ho deluso, tante cose di me non gli sono andate bene. Ha intuito della mia omosessualità facendomi domande dirette. Con mia madre è diverso, lei nonostante tutto mi accoglie. A Natale staremo comunque tutti insieme. La vigilia di Natale con i fratelli di mia moglie a casa loro. Il 25 a casa dei miei a pranzo. Con noi ci saranno tutti i nostri ragazzi. Con noi mio padre, il grande vecchio che non mi ha mai concesso il bene di proteggerlo e aiutarlo, come se io fossi un eterno ragazzino. Solo quando sta male si fa curare e si accorge di me. Io sono il figlio medico. Intervengo quando ogni speranza può essere perduta, lì dove il corpo può tradirci al’improvviso. Lavoro in rianimazione. Soccorro le vite appese a un filo. In questo non ‘ho deluso.
LA MOGLIE – Sono madre e medico sogno un altro amore
Ho avuto fin da bambina uno spiccatissimo senso materno. Con mio marito ho sempre insistito per avere figli. Ma oggi gli sono grata dei nostri 4 ragazzi. Un anno fa mi ha detto di essere gay. Quindici giorni prima avevamo avuto la rivelazione di mio figlio. Sì, il nostro ragazzo che oggi ha 18 anni, si è aperto con i genitori e i fratelli – è, tra loro, il più estroverso – e ha parlato della sua omosessualità. Esteriormente mi sono imposta di reagire benissimo, ma per me è stato un duro colpo. Io sono un medico, la prima preoccupazione è stata per la sua salute. Certo, sono i comportamenti non protetti ad esporre al rischio di contrarre ‘Aids, ma io ho tremato lo stesso. Poi ho temuto che non fosse felice come spero lo possano essere gli altri miei figli creandosi una famiglia. Infine ho avuto paura di non riuscire a capirlo, anche se lui si apre tanto con me, avendo facilità a descrivere ‘approccio sessuale, dicendomi anche quello che a una mamma non si dice. Dopo Marco, a parlare è stato Alessio, mio marito. U’altra mazzata, ma dal punto di vista emotivo meno forte della rivelazione di mio figlio. Alessio aveva iniziato ad allontanarsi da me da diversi anni. Anche io mi ero staccata da lui. Nel momento in cui mi ha parlato ho capito che non potevo considerarmi più sposata.
Il vero impatto: ho capito che la mia vita sarebbe cambiata. Mi sono sentita staccata dal punto di vista emotivo, e da allora qualsiasi suo riferimento a me e al mio corpo lo vivo come un intrusione. Se mi dice: «Copriti che fa freddo», «Perché non fai palestra? Ti farebbe bene», provo fastidio. I ragazzi sono stati deliziosi. Prima abbiamo parlato loro della separazione e hanno accettato, pur soffrendo al’idea che i loro genitori non fossero più una coppia. Ma quando Alessio ha detto ai tre più grandi della sua omosessualità sono stati accoglienti. «Grazie, papà», gli hanno detto, «che ti sei confidato con noi, grazie della tua chiarezza». Nel corso degli ultimi anni Alessio si era molto allontanato, provocando al’inizio in me il dispiacere di essere rifiutata. Andava spesso in palestra, il week end in gita. Solo una volta gli chiesi: «Non puoi uscire con noi?», «No, mi dispiace». In me scattò un meccanismo difensivo che mi portò a vivere il resto della mia vita con ‘intensità di sempre – figli, lavoro, amicizie – senza cercarlo. Non ero però del tutto tranquilla, mi sentivo vagamente colpevole nel constatare che le cose non andavano bene. «Si sarà allontanato per colpa mia?», mi chiedevo. Quando mi ha detto di essere gay mi sono sentita liberata. No, non si è trattato affatto di una mia colpa. Anche se i suoi familiari tendono ad attribuire a me la responsabilità: «Non hai saputo tenerti stretto tuo marito». Per il resto con me sono deliziosi, vengono spesso a trovarmi. Hanno capito tutto perché gli hanno fatto tante domande su alcune amiche comuni: «Stai con Susanna?», «No». «Allora Letizia?», «No». «Francesca?» «No». «Allora sei gay», «Si». Il padre di Alessio ha ottan’anni, ma lui se ne sente 40. E sempre rimasto il grande padre. Ho intensificato i rapporti di amicizia: gli amici che avevamo come coppia sposata, i genitori dei compagni di scuola dei miei figli, i colleghi di lavoro. Ma non ho trovato un altro affetto. Diciamo che sono una fedele. Ho 50 anni e non mi sembra di essere tanto bella. Se vedo le mie colleghe in ospedale, mi accorgo che le donne separate spesso restano sole. Di uomini separati dovrebbero essercene tanti. Invece o sono felicemente sposati o, forse, sono tutti gay! Però trovare un altro amore è il mio sogno. Vorrei innamorarmi di nuovo, provare la sensazione di una fusione totale, di avere tanti progetti insieme. Con Alessio è stato così per tanto tempo.
I figli li ho voluti io. Gli dicevo: «Voglio un figlio». E lui: «Non se ne parla». Ma poi non si è mai del tutto opposto. Una volta, due, tre, quattro… Abbiamo avuto una vita sessuale soddisfacente, io mi sentivo completamente unita a lui. Solo nel’ultimo anno e mezzo tra noi non ‘è stato più nulla. Quando ci siamo conosciuti mi aveva detto che aveva provato una forte attrazione per i suoi coetanei, ma visti i nostri rapporti ho sempre pensato che si fosse trattato solo di una parentesi. Invece no. Adesso sta cercando una casa dove andare. Al’inizio abbiamo provato a continuare una vita familiare, ma poi non ho retto. Pensavo di dover andar via io, perché la casa è sua. Lui ha acconsentito a che restassi con i figli. Io preferisco che esca di casa. Ai figli sono stata io a fare da padre e da madre. Per lui sono degli amici. Sono io a dare gli orari, a dettare le regole. Siamo anche partiti insieme senza Alessio. Viviamo in una cittadina lombarda. Uno dei viaggi più belli che abbiamo fatto io e i ragazzi è stato a Venezia. Sono diventati un p’ una compensazione. Non mi abbandonerei mai a confidenze con loro, ma mi danno molto calore e compagnia. Ogni volta che me ne cresceva uno dentro e che li mettevo al mondo mi sentivo felicissima. E non mi bastava. Volevo sentire la vita dentro di me. Ancora una volta. Tante. Anche la mia professione è così. Il medico deve portare la vita. Eppure da qualche anno accompagno alla morte. Lavoro in un «Ospice» a contatto con i malati terminali colpiti da un tumore. Fornisco sostegno psicologico e lenitivo. Uno dei momenti più impegnativi è il colloquio, quando bisogna capire se il malato vuole sapere la verità. Non tutti vogliono conoscerla. Fanno domande inequivocabili. «Non avrò mica un tumore?», «Lei pensa di averlo?», «No, ho solo un sospetto». Quando sono certa che sanno di essere alla fine, fornisco le informazioni. Senza però far cadere mai la speranza sulla possibilità almeno di non provare atroci sofferenze, senza mai dire quanta vita resta da vivere, anche perché nessuno può saperlo. Devo mantenere distacco e lucidità, e infondere fiducia. Io sono ottimista per natura. Sono abituata alle situazioni forti. Anche alla mia stessa vita infondo speranza. Sono certa che cambierà in meglio.