Hanno almeno un figlio, oltre i 40 anni, il 20,5% delle lesbiche e il 17,7% dei gay italiani. Lo rivela la più vasta indagine scientifica mai condotta sulla popolazione omo-bisessuale del paese. Sotto esame la salute e la vita di relazione di un campione statistico di 10mila persone.
Il 16 dicembre i risultati presentati in un congresso a Firenze.
Paternità
Papà gay, mamma lesbica. In Italia il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche, con più di 40 anni, hanno almeno un figlio. La quota scende ma rimane significativa se si considerano tutte le fasce d’età. Sono genitori un gay o una lesbica ogni venti. Per la precisione il 5% dei primi (il 4,7% è padre biologico) e il 4,9% delle seconde (il 4,5% biologica). A rivelarlo è Modi-di, la più estesa indagine statistica mai condotta in Italia sulla popolazione omosessuale e bisessuale e la prima ad aver riguardato anche l’universo femminile, condotta da Arcigay con il sostegno dell’Istituto Superiore di Sanità. I risultati della ricerca, che ha coinvolto negli ultimi mesi circa 10mila persone, saranno presentati in un convegno a Firenze, venerdì 16 dicembre, ore 9, Palazzo dei Congressi, piazza Adua 1.
“L’alto numero di genitori omosessuali è il fatto che colpisce di più, anche se conferma dati analoghi registrati in altri paesi — commenta Sergio Lo Giudice, presidente nazionale di Arcigay – Questi numeri rimandano alla realtà di almeno centomila bambini o ragazzi italiani con un genitore gay o lesbica. L’abolizione del pregiudizio sociale verso di loro e i loro genitori è un obiettivo primario per la società intera”.
E’ un ritratto a chiaroscuro quello sulla condizione dei gay e delle lesbiche in Italia che emerge dalle prime analisi della ricerca, condotte su un campione scremato di 6774 soggetti (4690 maschi, 2084 femmine), che si autodefiniscono gay o lesbiche, o che hanno avuto rapporti sessuali recenti con persone del proprio sesso. Se per quanto riguarda aspetti più intimi, come la genitorialità, la realtà sembra più evoluta del previsto, altri aspetti della sfera pubblica, quali la libertà di non nascondersi, registrano un ritardo della situazione sociale.
Coming out: solo il 16,5% lo fa
Solo il 16,5% dei maschi e il 15% delle femmine del campione esaminato sono infatti pienamente “visibili”, cioè non nascondono il proprio orientamento sessuale in alcun ambito sociale: con gli amici, in famiglia, con i propri colleghi di lavoro o studio. E quasi un uomo su 10 (9,7%) e il 4,1% delle donne, invece, non ne ha mai parlato con nessuno.
Il grosso delle persone omosessuali, infatti, vive una situazione intermedia, evitando che alcune delle persone abitualmente frequentate venga a conoscenza della loro omosessualità. L’ambito in cui risulta più facile fare “coming out”, non fare cioè segreto della propria omosessualità, è quello degli amici, che ne sono tutti o quasi a conoscenza nel 48,9% dei casi. Ma è significativo che metà dei gay e delle lesbiche nascondano la propria sessualità anche ad alcuni di loro. Ancora più difficile appare la situazione in famiglia, dove solo il 38,6% degli intervistati ha parlato della propria omosessualità a tutti o quasi i familiari più stretti, mentre il 34% non ne ha mai parlato ad alcuno. L’ambiente più refrattario al “coming out” è infine il luogo di lavoro, dove solo una minoranza del 24,1% degli intervistati non nasconde la propria omosessualità, contro il 37,3% che non ne ha mai fatto parola. In tutti e tre gli ambiti sociali, e sia per i gay che per le lesbiche, appare inoltre più facile non nascondersi al Nord e al Centro Italia, piuttosto che al Sud.
“In generale nella nostra società l’orientamento sessuale, avere una relazione fissa, essere sposati, frequentare un partner, sono aspetti pubblici dell’identità e della sessualità di ciascuno, condivisi con le persone più vicine — osserva Raffaele Lelleri, sociologo e direttore dell’indagine – Il fatto che l’84% dei gay e delle lesbiche eviti di parlarne in certi ambiti, in famiglia ad esempio, o tra gli amici o i colleghi di lavoro, indica che non percepiscono come abbastanza accogliente il clima dell’ambiente in cui vivono”.
Vita di coppia: le donne più degli uomini
Le donne tendono ad avere relazioni stabili più frequentemente degli uomini. Vivono in coppia il 60,7% delle femmine (8,7% con un uomo) a fronte del 45,7% dei maschi (il 5,5% con una donna). La ricerca riguarda infatti anche la popolazione bisessuale. Tra gli uomini la condizione di coppia aumenta con l’età: in particolare supera la metà del campione oltre i 31 anni. Tra le donne raggiunge un picco tra i 26 e i 30 anni e si stabilizza con una lieve flessione negli anni successivi. Fanno eccezione le coppie che le donne formano con un uomo, che invece calano nell’età adulta e più avanzata.
Nuovi partner: i gay on-line, le lesbiche tramite amici
I principali luoghi di incontro differiscono molto tra uomini e donne. Tra i gay la parte del leone la fa internet grazie a cui ha incontrato recentemente nuovi partner il 51,6% del campione. Segue un 32% che ha fatto incontri in locali pubblici omosex, come bar, discoteche, pub, il 20,7% in saune, il 20,5% in luoghi d’incontro all’aperto (ma solo il 9,4% tra gli under 25), il 16,1% a casa d’amici, il 14,9% in spiaggia e il 7,2% in associazioni gay e lesbiche. Ribaltata la situazione per le lesbiche, che si conoscono a casa di amici (18,6%) più che tramite internet (15,5%). Un buon 17,8% lo fa in locali omosex e il 6% presso associazioni gay e lesbiche. Al Sud i maschi hanno più difficoltà ad incontrasi nei locali, che sono molto meno diffusi che nel resto del paese.
Religione: cattolici il 41%
Sono credenti il 48,2% degli intervistati, con un’evidente discrepanza tra i gay (50,5%) e le lesbiche (42,9%). Non lo sono il 35,4% dei maschi e il 41,4% delle femmine, non sa o non è interessato il 14,6% del campione con una sostanziale omogeneità tra uomini e donne. Si definiscono cattolici solo il 41% dei gay e il 39,1% delle lesbiche. Rilevante, soprattutto tra gli uomini, la quota di buddisti. La grande maggioranza dei credenti è poco o per niente praticante.
Gay, lesbica o bisex?
Tra i maschi intervistati un’ampia maggioranza si definisce “gay” (62,1%), o omosessuale (9%). Uno su quattro sceglie però tra “bisessuale” (10,6%) o “solitamente non uso definizioni” (13,6%). Il rimanente 4,7% si divide tra “altro”, “non so”, e “eterosessuale”. Le femmine non usano un termine altrettanto condiviso di “gay”. Quelle che si definiscono “lesbica” sono infatti meno della metà (40,7%). Tra le altre il 6,5% sceglie “omosessuale”, il 4,5% “gay”, ma ben il 28,2% solitamente non usa definizioni (più del doppio dei maschi), il 13,3% è bisessuale. “Altro” è indicato dal 4,2% e il restante 2,6% si divide tra “non so” e “eterosessuale”.
Caratteristiche del campione
Il campione analizzato di 6774 persone (4690 maschi, 2084 femmine) è composto in stragrande maggioranza da cittadini italiani (97,7%). Il 31,6% vive nel Nord est, il 29,2% nel Nord ovest, il 22,3% nel Centro, il 17% nel Sud e nelle Isole. La distribuzione per fasce d’età è nettamente a vantaggio dei giovani. Gli intervistati con meno di 40 anni sono infatti l’84,9% del totale. In particolare quelli con meno di 25 anni raggiungono il 32,7%, quelli tra i 26 e i 30 anni il 20,9%, tra i 31 e i 40 anni il 31,3%, tra i 41 e i 50 il 12,2%, oltre i 50 il 2,8%. La quota di questionari compilati on-line è del 78,6%, contro il 21,4% su carta. La raccolta dei dati è stata coordinata da un’equipe scientifica di sociologi, psicologi e statistici ed è stata effettuata grazie all’aiuto di decine di volontari in tutto il paese.