Cercansi marinai gay e lesbiche

  

Da "La Repubblica" del 22.02.05 di ENRICO FRANCESCHINI
La svolta della Royal Navy "Cercansi marinai anche tra i gay"
E sulla rubrica di matrimoni del Times l´annuncio di un fidanzamento tra uomini – L´associazione Stonewall, che difende i loro diritti: Ora tocca ad esercito e aviazione. Per la prima volta la marina britannica lancia una campagna di reclutamento sulla stampa per omosessuali

LONDRA – «Nient´altro che rum, sodomia e frustate»: così Winston Churchill riassumeva la sua idea della Marina militare britannica.

Orgogliosa della propria reputazione in materia di eccessi alcolici e brutale disciplina, la Royal Navy ha tuttavia represso per secoli qualsiasi parvenza di omosessualità: i marinai dovevano essere uomini veri, o perlomeno dovevano sembrarlo. Con l´avvento della rivoluzione sessuale negli Anni Sessanta, nel Regno Unito scoppiarono però i primi casi di ufficiali gay, degradati e costretti a lasciare il servizio tra le proteste di "Stonewall", l´associazione per i diritti degli omosessuali. Un giorno, qualcuno di quei marinai licenziati fece causa alle forze armate davanti alla Corte internazionale dei diritti dell´uomo. Un po´ alla volta, il clima cambiò.

Cinque anni or sono, è avvenuto l´impensabile: la fine del bando all´omosessualità nell´Esercito, in Aviazione e in Marina. Ma adesso la Royal Navy compie una svolta ancora più difficile da immaginare: ha assunto l´associazione per i diritti omosessuali, "Stonewall", come consulente per migliorare «l´atmosfera nelle camerate», e ha lanciato una campagna di reclutamento su quella che in Inghilterra si chiama "pink press", la stampa gay.

Il baffuto tenente di vascello che punta l´indice verso chi lo guarda, sotto il titolo «Il tuo paese ha bisogno di te», immagine classica dei cartelloni pubblicitari di una volta, ora andrà dunque a cercare marinai (e marinaie) tra omosex e lesbiche, anziché cercare di evitarli. Una notizia da far sobbalzare gli ammiragli sulle poltrone di cuoio dei loro vecchi club. O forse no. Gli ammiragli, in effetti, sapevano benissimo cosa succedeva sulle loro navi: «Almeno il cinquanta per cento della flotta ha commesso peccati omosessuali», ammise nel 1968 sir Frank Roddan, Secondo Lord dell´Ammiragliato. La differenza è che trent´anni fa, per tacere dei tempi di Churchill, la verità faceva inorridire politici e alti ufficiali. Oggi la riconoscono tranquillamente, al punto da assoldare un´associazione omosessuale come consulente e da cercare apertamente reclute tra i gay. «Le predilezioni sessuali dei nostri marinai sono un fatto privato, che non ci riguarda», commenta il vice-ammiraglio James Burgell-Nugent, supervisore del progetto, «ma l´obiettivo di queste iniziative è assicurare che, qualunque siano tali predilezioni, i nostri marinai possano sentirsi rispettati e a proprio agio nello svolgimento del servizio».

Per Colin Richardson, presidente dell´associazione gay "Stonewall", si tratta «di un grande passo avanti, che ci auguriamo sarà seguito anche dall´Esercito e dalla Raf». E non è il solo compiuto in questi giorni dagli omosessuali in Gran Bretagna: domenica il Times di Londra ha ospitato per la prima volta, nella rubrica «Matrimoni & Fidanzamenti», l´annuncio della relazione tra «Mr. J.C. O´Connor e Mr. M.B. Jones», prima coppia gay entrata in una pagina riservata da un secolo alla buona società. Potrebbe esserci anche un passo indietro: proprio questa settimana, infatti, la chiesa anglicana rischierà la scissione dalla sua consorella americana a causa dei sacerdoti gay. Ma intanto il Guardian si permette di ricordare che la Marina abolì le punizioni corporali con la frusta nel 1949 e la razione quotidiana di rum nel 1970: delle tre caratteristiche della Royal Navy citate con disprezzo da Churchill, ironizza il giornale, «l´omosessualità è l´unica degnamente sopravvissuta».


Da "Corriere della Sera" del 22.02.05 di Alessio Altichieri
La Royal Navy arruola i gay
Inserzioni sui giornali e accordi con le associazioni omossessuali. «Il Paese ha bisogno di te». «Persone valutate per quello che valgono»

Royal Navy gay

Royal Navy gay

LONDRA – È bello vedere un’ipocrisia che cade. Ma è con sorpresa che s’è appreso che la Royal Navy, la gloriosa marina britannica, supera ogni pregiudizio e s’apre agli omosessuali. Non solo s’adegua alla legge di cinque anni fa che vieta le discriminazioni sessuali sul posto di lavoro, non solo accetta senza fiatare il recente Civil Partnership Act, che riconosce alle coppie gay il diritto a registrarsi per avere i benefici di quelle sposate. No, la Royal Navy va oltre: arruola marinai con inserzioni sui giornali gay, collabora con Stonewall, la storica associazione per i diritti degli omosessuali, e apre la strada all’esercito e all’aviazione, la Raf. «La nazione ha bisogno di te, specialmente se sei gay», titola un giornale, tentando l’ironia. Al contrario, espone ormai una realtà. Sono secoli di menzogne che così finiscono, sulle navi, ma che avevano resistito fino all’altro ieri. «Il cinquanta per cento della flotta ha peccato d’omosessualità a un certo punto della carriera navale», riconobbe con orrore l’ammiraglio Sir Frank Roddam Twiss, nel 1968. E con mesta ammissione l’ammiraglio Sir John Fitzroy Duyland Bush convenne: «Ci sono molte prove, va detto con dispiacere, di pratiche omosessuali nella flotta».

Una sventura sessuale che maschi tutti d’un pezzo, come Winston Churchill, condannavano senz’appello: la tradizione navale, disse il premier che salvò il Regno, «non è che rhum, sodomia e frusta». Sarebbe sorpreso, dopo che le fustigazioni furono abolite nel 1949 e la razione giornaliera di rhum è ormai un ricordo dal 1970, nello scoprire oggi che anche la sodomia – come la definiva – non è più un tabù di cui vergognarsi. Così la nuova politica della Royal Navy ha due aspetti, uno tecnico e l’altro di costume, entrambi sorprendenti. Dal punto di vista militare, valgono le parole dell’ammiraglio Sir James Burnell-Nugent che, come Second Sea Lord , siede allo Stato Maggiore: «Sono impegnato a garantire che la Royal Navy abbia una cultura in cui tutte le persone siano valutate per quel che valgono e quindi possano dare il cento per cento nel loro lavoro».

Fa il garantista, l’altissimo ufficiale, ma non dice tutto: la Royal Navy non solo accetta i gay, ma ne ha bisogno, quindi li corteggia. Per questo ha condotto negoziazioni con Stonewall, per questo pubblica inserzioni sui giornali gay. Spiega Ben Summerskill, che è il capo di Stonewall e che mai avrebbe pensato «di rilasciare un giorno comunicati d’appoggio alle parole di un ammiraglio», che dietro la decisione c’è un motivo ovvio: «Le forze armate sono diventate così sofisticate e i militari così addestrati da non potersi più permettere di perdere personale a causa di un pregiudizio». Perciò le coppie omosessuali, sia di gay che di lesbiche, potranno fra qualche mese chiedere d’avere i benefici delle coppie sposate, il primo dei quali è la casa negli alloggiamenti militari. Ciò che il tenente comandante Craig Jones, 36 anni, uno dei primi a dirsi gay, non ha ancora potuto avere: presto lascerà l’appartamento di Brighton che divide con il partner, lo psicologo Adam Mason, e sarà accolto in un alloggio della Royal Navy.

E Jones, che ricorda come ci sia sempre stato un clima di canzonatura per i gay in marina, ma accetta «una benevola presa in giro», è la prova del costume che cambia. Nelle forze armate britanniche s’è mormorato a lungo sulla sessualità di alcuni condottieri, da Lord Kitchener, eroe in Sudan e in Sudafrica, poi protagonista del celebre manifesto d’arruolamento della Grande Guerra, al maresciallo Montgomery, il più famoso comandante nella Seconda Guerra Mondiale, per non parlare di Lawrence d’Arabia. Ma contro questi mormorii s’è sempre opposta la barriera del perbenismo, esattamente come ieri, quando il deputato conservatore German Howarth ha condannato l’apertura della Royal Navy, perché contrasta con l’aspirazione di tanti marinai, «che si sono arruolati per voltare la schiena a certi valori della società moderna». Perché se prima c’era un tabù, oggi può farsi strada un clima più spregiudicato, anche troppo. A Howarth ha risposto Colin Richardson, un leader del movimento gay, che ha ammonito i marinai che «voltano la schiena ai tempi moderni» a non lasciar cadere il sapone per terra, nella doccia comune. Certo una battuta, ma che dice molto sui tempi che si preparano. Una volta si taceva per pudore, per vergogna. Oggi si parla per diritto e per rivendicazione. Alla coraggiosa Royal Navy il difficile compito di trovare un equilibrio.


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