Sì a tutti i diritti anche alle coppie di fatto

  

No ai matrimoni gay. Sì ai patti di solidarietà civile: due persone su tre, nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia sono favorevoli ad una norma che, prendendo ispirazione dai Pacs francesi, estenda alle coppie di fatto alcuni dei diritti attualmente riservati alle coppie sposate.

Il quadro si complica, però, fino a cambiare di segno, quando viene introdotta la questione delle coppie omosessuali. In questo caso, il numero di persone disponibili declina vistosamente, fino a dimezzarsi. Ancora minore è ‘apertura ai matrimoni gay, che tuttavia incontrano consensi significativi in alcuni settori della società: in particolare tra i giovani, le persone con un titolo di studio elevato e quelle più lontane dalla Chiesa. A rivelarlo sono i dati del sondaggio settimanale del’Osservatorio sul Nord Est, realizzato da Demos, con la direzione di Ilvo Diamanti, per il Gazzettino.

La trasmissione ereditaria dei beni, la pensione di reversibilità, la possibilità di prendere decisioni per conto della compagna o del compagno gravemente ammalati: sono solo alcuni dei diritti preclusi alle cosiddette coppie di fatto, persone che convivono stabilmente al di fuori del matrimonio. Una quota consistente di intervistati – il 67\% – si dice ‘accordo con ‘estensione di alcune prerogative del vincolo coniugale, facendo propria la soluzione già adottata in Francia nel 1999, attraverso ‘istituzione dei patti di solidarietà civile. Tale orientamento rimane, pur con diverse sfumature, maggioritario un p’ in tutti i settori della popolazione. Supera, peraltro, il 50\% anche tra i cattolici praticanti assidui (chi va a messa tutte le domeniche), nonostante la dura presa di posizione, un paio di mesi fa, del’Osservatore Romano, in esplicita polemica con la scelta del centro-sinistra (e del suo leader, Romano Prodi) di sposare la battaglia per il Pacs. Sia nella versione discussa in Italia che nel’esperienza francese, il Pacs viene concepito come "aperto" a qualsiasi tipo di coppia, sia etero che omosessuale. Anzi, in molti paesi europei le unioni civili sono nate proprio per offrire garanzie alle coppie dello stesso sesso.

Il giudizio degli intervistati, ciò nondimeno, tende a farsi più critico non appena la discussione si concentra sul nodo delle unioni gay. Il numero di favorevoli, in questo caso, si abbassa sensibilmente, scendendo al 35%, e ‘atteggiamento sondato appare più esplicitamente associato ad alcune caratteristiche sociografiche del’individuo: supera il 40%, ad esempio, tra le persone con meno di 45 anni, ma si ferma al 14% tra gli ultra-sessantacinquenni; sfiora il 50% tra chi ha u’istruzione elevata, mentre rimane al 17% tra chi è in possesso della sola licenza elementare. Particolarmente forte, poi, è ‘effetto della pratica religiosa – con il valore che si impenna al 56% tra i non praticanti -, così come della posizione politica, con gli elettori del centro-sinistra (48%) ad esprimere un grado di apertura doppio rispetto a quelli del centro-destra (23%).

U’altra questione indagata dalla rilevazione riguarda, infine, il matrimonio omosessuale. Si tratta di una ipotesi che vede il gruppo dei favorevoli assottigliarsi ulteriormente: è poco meno del 30% dei cittadini nordestini – per la precisione, il 29% – ad approvare la "soluzione spagnola". Una percentuale, quella rilevata nelle regioni del Nord Est, perfettamente allineata al dato nazionale, secondo i risultati di un sondaggio condotto a settembre da Demos ed Eurisko. Numeri che sottolineano come, in Italia, appaia ancora tortuosa la strada imboccata da altri paesi europei, come Belgio, Olanda e Spagna (dove ‘istituzione del matrimonio gay, fortemente voluta dal premier socialista Zapatero, è stata approvata dal parlamento lo scorso giugno). I settori della popolazione in cui si registra il maggior grado di apertura tendono a riproporre i caratteri già evidenziati dalle posizioni sui Pacs. Le punte massime si osservano, infatti, tra i giovani sotto i tren’anni (45%), tra le persone in possesso del diploma di scuola superiore (37%), tra gli elettori del’Unione (38%) e, in modo specifico, tra i non praticanti (51%).


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