Che la Pacs sia con noi. Sarà pur vero, come ebbe a dire D’Alema, che “il programma del centrosinistra non fa perno sui Pacs”. Sarà pur vero che in democrazia si litiga a muso duro e che la soluzione al conflitto passa giocoforza per il compromesso.
E per qualche porta sbattuta in faccia, come quella dei radicali della Rosa nel pugno, critici proprio sull’equilibrismo che l’Unione ha espresso nel trattare (bypassandolo) il tema delle unioni civili. E sarà ancora vero che il paese reale — prendiamo a prestito questo terribile politichese — ha priorità che riguardano l’occupazione e la ripresa sociale ed economica.
Ma i Pacs mancati per garantire la Pax nell’Unione meritano una riflessione per il gioco di parole con cui, nel fluviale programma dell’attuale opposizione, si è detto senza dire (o dicendo fin troppo, affermerebbe qualcuno più malizioso di noi), si è promesso senza promettere e si è affermato senza sbilanciarsi troppo. Allora andiamo a spulciare il famoso programmone. Tema: “i nuovi diritti”. Sottotitolo: “unioni civili”. Pagina: 72. Svolgimento: “L’Unione proporrà il riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità delle unioni di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto, quale criterio qualificante, il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali e di solidarietà), la loro stabilità e volontarietà”.
Il tortuoso compromesso linguistico (la burocrazia, questa sconosciuta) temiamo susciterà non poche battaglie nel caso accadano i due eventi seguenti: che l’Unione vinca le elezioni di aprile; che si metta mano davvero al tema dei Patti civili di solidarietà. Otto-righe-otto delineano infatti il progetto di una legge che non c’è e non è affatto chiara. Soprattutto perché non si capisce quali saranno davvero i diritti tutelati (fatti salvi quelli dell’essere umano in quanto tale, e per questo non ci voleva il programmone). Il perfetto gioco di equilibrismi non a caso ha fatto storcere il naso ai radicali e soddisfatto la logica delle convergenze parallele: ognuno canta, a suo modo, vittoria. Quindi nessuno ha vinto. E nessuno capisce cosa ci sia da vincere.
Perché siamo così critici? Perché nell’Italietta dei programmi elettorali vorremmo poche parole ma chiare e qualche affermazione rotonda che non dia la sensazione di un equilibrio precario e funambolico. Quindi suscettibile di clamorosi ripensamenti o di vertenze interpartitiche e intrapartitiche prossime venture: già li vediamo sul ring, Francesco Rutelli contro Emma Bonino, sfidarsi a colpi bassi fra petali di margherite e rose piene di spine. E Romano Prodi a far da arbitro. In una recente intervista al settimanale Left Prodi ha precisato che “il riconoscimento giuridico dei diritti delle unioni di fatto” è impegno che sarà rispettato: “La soluzione individuata è equilibrata e rispettosa dei diritti delle persone. Non ci saranno marce indietro e neppure accelerazioni forzate, rispetteremo l’impegno nei tempi che la coalizione deciderà insieme, con grande attenzione a tutte le sensibilità presenti nel Paese”. Equilibrismi sospetti. Tempi non definiti. Quindi sospetti pure quelli.
E per parafrasare Franco Grillini (vedi alla voce www.unpacsavanti.it) dal testo partorito dall’Unione sono sparite tutte le seguenti parole: coppia, pacs, matrimonio, contratti. Nel bilancino delle parole corrette usate per non urtare i cattolici senza scontentare i gay e senza affondare l’ala sinistra una domanda alfine ci lacera: di quali diritti si starà parlando? Di quali “prerogative”? Di quali “facoltà”? La stabilità di coppia sarà sancita per legge? E come sarà certificata? Saranno davvero riconosciute le coppie gay? Nel nostro piccolo pensiamo che con tutte quelle pagine a disposizione quattro o cinque parole su cosa si andrà a tutelare si potevano pure scrivere, perché la sbobba non s’allungava di molto. A caso: forme di tutela della convivenza, diritto all’assistenza, aiuto reciproco, ricongiungimento familiare, condivisione dell’alloggio, pensione, diritti previdenziali e fiscali, possibilità di adozione, graduatorie occupazionali… Le otto righe sarebbero diventate undici. E le pagine sarebbero rimaste, per nostra gioia, sempre duecentottantuno.