La morte di Giovanni Paolo II, la fine di u’epoca
di Aurelio Mancuso, Segretario nazionale Arcigay
In queste ore il mondo guarda al Vaticano con sentimenti di cordoglio per la morte del Papa. Ci associamo al giusto rispetto davanti ad una vita che si spegne, e al generale moto di commozione che attraversa il Paese. E’ indubbiamente da apprezzare il ruolo svolto dallo scomparso pontefice a favore della pace e della risoluzione dei conflitti; la sua attenzione verso i più deboli e alle altre culture del mondo, hanno permesso alla Chiesa di rileggere la propria storia e di trovare la forza di pronunciare mea culpa molto importanti, tra cui quello sulla persecuzione verso gli ebrei.
Questo Papa non è però riuscito a cogliere alcuni grandi mutamenti epocali, e a guidare la Chiesa verso una riflessione profonda e serena sui temi della morale sessuale e dei diritti umani e civili delle persone omosessuali. Un’occasione mancata, che ha fatto soffrire milioni di gay e lesbiche credenti e, che ha fatto apparire, oltre misura, la Chiesa come un’organizzazione ostile nei confronti della giusta richiesta di riscatto di una comunità, che ha subito nel corso della storia dell’uomo, enormi discriminazioni.
Ora inizia una fase nuova. Esprimiamo la speranza, che sia possibile, com’è avvenuto in questi anni con diverse comunità dei fedeli, sacerdoti e vescovi, aprire un dialogo fecondo, che porti la Chiesa cattolica a considerare i gay e le lesbiche soggetti di diritto, considerando la loro dignità preziosa, in coerenza con i valori cristiani d’accoglienza, condivisione e amore.
Da "Il Domani di Bologna" del 3 aprile 2005 di Luca Molinari
La figura del papa negli ultimi 25 anni, parla Franco Grillini, deputato e presidente onorario dell’Arcigay
«Ha bloccato ogni possibilità di dialogo con la comunità omosessuale». «Non si è capito che la sessualità non è erotismo»
Rispetto per la sofferenza di Giovanni Paolo II, ma anche il racconto di ventisette anni difficili. «Da un lato è partito il dialogo con i quadri intermedi e la base del mondo cattolico, dall’altro il silenzio dei vertici, Pontefice compreso, che ha impedito ogni confronto». Franco Grillini, deputato Ds e presidente onorario dell’ArciGay, legge dall’ottica del movimento omosessuale il pontificato di Giovanni Paolo II. Critico con Wojtyla, Grillini garda però al futuro: «Speriamo che un ricambio possa portare a migliori rapporti».
Grillini, cos’è che vi ha più colpiti di papa Giovanni Paolo II?
«L’aspetto più controverso del papato di Giovanni Paolo II, è stato quello legato alla morale, al costume e alla società, soprattutto sul tema della sessualità. Insomma, non voglio essere irriverente, ma sincero: per la comunità gay questo papato è stato un problema».
Perché?
«Mentre in questi anni abbiamo sviluppato un buon rapporto con la base e i quadri intermedi della Chiesa, con i vertici e le gerarchie c’è stata solo incomprensione, uno scontro di cui avremmo fatto volentieri a meno. La responsabilità è stata soprattutto del modo in cui il Papa ha interpreto il rapporto con la moralità: non ha capito che quando si parla di sessualità si parla di individui e non di una pratica erotica».
Nessun dialogo, quindi…
«Assolutamente no. Basti pensare quello che avvenne a Bologna nel 1982: ad aprile il Papa era in visita in città e incontrò l’allora sindaco Renato Zangheri sotto la torre del Cassero di Porta Saragozza. Alcuni mesi dopo quella struttura divenne la prima sede di proprità pubblica in Italia attribuita in gestione alla comunità omosessuale. La Curia si oppose e tra le motivazioni che furono date contro la concessione dell’uso di quella struttura c’era che lì era passato in visita il Papa».
Perché Giovanni Paolo II è stato così restio su questi temi?
«Il fatto è che i vertici delle gerarchie sono ultraconservatori, si sono formati in anni lontani e in un altro contesto. Poi su Giovanni Paolo II pesa la sua formazione culturale e religiosa polacca che è tra le più conservatrici».
Eppure con alcune parti della Chiesa il dialogo c’è stato?
«Certo con tanti sacerdoti come don Gallo e don Ciotti e i tanti volontari che non solo hanno dialogato con noi, ma con cui abbiamo collaborato e fatto pezzi di strada insieme, i rapporti sono eccellenti. Questi anni sono stati a doppia faccia: da un lato il dialogo con base e quadri intermedi, dall’altro il silenzio del vertice riassunte nelle parole del cardinale Oddi, una persona che era simpatica, ma che diceva “ai gay le case bisogna darle, ma a uno per volta”».
Dunque, nessun segnale positivo dai vertici vaticani?
«Qualche incontro riservato c’è stato, ma non posso dire con chi, per non compromettere eventuali sviluppi futuri. Ma una cosa la svelo: tutti ci hanno detto che nulla poteva cambiare sul tema dell’omosessualità fino a quando fosse rimasto Papa Giovanni Paolo II».
Quali elementi hanno facilitato il dialogo con la base e con alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica?
«Esistono dei gruppi di cristiani omosessuali presenti in tutte le città e poi alcune scuole di pensiero cattoliche che hanno sull’omosessualità idee diverse e più aperte di questo Pontefice».
Cosa vi aspettate dal nuovo Papa?
«Speriamo che un ricambio permetta di dialogare».
Anche alla luce dei rapporti informali che avete avuto, vi siete fatti un’idea di chi potrebbe essere il più aperto su questo tema?
«Queste cose si vedono solo con i fatti: quello del Papa è un potere assoluto e come vuole agire e come lo esercita lo si vede solo al momento in cui agisce. Spesso ci sono state delle sorprese: Giovanni XXIII era presentato come un conservatore e invece è stato tra i più grandi innovatori e poi Giovanni Paolo I, anche lui presentato come un conservatore, mise in dubbio la mascolinità di Dio, dicendo che era più “madre che padre”».
I più aperti alle richieste del movimento omosessuale sono i prelati anglosassoni. Perchè?
«Perché hanno visto che nei loro paesi, dove i cittadini omosessuali hanno visto i propri diritti parificati a quelli dei cittadini eterosessuali, non sono accadute tutte quelle catastrofi temute, anzi, in queste realtà dopo la parità di diritti abbiamo visto che è aumentato il numero delle famiglie riconosciute.
Da "La Nuova Ferrara del 3 aprile 2005
La comunità gay va controcorrente
Il presidente di Arcigay Ferrara, Flavio Romani: "In queste ore siamo emozionati, ma non possiamo dimenticare"
FERRARA. I gay di Ferrara stanno fuori dal coro dei commenti univocamente positivi a 360º sul pontificato di Giovanni Paolo II. Lo fanno, spiegano, non per attitudine ad andare controcorrente, ma perchè non intendono virare sulle posizioni tenute nei confronti del Wojtyla in piena salute, a proposito della sua dottrina morale. «Ha fatto tornare indietro la Chiesa di decenni» è il giudizio.
E’ il presidente dell’Arcigay, Flavio Romani, ad uscire allo scoperto. «L’insegnamento di Giovanni Paolo II è stato un po’ schizofrenico, perchè se su temi come la fame nel mondo, lo sfruttamento dei poveri, i diritti della persona è stato l’unico a far sentire la propria voce, in certi periodi bui, e in maniera molto forte, su tutto quanto riguarda la morale sessuale, la libertà del corpo e dell’individuo le sue posizioni sono state preconciliari e, dal nostro punto di vista, francamente disastrose» è il ragionamento di Romani.
Il riferimento è naturalmente alle chiusure assolute alle coppie di fatto o alle adozioni al di fuori della famiglia tradizionale, ma c’è anche un ricordo personale che pesa: «Ero presente al gay pride del Giubileo, a Roma, una manifestazione bellissima, gioiosa. Ebbene, il Papa uscì con una dichiarazione pesantissima, disse che la città di Roma era rimasta offesa da queste esibizioni. Sono cose che restano».
Non viene accettata la valutazione condivisa in molti salotti tv, in queste ore, sul fatto che questi temi siano il fulcro della fede e quindi non “riformabili”, «la storia della Chiesa ha dimostrato che non è così, molte posizioni sono cambiate e sono stati proprio alcuni papi a farlo. Oggi sarebbe importante una presa di posizione di segno diverso». Arcigay fa anche notare che le posizioni di Wojtyla su questi temi «non sono condivise da tutta la Chiesa, anzi c’è una grossa coponente di prelati tedeschi, americani, perfino spagnoli che le contestano. I cardinali iberici, oltretutto, avevano fatto un’apertura importante sull’uso del preservativo, e sono stati costretti proprio dalla Santa Sede a tornare indietro» dice Romani.
Proprio l’uso del preservativo è un terreno minato nei rapporti con la comunità gay, anche perchè è ancora lo strumento più efficiente per limitare il contagio dell’Aids non solo in Occidente ma anche e soprattutto in Africa. Romani rende comunque onore al pontificato di Wojtyla, anche a nome della sua comunità: «Siamo tutti molto colpiti ed emozionati per queste sue ultime ore, le stiamo seguendo con partecipazione vera al di là della retorica della ostentazione del dolore. La figura di Giovanni Paolo II è stata centrale negli ultimi trent’anni, per tutto quanto ha detto e fatto».
1 aprile 2005
Le ultime ore di Giovanni Paolo II, la fine di u’epoca
Il rispetto per il lento spegnersi di una vita non ci faccia dimenticare ciò che ha rappresentato questo papa per la comunità lgbt"
Di Aurelio Mancuso
In queste ore il mondo guarda a San Pietro con grande apprensione e rispetto. Il tramonto di un indiscusso protagonista della scena mondiale degli ultimi 25 anni, pone interrogativi forti. Il giusto silenzio davanti alla sofferenza e al rapido fuggire della vita, non può cancellare che questo Papa è stato un fiero avversario di ogni qualsiasi apertura della Chiesa verso le questioni che attengono la morale sessuale, l’autonomia dei corpi, le aspirazioni sentimentali di milioni di gay e lesbiche.
Con il rigore asciutto, in sintonia con il generale cordoglio per la fine di un pontificato così storicamente importante, delle parole che vanno pronunciate con attenzione ed equilibrio, come movimento lgbt italiano non vogliamo, ne dobbiamo, rinunciare ad evidenziare che Giovanni Paolo II è stato il campione di una normalizzazione curiale che ha consumato la propria rivincita sulle pur timide aperture del Concilio Vaticano II. Il Papa polacco ha riportato indietro le lancette della storia e immerso la struttura ecclesiale in una sorta di moderno medioevo, giocato con abilità sulla scena mondiale e sui mass media, conciliando indiscutibili importanti prese di posizioni sui temi della pace e della risoluzione dei conflitti, con altrettanto fermi moniti contro le libertà individuali, e i diritti civili.
Stiamo per essere sommersi da una campagna stampa, che accrediterà esclusivamente i meriti di questo importante uomo del nostro tempo; sarà quasi impossibile ascoltare voci dissidenti, che ricordino le poche cose qui descritte (e tante altre potrebbero essere ricordate…); come dirigenti e militanti del movimento lgbt italiano, manteniamo salda la nostra testimonianza di un popolo, che non può e non deve sottacere quanto, a causa anche di questo Papa, si è protratto e accresciuto dentro la Chiesa un atteggiamento discriminatorio verso le persone omosessuali.