BRUXELLES. Da una parte c’era chi le voleva tutelare perché comunque in Italia il fenomeno è così marginale che una legge in più avrebbe accontentato quei pochi irriducibili renitenti al matrimonio senza levare nulla a nessuno. Dall’altra c’era chi invece riteneva il fenomeno in notevole crescita e pensava che il legislatore avrebbe dovuto arrendersi all’evidenza e scrivere una legge che le tutelasse.
La conclusione era però, fino a poco tempo fa, una sola: le coppie di fatto, tante o poche che siano, richiedono una legislazione che le tuteli, lo richiede il mutamento dei tempi, e lo richiede l’Europa che già da anni legifera in questa direzione e chiede ai propri Stati membri di fare altrettanto.
Fino a poco tempo fa, con i dovuti distinguo, tutti sembravano d’accordo nel ritenere che le coppie di fatto dovessero essere riconosciute e tutelate, tanto che in Parlamento giacciono 14 proposte di legge, provenienti tanto da destra che da sinistra, che, elaborate da una commissione ad hoc, sarebbero dovute confluire in un unico progetto di legge. Ma poi qualcosa s’è inceppato.
Sarà che siamo in piena campagna elettorale. Sarà che qualcuno si è accorto che il riconoscimento delle coppie di fatto implicava anche gli omosessuali, popolari e accettati solo se sono divi o stilisti, ma guardati perlopiù con sospetto se si muovono nel nostro quotidiano.
Fatto sta che i Pacs hanno innescato un’enorme polemica, e, da legge fatta per regolare i regimi fiscali e di successione di persone che dividono la vita, si sono trasformati in una discussione sui massimi sistemi, scomodando le più alte gerarchie ecclesiastiche e attirandosi minacce di scomunica che credevamo ormai archiviate da tempo.
Eppure in tutti gli altri paesi europei, meno la Grecia, i legislatori hanno già affrontato la questione delle unioni di fatto e hanno fatto leggi che le tutelano, senza rulli di tamburi né clamori di battaglia.
Nella cattolica Polonia il senato ha votato il 3 dicembre scorso una legge che riconosce anche le unioni gay. La Gran Bretagna, dove fino a pochi anni fa l’omosessualità era perseguibile penalmente, è oggi uno dei 6 paesi al mondo in cui i gay possono sposarsi. Un altro dei 6 è la Spagna, e un altro il Belgio, dove pure la tradizione cattolica è da sempre così radicata che l’aborto è diventato legale solo all’inizio degli anni ’90.
Tempi che cambiano, legislazioni che si adeguano.
A spingere inoltre in questa direzione c’è anche una serie di norme europee che, per uno dei paesi fondatori dell’Unione, come l’Italia, dovrebbero essere più che solo un invito.
Quella che mette in maggiore difficoltà l’Italia e la Grecia, che non hanno ancora una legge che riconosca le unioni di fatto, è sicuramente la Direttiva 38 del 2004 che dà ai cittadini dell’Unione e ai loro familiari il diritto di circolare liberamente nei paesi dell’Ue. Un comma della direttiva specifica infatti che per “familiare” debba intendersi anche il partner che abbia registrato la propria unione in un altro paese europeo. Prendiamo per esempio il caso di un cittadino francese unito in “pacs” con un cittadino extracomunitario in Francia: per la direttiva Ue 38/2004 i due sono “familiari” e possono circolare liberamente nel territorio dell’Unione, Per l’Italia si tratta invece di un europeo e di un extracomunitario, con tutte le conseguenze e le difficoltà che ne derivano. Non ultimo il rischio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per mancato adeguamento legislativo.
Ugualmente la Costituzione europea, approvata per via parlamentare anche dal governo italiano, specifica che nell’Unione è vietata qualsiasi forma di discriminazione (e quindi di disparità di trattamento) che sia fondata, tra l’altro, sull’orientamento sessuale.
Il Parlamento Europeo poi ha già firmato nel ’94 una risoluzione, e nel 2000 una relazione, con le quali invita gli Stati membri a riconoscere le unioni di fatto, anche quelle omosessuali, e a dare a queste persone la possibilità di adottare bambini. E inoltre la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, firmata anche dall’Italia, dice che quello di sposarsi e formare una famiglia deve essere un diritto garantito e inalienabile per tutti i cittadini.
Tra i detrattori dei Pacs c’è invece chi ne segnala l’incostituzionalità in quanto sarebbero in contrasto con l’art.29, titolo II, della Costituzione italiana che riconosce la famiglia quale “società naturale fondata sul matrimonio”. Da parte opposta si fa invece notare che il riconoscimento e la tutela legislativa delle coppie di fatto non toglierebbe nulla all’istituto del matrimonio e che comunque ci sono già dei paesi, per esempio il Sudafrica, in cui la Costituzione è stata modificata per adeguarsi ai tempi.
Nella Costituzione delle Repubblica del Sudafrica si faceva infatti specifico riferimento al matrimonio come unione di “moglie” e “marito”. Per rendere possibile anche il matrimonio di coppie dello stesso sesso è stata introdotta una modifica al testo che sostituisce le due parole con “coniugi”.
In ogni caso, anche in quei paesi in cui le convivenze vengono tutelate, restano qualcosa di diverso dal matrimonio, e così deve essere. Le statistiche confermano che in Francia dall’istituzione dei Pacs, il numero di matrimoni è aumentato rispetto ai cinque anni precedenti e diminuito quello dei divorzi. E questo perché chi sceglie di sposarsi non lo fa spinto dall’urgenza di considerazioni pratiche quali la dichiarazione dei redditi congiunta, i diritti di successione ridotti in caso di decesso del coniuge, o la possibilità di periodi di congedo da lavoro in caso di malattia del partner. Questi sono tutti diritti che in Francia hanno anche le coppie di fatto. Chi si sposa lo fa per avere un qualcosa in più, un “qualcosa” che ha più probabilità di resistere all’usura del tempo se deciso liberamente, svincolati da considerazioni di ordine pratico.
Perché in fondo poi è di questo che si tratta: considerazioni di ordine pratico, dare a chi ha diviso con un’altra persona una buona parte della vita la possibilità di ereditarne i beni dopo la morte senza vedersi anteposti parenti di terzo grado che il defunto neanche conosceva, la possibilità di assistere il proprio partner in rianimazione, di decidere in merito alla sua sepoltura, di succedergli nella locazione dell’appartamento in cui si è vissuto senza il pericolo di vedersi sfrattati…
In quasi tutta Europa sono sempre state sentenze particolari che, ripetutesi sempre più spesso, hanno spinto i governi a legiferare.
L’ultimo caso è quello dell’Austria dove la Corte Europea per i diritti umani è intervenuta sul caso di un cittadino austriaco, un omosessuale, che alla morte aveva designato quale erede il proprio partner. Il compagno però, alla morte di Karner, si vide negare ‘eredità e si appellò alla Corte che ha stabilito che, poiché il loro legame durante la vita era del tutto equiparabile a quello di una coppia sposata, anche il diritto ereditario che li riguarda doveva essere analogo a quello di due coniugi.
Il riconoscimento delle coppie di fatto e, implicitamente, delle unioni omosessuali, è un fenomeno che, senza grande clamore, si è già affermato, anche se con modalità diverse, in tutti i paesi europei meno la Grecia e l’Italia. Vediamo come:
Austria. Pur non essendo ancora legge dello Stato, il riconoscimento delle coppie omosessuali nel paese di Papa Ratzinger è solo una questione di tempo. Il 16 dicembre scorso il ministro della Giustizia austriaco, (centro destra), ha dichiarato che le coppie gay e lesbiche potranno firmare un accordo di unione alla presenza di un notaio ed avere così gli stessi diritti delle coppie eterosessuali conviventi già riconosciute in Austria.
Belgio. il matrimonio è aperto alle coppie dello stesso sesso dal 2003.Un primo passo per la regolamentazione delle unioni civili era però già stato fatto nel 1998. Da allora i conviventi (etero o omosessuali) che registrano la loro unione usufruiscono dei diritti di una coppia sposata in materia fiscale, patrimoniale ed ereditaria. La convivenza legale non consente ‘adozione congiunta e per quanto riguarda il ricongiungimento familiare non facilita ‘accesso al territorio belga né conferisce diritto alla cittadinanza belga.
Danimarca. Paese europeo pioniere dei diritti degli omosessuali, dà loro la possibilità di ufficializzare ‘unione con una cerimonia civile fin dal 1989. La convivenza registrata danese è, in tutto e per tutto, assimilabile al matrimonio, e la coppia dello stesso sesso più adottare i figli del partner, ma non altri bambini.
Finlandia. è in vigore dal marzo 2002 una legge per le unioni civili tra persone dello stesso sesso che garantisce gli stessi diritti che acquisiscono le coppie eterosessuali che contraggono matrimonio civile. Le leggi sulla paternità, ‘adozione e la possibilità di usare un nome in comune non si applica alle convivenze registrate.
Francia. E’ la patria della denominazione di “PACS”, che sta per Patto Civile di Solidarietà. Nasce nel novembre 1999 e offre ampia tutela alle convivenze, etero e omosessuali, in ambito fiscale, patrimoniale e di successione. Il Pacs, offre la possibilità dell’adozione solo alle coppie eterosessuali e i benefici del welfare e la riduzione delle tasse si acquisiscono dopo tre anni dalla stipulazione del patto.
Germania. ‘istituto giuridico della convivenza registrata è stato introdotto nel 2001 per far cessare la discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali.La convivenza registrata tedesca si distingue dal matrimonio in materia di filiazione e di adozione. Ai conviventi non è riconosciuto il diritto di adozione congiunta, ma possono adottare i figli naturali del partner.
Lussemburgo. In Lussemburgo è in vigore dal 2004 la partnership registrata. Si applica alle coppie dello stesso e di sesso diverso e garantisce diritti simili a quelli delle coppie sposate in relazione al welfare e al fisco.
Olanda. In Olanda il matrimonio è aperto alle coppie dello stesso sesso dal 2001.Per quanto riguarda le unioni civili, già dal 1 gennaio 1998 la legge permetteva alle coppie dello stesso sesso, e di sesso diverso di registrarsi in appositi registri comunali, e ottenere gli stessi diritti delle coppie sposate
Regno Unito. Il Civil Partnership Act, accorda alle coppie dello stesso sesso i medesimi diritti dei coniugi sposati. La registrazione delle coppie è incominciata nel dicembre 2005. In Inghilterra sono riconosciute anche le coabitazioni non registrate di partner di sesso diverso o dello stesso sesso, che offrono una varietà di diritti, dalle assicurazioni all’immigrazione.
Spagna. In Spagna il matrimonio è aperto alle coppie dello stesso sesso dal 2005.Alcune regioni del Paese riconoscevano già diritti alle coppie di fatto, di sesso uguale o diverso. La prima fu la Catalogna nel 1998 seguita da altre 10 regioni spagnole.
Svezia. Le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono regolarizzate in Svezia dal 1994.La legge svedese garantisce gli stessi diritti doveri e benefici del matrimonio e un accesso limitato all’adozione di bambini provenienti dal’estero. In Svezia è in discussione l’apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso.
Da "La Nazione" – "Il Resto del Carlino" – "Il Giorno" del 21.01.06