“La famiglia degli affetti” e l’ipocrisia vaticana

  

“Auguri don Loris”. Firmato “La famiglia degli affetti”. Qualcuno ha acquistato un’intera pagina del quotidiano la Repubblica oggi in edicola (pag. 12), per fare così gli auguri di 90 anni a don Loris Capovilla, ex segretario particolare di papa Giovanni XXIII e già arcivescovo di Chieti e Vasto. Perfino tra gli alti prelati del Vaticano, dunque, c’è chi usa il termine “famiglia” per indicare una comunità fondata sugli affetti. Guai, invece, ad usare la parola “famiglia” per le coppie gay e lesbiche.

“Ci uniamo anche noi agli auguri a monsignor Capovilla — osserva il presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudicee ci fa piacere che l’anziano prelato abbia intorno a sé una comunità di affetti che si considera, a pieno titolo, la sua famiglia. Il guaio è che quando sono le coppie omosessuali o quelle eterosessuali non sposate a rivendicare, per la propria relazione, la dignità di famiglia fondata sull’amore e la responsabilità reciproca, dai vertici della chiesa cattolica si scagliano anatemi furibondi. ‘Solo l’unione tra un uomo e una donna, finalizzata alla procreazione, può dirsi famiglia!’ pontificano papa e vescovi. E poi si scopre che anche all’interno dei palazzi vaticani c’è chi ha l’ardire di usare il termine ‘famiglia’, ad indicare un legame fondato sugli affetti."

“È noto, d’altra parte — prosegue Lo Giudice — che anche il gruppo di persone che sta vicino al pontefice durante la giornata è detto «famiglia del papa»: il clero conservatore riserva per sé e le persone più care la dignità dell’appellativo di famiglia de facto, aggredendo con livore altre comunità affettive che chiedano di essere riconosciute col termine di famiglia: un atteggiamento ipocrita che nasconde, in realtà, la volontà di disconoscere la dignità e la visibilità sociale delle persone omosessuali e delle loro relazioni affettive”.


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